mercoledì 23 giugno 2021

Le perplessità sul ddl Zan

Di Leonardo Gaddini

La polarizzazione del dibattito sul ddl Zan sembra aver eliminato qualunque ipotesi di analisi seria e tecnica sul testo. Scomparsa, sommersa da accuse di omofobia e di razzismo da un lato, e di distruzione della famiglia dall’altro. Ci sono molte ragioni e non sono quelle della Destra più becera di Salvini e Meloni, per cui essere contrari alla legge che presenta molte perplessità sia dal punto di vista giuridico, sia dall'ideologia che lo ispira.

Il primo problema della legge è l’idea di fondo, propugnata dai suoi estensori che appartengono in larga parte a quella cultura politica per cui per risolvere un problema specifico, in questo caso le aggressioni e le discriminazioni subite dagli omosessuali, basti emanare una legge e aumentare le pene (la legge Zan prevede: fino a 4 anni di detenzione e poi eventualmente 1 anno di domiciliari, lavori socialmente utili, cospicui risarcimenti, ritiro di passaporto, patente e documenti validi per l’espatrio, divieto per 3 anni di partecipare a una campagna elettorale). Secondo questa visione della realtà bisognerebbe normare su ogni questione sociale, visione che ha determinato l’attuale caos legislativo presente nel nostro ordinamento giuridico. 

Inoltre, è altresì discutibile, da un punto di vista strettamente giuridico (e garantista), l’idea che l’inasprimento delle pene abbia un effetto deterrente nei confronti di chi commette reati. La repressione è inefficace nel dissuadere dal violare la legge. Certamente alcune leggi possono innescare cambiamenti sociali, ma da sole non bastano. Difficilmente si potrà far scomparire ogni tipo di discriminazione legata all’orientamento sessuale degli individui, introducendo un’aggravante specifica per chi aggredisce o discrimina una persona omosessuale. Oltre a ciò bisogna aggiungere che in Italia non esiste alcun vuoto normativo nel caso di aggressioni. Pertanto non serve una legge ad hoc perchè nel caso di aggressioni di stampo omofobo, i giudici hanno già tutti gli strumenti giuridici per applicare aggravanti come gli abietti e futili motivi previsti dal Codice Penale.

La legge Zan poi introduce il principio non meglio precisato di “identità di genere“. Dal punto di vista biologico, i sessi sono 2, così come i generi: uomo e donna. Secondo questa legge invece, il genere non è altro che una sorta di costruzione sociale storicamente determinata. Attraverso il concetto di identità di genere si vorrebbe scardinare questo paradigma. Non conta il sesso biologico, ma l’identità che la singola persona percepisce e poi dichiara in un documento. Tutto ciò potrebbe portare a gravi implicazioni. Uomini che accedono agli spazi (bagni pubblici, spogliatoi) riservati alle donne. Atleti trans ex uomini che gareggiano nelle stesse competizioni femminili alterandone il risultato. Oltre a questo poi in California (un Paese dove quest'idea è penetrata nell'ordinamento) accade che molti uomini, una volta arrestati, si dichiarano donne perpetrando violenze e stupri nelle carceri. Tutto ciò è stato contestato persino da Arcigay e da molte femministe perché cancella secoli di battaglie volte al riconoscimento della diversità fra i generi. Le associazioni femministe hanno poi criticato il riferimento alle donne (che sono la maggioranza della popolazione) in una legge dedicata alle minoranze.

Un altro aspetto critico della legge Zan riguarda l’obbligatorietà dei corsi nelle scuole gestiti da associazioni LGBT (a proposito della mentalità da stato etico). In un Paese in l’ora di religione è facoltativa, demandata alla libera scelta dei genitori, non è accettabile che si impongano ai giovani e alle famiglie corsi di questo tipo. Se si volesse veramente insegnare il rispetto di ogni individuo a prescindere dall’orientamento sessuale, basterebbe istituire nelle scuole l’ora di educazione civica. L'articolo 7 poi prevede il finanziamento delle associazioni LGBT con una cifra di 4 milioni di euro ogni anno che andrebbero senza alcun motivo a sussidiare associazioni private. 

Nell'articolo 4 della legge poi si legge che "sono ammesse tutte le idee ed opinioni purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Ma chi decide quando idee ed opinioni liberamente espresse possono determinare un concreto ed effettivo pericolo? La legge lascia ai magistrati eccessivi margini di discrezionalità per stabilire quali idee sono da considerarsi punibili e quali no. L’indeterminatezza del precetto penale non è mera questione accademica perchè come farà l’interprete a stabilire quando quelle parole di incitamento siano da considerare penalmente rilevanti? Il pericolo è che, allora, la vaghezza del precetto finisca con l’attribuire all’interprete il compito di stabilire, egli, quando si è dinnanzi ad un discorso di odio; cioè quando un’opinione integra un crimine.  Si tratta di panpenalismo, che altro non è, come avvertito da autorevoli giuristi, che la delega dell’etica pubblica alle aule giudiziarie.

Un'altra criticità del ddl consiste poi nel restringere la portata del reato solo a questa forma di discriminazione e non alle altre, come per esempio la religione e la razza. Nella norma poi si dice che "le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee": le condotte legittime per definizione non possono costituire reato. Sono quarant’anni che lo sostiene la dottrina in attuazione dell’articolo 21 della Costituzione, occorrerebbe piuttosto applicarlo. La proposta di legge quindi è il trionfo della stabilizzazione dell’emergenza: si legifera sulla spinta incalzante della emotività, senza davvero ragionare in termini penalistici e gius-filosofici, senza valutare concretamente l’impatto che una data norma finirà per produrre nel cuore della nostra società. In ogni caso, ammesso e non concesso che sia dirimente una legge specifica sul tema, ciò che non è accettabile è la pretesa di approvarla in fretta e furia, senza modifiche e senza prima un vero dibattito. Meglio allora nessuna legge che una legge dubbia, ideologica e dai risvolti incerti e potenzialmente dannosi.

domenica 20 giugno 2021

La delegazione delle donne e mamme insegnanti italiane "vincolate" ad una sede scolastica senza poter chiedere trasferimento e assegnazione provvisoria invitate da Papa Francesco dopo che avevano inviato un fax per denunciare la loro particolare situazione

Continua la prof.ssa Margherita Stimolo del Coordinamento nazionale docenti abilitati

Il Santo Padre ha salutato la delegazione delle donne insegnanti  italiane. Il Papa oggi ha riconosciuto, nel suo saluto, l’importante ruolo delle donne insegnanti nei confronti dei propri figli. Le docenti hanno bisogno di crescere serenamente e soprattutto di vivere accanto ai figli non rinunciando al proprio lavoro nella scuola.

Il Santo Padre ha salutato e benedetto le donne insegnanti con amore e il suo saluto è stato ascoltato da tutto il mondo.

Il governo ha mai ascoltato queste donne costrette a lavorare a centinaia di chilometri lontane dai figli e dalla famiglia? Per nulla!

Addirittura non ha permesso neanche le assegnazioni provvisorie che avrebbero cercato di coprire parte dell’ingiustizia di un vincolo che umilia queste donne-  Ora chiediamo a gran voce di permettere quest’anno le assegnazioni provvisorie non ai tempi che fanno comodo a una sorda classe politica per giustificare l’alibi balordo della continuità didattica. Noi docenti siamo per la continuità didattica ma appagante come è giusto che sia. Appagante e rispettosa del ruolo che riveste la donna, mamma, moglie, compagna, figlia lavoratrice, docente.

Tutto il resto sono solo chiacchiere politiche che non hanno a cuore la vera essenza della scuola italiana. Gli emendamenti in nostro favore o non sono stati segnalati o varranno solo per il prossimo anno e questo è gravissimo e deve essere immediatamente corretto (per l'anno scolastico 2021/22).

Firmato: una donna insegnante italiana della delegazione presente oggi a Roma.




Katia, collega insegnante vincolata 2020, ci scrive:

Gli insegnanti oggi erano all’Angelus del Papa, il quale chiede una COMUNITA’ PIU’ UMANA.

Gli insegnanti hanno anche il dovere, insito nella loro “mission”, di educare all’UMANITA’ i propri alunni.

Perché allora si nega loro l’Umanità del concedergli il DIRITTO a vivere la propria FAMIGLIA, non a distanza, ma da vicino, ogni giorno?

La distanza sa essere DISUMANA quando viene imposta all’interno del nucleo fondante di ogni COMUNITA’ ovvero la FAMIGLIA.

In quelle famiglie ci sono figli che sono alunni, studenti vittime del malessere e delle conseguenze derivanti da questa situazione di ALLONTANAMENTO IMPOSTO e causato disumanamente.

Ci sono genitori anziani, mariti, persone care dalle quali si viene allontanati senza ragione.

Allora non è difficile comprendere con un po’di empatia e di buona coscienza che NESSUNO PUO’ NEGARE O DISGREGARE RAPPORTI UMANI a suo piacimento e senza ritenersi fautore di una INGIUSTIZIA inammissibile alla quale al più presto si deve mettere rimedio.

Prima di insegnare educazione civica, ho il diritto di vedermi “civicamente” rispettato da chi mi chiede di educare le future generazioni ad agire oggi e in futuro sempre con grande SENSO CIVICO 





giovedì 17 giugno 2021

Caro parlamentare, vogliamo solo scegliere

 di Armando Dicone


Lunedì, 14 giugno, si è tenuto l'incontro con Scalfarotto (Italia Viva), Sisto (Forza Italia) e Costa (Azione) dal titolo: "Quale futuro per la democrazia rappresentativa".

 

Prima di entrare nel merito della discussione, vorrei usare il nostro blog per ringraziare Stefano Colagrossi, per l'ottima organizzazione tecnica e Giulio Colecchia per la determinazione con cui ha messo insieme organizzazioni diverse e relatori di così alto profilo, a cui va la nostra gratitudine per aver accettato l'invito. Inoltre, vorrei inviare un forte abbraccio, virtuale, a tutte e a tutti i volenterosi di Forum al Centro e degli altri gruppi che hanno aderito al documento "IDEE PER UN RILANCIO DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA E DELLA PARTECIPAZIONE POPOLARE", presentato durante l'incontro dal prof. Alessandro Morelli.

 

Come Forum al Centro, siamo impegnati da oltre due anni nell'organizzazione della "domanda" politica, cerchiamo ogni giorno, con umiltà e passione, di aggregare i tanti cittadini che non si trovano a proprio agio nei due blocchi contrapposti. Promuoviamo i valori e gli ideali del centrismo politico, dando voce ai tantissimi riformisti, popolari, liberali e moderati che sempre più avvertono l'esigenza di UNIRE le diverse realtà partitiche e associative.

Una delle prime attività del nostro Forum, ha riguardato la riforma della politica.

Per NOI, riformare la politica dal basso, significa avere la possibilità di scegliere e di votare il partito che possa rappresentare le nostre idee e i nostri valori, significa scrivere sulla scheda elettorale il nome del parlamentare, significa avere la possibilità di aderire a partiti democratici e contendibili.

Quello che vogliamo "rompere" è il bi-populismo, che impone all'elettore di scegliere tra buoni o cattivi, rossi o neri, comunisti o fascisti, destra o sinistra mentre l'unico partito che cresce è quello dell'astensionismo, ma questo sembra non importare a nessuno.

Altra "trappola", dell'attuale sistema politico, è il leaderismo, cioè il capo indiscusso al comando che decide su tutto e tutti, creando dei comitati elettorali al proprio servizio, più che veri partiti solidi.

Per queste e per altre ragioni, siamo impegnati da sempre nel promuovere l'idea di una nuova legge elettorale proporzionale, con sbarramento, voto di preferenza e di una legge che regoli la democrazia interna nei partiti.

 

Concludo, questo breve articolo, citando Costantino Mortati, che durante i lavori dell'assemblea costituente affermò:

“Bisognerà che si abitui il popolo a prendere decisioni politiche, ed a questo scopo il regime elettorale proporzionalistico è quello meglio rispondente ad abituare il popolo non solo alla migliore scelta degli uomini, esigenza anch’essa essenziale, ma alla valutazione e scelta dei programmi.”

 

Aggiungo una preghiera laica a tutti i parlamentari:

"Vi prego, non ingabbiateci tra populisti e sovranisti, vogliamo solo scegliere".

 

Grazie per l'attenzione.

martedì 15 giugno 2021

Ricatti e manipolazioni #donnealcentro

 di Valeria Frezza


Il ricatto affettivo è una forma di manipolazione, ma non tutte le manipolazioni hanno la forma del ricatto. La manipolazione è una modalità attraverso la quale qualcuno cerca di influenzare le azioni della persona, facendo leva su fattori emotivi, senza che questa se ne renda conto e influenza il comportamento facendo leva su sentimenti di apprezzamento/appagamento/felicità ecc. Esistono però manipolazioni patologiche, ovvero quelle modalità attraverso cui qualcuno spinge a fare cose che danneggiano (emotivamente, lavorativamente, socialmente, economicamente, ecc.). Più la relazione affettiva è significativa e più è facile che la manipolazione si trasformi in ricatto perché uno dei modi per convincere qualcuno a fare qualcosa è fare leva su paura dell’abbandono, senso di colpa e senso del dovere.

Una manipolazione diventa ricatto quando è usato ripetutamente per costringere le persone ad accettare le richieste del ricattatore a spese del proprio benessere: richieste piccole, richieste rilevanti per la integrità morale, richieste relative a decisioni importanti della vita. 

Il ricatto morale è una modalità relazionale distruttiva e logorante (soprattutto per l'autostima) che fa leva sulla debolezza delle persone e sul senso di colpa e colpisce maggiormente le donne e le persone più fragili.
Spesso chi usa i ricatti morali per ottenere quello che vuole, non si rende conto di quello che fa, non conoscendo altre modalità per esprimere i propri bisogni e le proprie richieste, utilizza quelle che conosce. 

La richiesta può essere esplicita oppure velata, precisa o indistinta, opporre resistenza, non importa se in modo convinto o blando, la risposta non è un sì ma così il ricattatore vince sulla volontà dell'altro/a.



Fonte: "Ricatti affettivi" di M.Grasso