Gli argomenti discussi nel corso del webinar di #ForumalCentro sulla Sanità, grazie ai contributi di Armando Dicone, Germano Baldazzi, Paolo D’Addario e Valeria Frezza, sono stati i seguenti:
Senza gli anziani non c’è futuro
Rilancio economico nell’Italia post Covid19
Terapie per i bambini con disabilità
Sussidarietà circolare
“La riforma del Titolo V della Costituzione ha introdotto il principio di sussidiarietà (art. 118) e nella pratica è stata introdotta una sussidiarietà orizzontale. Nella sussidiarietà orizzontale decide quasi tutto l’ente pubblico, poi, con gara d'appalto, affida la gestione del servizio al privato.
Quello che dovremmo invece introdurre e il sistema cosiddetto di sussidiarietà circolare. Nella sussidiarietà circolare vi è una proficua e paritetica collaborazione già nella fase progettuale fra ente pubblico, mondo dell’impresa e terzo settore, cioè la società civile, che interagiscono tra loro già nell'idea di servizio da offrire e non solo nella sua esecuzione.
Dobbiamo uscire dal dualismo pubblico privato che in questi anni ha generato lunghe
liste d’attesa e costi esorbitanti per le casse pubbliche. Nella triste vicenda delle RSA abbiamo visto come i periodici controlli delle autorità competenti e le decisioni prese solo dalle regioni si siano verificate dannose.”
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Senza gli anziani non c’è futuro
“Senza gli anziani non c’è futuro” è l’appello lanciato dalla Comunità di Sant’Egidio e sottoscritto già da numerose personalità della cultura, politici, religiosi, dirigenti e responsabili di enti internazionali.
In questi ultimi tempi la sanità è sotto pressione come mai accaduto, dal secondo dopoguerra ad oggi.
La pandemia di Coronavirus che ha costretto l’Italia e diversi Paesi del Mondo al lock-down: esso è stato un grave colpo inferto a tutta la popolazione per l’istruzione, per i rapporti umani, l’economia, il turismo, i servizi medici, le confessioni religiose, e per molto altro. Le città si sono svuotate: aperte solo farmacie, negozi di alimentari e servizi essenziali.
Le vittime in questo tempo di pandemia sono state numerosissime, quasi come quelle di una guerra e, se facessimo eccezione per le ondate di calore che, nell’estate del 2003, causarono migliaia di vittime per il caldo e l’isolamento sociale, mai prima gli anziani avevano subito una tale decimazione.
Le vittime si sono calcolate per difetto in 100mila tra gli ultrasettatenni in Europa, di cui 22mila solo in Italia.
Qualcuno ha detto che ci troviamo di fronte ad “un grave disastro umanitario”.
Si, perché le vittime sono in stragrande maggioranza anziani e malati, in particolare tra gli ultrasettantenni ricoverati nelle strutture sociosanitarie come le RSA, le Case di Riposo e le “Villette” (ricoveri impropri e talvolta non autorizzati, cresciuti come i funghi nelle grandi città, accanto alle istituzioni ufficiali).
Strutture, queste, molte delle quali nate con il precipuo scopo di “semplificare” la vita degli anziani e delle famiglie, dando un’alternativa alla vita in famiglia, ma il risultato è stato fallimentare.
È stata una tragedia.
Il contagio dell’infezione respiratoria si è diffuso senza freno in particolare nelle strutture enormi, con tanti ricoverati, ma anche quelle più piccole non sono state risparmiate dal contagio, persino quelle che hanno chiuso presto l’ingresso ai visitatori, parenti, volontari, ecc. il virus è riuscito a penetrare e a seminare dolore e morte.
Le strutture per anziani hanno fallito nella protezione dei loro ricoverati, ma già prima erano luogo di isolamento sociale. Infatti, spesso sono strutture collocate nell’estrema periferia delle città, se non direttamente fuori dal capoluogo: così si viene strappati dai propri affetti e conoscenti, dai luoghi familiari, si perdono i punti di riferimento di una vita.
In un simile quadro, chiunque sarebbe disorientato: figuriamoci un anziano che inizia ad avere i primi sintomi di confusione o un calo di memoria.
L’altra grande pecca è nella concentrazione di tanti fragili in un unico luogo: è facile tornare indietro con la memoria ad episodi della storia in cui alcuni gruppi di persone erano state rinchiuse tutte insieme in ghetti, o luoghi recintati.
Ma non divaghiamo!
Così rinchiusi, gli anziani sono stati contagiati molto più facilmente, rispetto a non se fossero rimasti in casa loro, o in altre piccole realtà.
Don Oreste Benzi, che ha fondato la Comunità Papa Giovanni XXIII per salvare le donne dal traffico di essere umani, una volta pronunciò una frase densa di significato:
“Dio ha creato la famiglia, gli uomini hanno inventato gli istituti”.
Egli si riferiva ad un modello che porta all’allontanamento dalla rete sociale, rinchiudendo chi era più debole e fragile.
Oggi, invece di sostenere economicamente strutture sociosanitarie enormi che portano ad un enorme spreco di denaro, ma con un grave dazio umano da pagare, sarebbe più efficace tornare ad un welfare di sostegno alle famiglie e all’educazione. Già, nella scuola si può confermare il valore di una vicinanza agli anziani, detentori di un patrimonio di vita che può aiutare i giovani a crescere meglio.
Il virus sta portando a compimento un’operazione di “scarto” di chi è anziano, iniziata già da molto tempo, come già ricordato e denunciato da più parti.
Ci sono valide alternative! Non tutti gli anziani che rimangono vedovi o che non hanno figli finiscono in istituto!
Il cohousing, le convivenze anziano/i – badante, le comunità alloggio, le case famiglia per gli anziani, ecc. sono valide alternative: vanno sostenute, diffuse, moltiplicate e allargate. C’è un ampio spettro di soluzioni valide ed economicamente sostenibili. Ma, anche le stesse famiglie che avrebbero desiderio di tenere con sé il proprio vecchio, spesso non hanno sufficienti possibilità o tempo, o capacità: sarebbe utile un sostegno per guidare verso una soluzione ponderata.
Le strutture sanitarie private, convenzionate sono molto costose: per lo Stato e per le famiglie degli anziani. Ci sono altre soluzioni economicamente e socialmente efficaci. Ma, anche le stesse famiglie che avessero desiderio di tenere con sé il proprio vecchio, spesso non hanno sufficienti possibilità, o tempo, o capacità per farlo senza un sostegno esterno.
Qui, dovrebbe intervenire senza spreco di tempo prezioso lo Stato, la Regione o il Comune con i propri strumenti.
Poi, certo, gli anziani sono soggetti ad episodi di ogni genere per le fragilità insite nella stagione che stanno vivendo: la situazione va ponderata e aggiornata: chi meglio potrà farlo se non chi gli è vicino da tempo e già lo cura o lo assiste in tante cose?
LE PROPOSTE
- Sostegno economico per chi continua a tenere gli anziani parenti a casa propria o dei figli/nipoti;
- Sostegno alle famiglie di o con anziani, coordinato da un’assistente sociale che verifichi l’esistenza si situazione a rischio criticità e apporti soluzioni o correttivi;
- Creazione di una rete di protezione per l’anziano che vive solo: o per la consegna della spesa, medicine, visite mediche, e compagnia, mediante anche volontari che si rendano disponibili, sul modello del Programma W gli Anziani della Comunità di Sant’Egidio;
- Favorire la creazione mediante sgravi economici o fiscali, la creazione di convivenze di anziani con badante in modo da avere una reciprocità di scambio aiuto-accoglienza;
- Creazione di case-famiglia di anziani con operatori domiciliari e volontari per chi non ha più una casa accessibile dove vivere.
Infine: per il futuro c’è un lavoro personale da fare.
Da soli non si potrà sempre vivere, una volta divenuti anziani, così se vogliamo rimanere a casa propria dovremo superare le nostre conflittualità e un carattere insopportabile verso gli altri. Dobbiamo entrare nella prospettiva di “vivere con…”, di “vivere insieme a…”
Da soli non ci si salva.
Sembra un motto, ma è la realtà con cui dobbiamo fare i conti ed adeguarci di conseguenza, perché altri non scelgano (il peggio) per noi!
Senza anziani non c'è futuro.
Appello per ri-umanizzare le nostre società.
No a una sanità selettiva
Nella pandemia del Covid-19 gli anziani sono in pericolo in molti paesi europei come altrove. Le drammatiche cifre delle morti in istituto fanno rabbrividire.
Molto ci sarà da rivedere nei sistemi della sanità pubblica e nelle buone pratiche necessarie per raggiungere e curare con efficacia tutti, per superare l’istituzionalizzazione. Siamo preoccupati dalle tristi storie delle stragi di anziani in istituto. Sta prendendo piede l’idea che sia possibile sacrificare le loro vite in favore di altre. Papa Francesco ne parla come “cultura dello scarto”: toglie agli anziani il diritto ad essere considerati persone, ma solo un numero e in certi casi nemmeno quello.
In numerosi paesi di fronte all’esigenza della cura, sta emergendo un modello pericoloso che privilegia una “sanità selettiva”, che considera residuale la vita degli anziani. La loro maggiore vulnerabilità, l’avanzare degli anni, le possibili altre patologie di cui sono portatori, giustificherebbero una forma di “scelta” in favore dei più giovani e dei più sani.
Rassegnarsi a tale esito è umanamente e giuridicamente inaccettabile. Lo è anche in una visione religiosa della vita, ma pure nella logica dei diritti dell’uomo e nella deontologia medica. Non può essere avallato alcuno “stato di necessità” che legittimi o codifichi deroghe a tali principi. La tesi che una più breve speranza di vita comporti una diminuzione “legale” del suo valore è, da un punto di vista giuridico, una barbarie. Che ciò avvenga mediante un’imposizione (dello Stato o delle autorità sanitarie) esterna alla volontà della persona, rappresenta un’ulteriore intollerabile espropriazione dei diritti dell’individuo.
L’apporto degli anziani continua ad essere oggetto di importanti riflessioni in tutte le civiltà. Ed è fondamentale nella trama sociale della solidarietà tra generazioni. Non si può lasciar morire la generazione che ha lottato contro le dittature, faticato per la ricostruzione dopo la guerra e edificato l’Europa.
Crediamo che sia necessario ribadire con forza i principi della parità di trattamento e del diritto universale alle cure, conquistati nel corso dei secoli. È ora di dedicare tutte le necessarie risorse alla salvaguardia del più gran numero di vite e umanizzare l’accesso alle cure per tutti. Il valore della vita rimanga uguale per tutti. Chi deprezza quella fragile e debole dei più anziani, si prepara a svalutarle tutte.
Con questo appello esprimiamo il dolore e la preoccupazione per le troppe morti di anziani di questi mesi e auspichiamo una rivolta morale perché si cambi direzione nella cura degli anziani, perché soprattutto i più vulnerabili non siano mai considerati un peso o, peggio, inutili.
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Rilancio economico nell’Italia post Covid19
“Nella giornata di sabato 30 maggio, un sintetico comunicato di molte delle più importanti associazioni imprenditoriali del paese, ha lanciato un grido di allarme ed una chiara esortazione al mondo politico, al Parlamento ed al Governo, riassunto nel seguente concetto: basta ipocrisia, il paese rischia l’oblio, iniziamo ad utilizzare le risorse che l’UE ci ha messo a disposizione relativamente ai costi diretti ed indiretti sostenuti per l’emergenza sanità, cogliendo le opportunità che una tale mole di denaro, adeguatamente investita, consentirebbe, in termini di recupero di PIL ed occupazione. In altre parole, utilizziamo senza timore i fondi del MES !!! Al momento, la risposta della politica, là dove segnalata, sembra alquanto evasiva e balbettante. Da cittadino, credo sia giunto il momento di rompere gli indugi, ed accettare i finanziamenti con lo strumento del MES ad un tasso irrisorio dello 0,13 % , scrollandoci di dosso, come popolo, la paura che ciò possa determinare più disgrazie che benefici. Il timore di non essere in grado di far fronte agli impegni è frutto di una cultura della paura accentuatasi nel dibattito politico nazionale, soprattutto dopo il 4 marzo 2018, quando le forze populiste e sovraniste si sono imposte, evocando spesso, infondate paure nei più disparati settori della vita pubblica. La tradizione imprenditoriale italiana, caratterizzata da inventiva, creatività, capacità organizzativa, abnegazione al lavoro, senso del dovere, competenza, è garanzia assoluta di buona riuscita. Fare impresa e competere sui mercati internazionali, nonostante un habitat nazionale non ideale, è nel DNA dei nostri artigiani, dei nostri agricoltori e dei nostri industriali. Le imprese chiedono solo di poter fare il loro mestiere, creando occupazione stabile e dignitosa, oltre che prosperità diffusa, vedendo così premiato il merito. E’ giunto il momento di puntare decisamente su questo mondo e sulla forza lavoro che lo supporta, unica via sana e seria per rimettere in piedi, con solide basi e prospettive certe, questo paese. Occorre quindi ritrovare quella dignità nazionale messa in discussione da una politica povera di idee ed ideali, ma logorroica nella produzione di vuoti slogan. Recuperare la dignità di un paese che non teme le sfide, ma anzi, che le affronta con grande senso di responsabilità, conscio delle proprie capacità. Un paese che si è sempre e mirabilmente rialzato, …nel dopoguerra, …dal terrorismo, …dalle calamità naturali, trovando nel proprio tessuto sociale ed imprenditoriale la forza per ripartire. I concetti di Patria e Sovranità presuppongono sentimenti di coraggio e lungimiranza, non possono degradarsi a sinonimo di paura e pavidità. La situazione è talmente complicata che, sempre dal mondo imprenditoriale, risuona preoccupato, l’allarme sulla possibile esplosione della disoccupazione con la perdita, nei prossimi mesi di circa un milione di posti di lavoro. Se la politica è onesta, non può far cadere nel vuoto questo appello solo per l’egoistico assunto, secondo il quale, pur di non smentire se stessa con strampalate teorie populiste e sovraniste, si renda complice, nei fatti, del naufragio del paese, esponendolo, in quel caso, SI, al pericolo della speculazione internazionale pronta ad approfittare di un paese ancor più economicamente indebolito ed intimorito. Veniamo alla proposta, …..da semplice cittadino. In primo luogo, occorre un investimento nella digitalizzazione del settore sanitario, non è possibile che venti sanità regionali parlino venti linguaggi diversi. Digitalizzazione che consenta, in primo luogo la riduzione del personale amministrativo a vantaggio di quello medico ed infermieristico, ma anche per costruire, finalmente un efficiente modello di medicina del territorio, valorizzando il ruolo dei medici di base, supportandoli con tecnologia efficiente e riducendone al contempo il peso della burocrazia. Questo aspetto porta con se la necessaria ed imprescindibile conseguenza di estendere una seria e completa digitalizzazione all’intero comparto della pubblica amministrazione, occasione più unica che rara, con il definitivo abbattimento della burocrazia. Digitalizzazione che, costituirebbe anche un validissimo strumento per combattere la diffusa evasione fiscale, che nell’incrocio costante e continuo di dati e notizie, creerebbe quella diffusa trasparenza, nemica del malaffare e dell’evasione. Sarà necessario implementare il modello sanitario futuro, con una concertazione tra regioni e stato, che tenga in debito conto la recente esperienza maturata a seguito dell’emergenza COVID-19, ma anche guardare con attenzione al livello qualitativo delle infrastrutture e dei modelli organizzativi presenti sul territorio. Penso, per esempio che, si renderà necessario un massiccio investimento in infrastrutture, soprattutto nelle aree meno prosperose e più periferiche del paese dove gli standard qualitativi dell’offerta sanitaria possono non sempre essere a livelli di eccellenza. Si rende necessario quindi una attenta analisi delle necessità dei territori, individuando le priorità in termini di realizzazione di nuove infrastrutture ospedaliere, laboratori di analisi, qualificati centri di riabilitazione e quant’altro, ma anche di rapidi ed adeguati collegamenti infrastrutturali ad esse (non solo strade, ma anche eliporti e molto altro). Investire in nuove infrastrutture per sostituire quelle esistenti ormai vetuste, strutture nuove e funzionali alle esigenze dei territori, consentirebbe di migliorare i servizi in quelle aree creando così volano di crescita che farebbe lievitare il PIL del paese. Da questo non può prescindere la collaborazione con le università italiane e gli ordini professionali per creare progetti esecutivi rapidamente attuabili che esprimano, al contempo, innovazione e funzionalità. Vista la necessità di agire in tempi rapidi ed armonici, occorre, oltre ad un forte coordinamento tra istituzioni pubbliche e private, anche uno snellimento delle procedure per la realizzazione delle opere stesse. L’argomento ormai è noto, ma la questione Codice degli appalti, nella sostanza, oltre a varie ed efficaci proposte, non ha ancora trovato un adeguato supporto nello snellimento legislativo. Occorre intervenire immediatamente per sospendere le normative italiane e dare ampio spazio a quelle europee. Altri importanti aspetti, sui quali meriterebbe intervenire, sono la formazione del personale medico e paramedico ed anche la implementazione e riorganizzazione della ricerca scientifica quale ulteriore volano di sviluppo. Formazione ed innovazione devono vedere unite istituzioni pubbliche e private. Canalizzare risorse economiche ed umane in formazione di qualità ed innovazione sarà l’unica strada per modernizzare e garantire un futuro di prosperità a questo paese. Solo allora scompariranno preoccupazioni e scetticismi riguardo la grande casa europea in perenne costruzione, dove potremo recuperare un ruolo da protagonisti, facendo così valere il ritrovato peso economico e politico del nostro paese. W l’Italia !!!”
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Terapie per i bambini con disabilità
”I centri ambulatoriali di riabilitazione delle disabilità in età evolutiva e il servizio di riabilitazione per gli adulti in convenzione con il sistema sanitario nazionale:
la presa in carico dell’utente avviene tramite invio del Dipartimento di Medicina Riabilitativa e l’équipe del Centro sviluppa un progetto riabilitativo individualizzato e finalizzato al raggiungimento di obiettivi, che consenta all’utente di poter superare o ridurre le proprie disabilità favorendo uno sviluppo psicofisico e relazionale quanto più adeguato possibile.
Al fine di garantire le presa in carico globale gli operatori del Centro instaurano e garantiscono una rete di collaborazione con i Distretti Sanitari di appartenenza e le scuole frequentate ed eventuali figure specialistiche esterne.
Le figure professionali operanti nel centro riabilitativo: personale medico (neuropsichiatra infantile e psicologi), personale di riabilitazione e assistenza sanitaria (fisioterapisti, terapisti della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva, logopedisti, infermieri professionali e pediatrici, educatori professionali, operatori socio sanitari, impiegati amministrativi e personale ausiliario.
I pochi centri a disposizione hanno liste di prenotazione molto lunghe, molti centri chiudono.
Verificare le possibilità di maggiore attenzione ed investimenti per i centri riabilitativi da parte delle regioni potrebbe essere un'eventuale soluzione”.
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