domenica 18 aprile 2021

7 anni di guerra

Di Leonardo Gaddini

Dal 2014, poco dopo l'inizio dell'Euromaidan, il movimento di protesta che chiedeva le dimissioni dell'allora Presidente (filo-russo) Viktor Janukovyč e l'avvio di una stagione di riforme istituzionali per trasformare il Paese in una vera Democrazia, l'Ucraina è in guerra con la Russia per il controllo della regione del Donbas e della Crimea. Tutto iniziò tra febbraio e aprile quando la popolazione di etnia russa e sostenitrice di Janukovyč, iniziò a manifestare contro il nuovo Governo. Ben presto le manifestazioni sfociarono nella violenza fino a quando alcuni manifestanti armati presero il controllo con la forza degli uffici dell'Amministrazione Statale Regionale e di vari uffici governativi delle Oblast' (simili alle nostre regioni) di Donec'k, Luhans'k e Charkiv e della regione autonoma della Crimea proclamando la nascita di tre nuovi Stati indipendenti (con lingua ufficiale il russo): la Repubblica Popolare di Doneck e la Repubblica Popolare di Lugansk e la Repubblica di Crimea

L'indipendenza dei primi 2 è stata poi confermata a maggio con un referendum che ha visto la vittoria plebiscitaria dei secessionisti, mentre in Crimea si tenne un referendum per l'annessione della penisola alla Russia, che ebbe lo stesso risultato. Il Governo ucraino rispose con forza inviando l'esercito per riprendere il controllo, ma lì incontrarono l'opposizione dell'esercito russo che da diversi mesi era presente in quei territori e che difese i separatisti. Così ebbe inizio la guerra russo-ucraina che va avanti ormai da ben 7 anni e che ha portato a più di 8.000 morti, nonostante la stipulazione del Protocollo di Minsk nel settembre 2014 che aveva previsto un cessate il fuoco mai realmente rispettato. 

Dopo l'annessione della Crimea la Russia è intervenuta in diversi modi durante la guerra nella regione del Donbas. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America ha accusato ripetutamente la Russia di aver orchestrato i disordini in aprile in tutta l'Ucraina orientale e meridionale. La Russia ha negato queste relazioni. Mentre i disordini si intensificavano in una guerra aperta nelle Oblast' di Donec'k e Luhans'k, la Russia forniva armi, veicoli blindati, carri armati e altre attrezzature ai separatisti e un numero significativo di cittadini russi e militari hanno combattuto nella guerra come "volontari". Il reclutamento per i gruppi di insorti nel Donbas, infatti, aveva luogo apertamente nelle città russe, con l'uso di strutture private e militari. 

Il coinvolgimento russo è stato definitivamente confermato nell'agosto del 2014 quando il Servizio di Sicurezza dell'Ucraina ha annunciato di aver catturato un gruppo di paracadutisti russi in attività in territorio ucraino, questo fu solo il primo dei tanti arresti di spie russe (tra cui anche ufficiali dell'esercito) avvenute in Ucraina negli anni successivi. Il 27 agosto 2014 la Russia passò dal semplice spionaggio a un vero e proprio attacco militare quando grandi quantità di attrezzature militari e truppe hanno attraversato il confine dalla Russia nel sud dell'Oblast' di Donec'k, un'area precedentemente controllata dal governo ucraino e da metà luglio la Russia aveva bombardato le unità ucraine da oltre confine. Bisogna poi aggiungere a ciò anche il grande ricorso di mercenari fatto dalla Russia per svolgere il "lavoro sporco" come: rapimenti, torture e uccisioni dei cittadini ucraini residenti in quelle zone, che si opponevano all'occupazione. 

I "referendum" spesso richiamati dai filo russi come prova della volontà del popolo di separarsi dall'Ucraina, sono stati, non soltanto una farsa, ma anche totalmente illegittimi in quanto: sono stati organizzati in violazione della Costituzione Ucraina e in condizioni tali da non permettere il libero esercizio del diritto di voto da parte degli aventi diritto. Come affermato dalla Commissione di Venezia nel marzo 2014 e da altre organizzazioni dedite alla protezione dei diritti umani. È del tutto evidente che le condizioni che hanno caratterizzato l’espressione del voto in occasione del referendum, non erano tali da garantire un processo “genuino” e in grado di assicurare la libera espressione della volontà dei votanti come invece richiedono le rilevanti convenzioni internazionali in materia. 

Infatti il voto è avvenuto senza che venisse concesso agli osservatori del OCSE di poter vigilare sulle modalità di svolgimento e con i soldati russi già presenti (e ben armati) sul suolo del Donbas e della Crimea. Oltre a questo poi ci sono state forti di pressioni sugli elettori per esempio la Krymskaja pravozašitnaja gruppa, un’associazione in difesa dei diritti umani, ha riportato il caso di un'ospizio statale per anziani, la cui direzione ha costretto i propri impiegati a votare sotto minaccia di licenziamento. Le autorità locali poi, avrebbero manipolato i dati finali poiché minacciate di licenziamento in caso di bassa affluenza ai seggi, mentre ad altre persone sono stati offerti: trasporto gratuito fino al seggio elettorale, buffet e prodotti a prezzi scontati, in cambio di un voto per l'indipendenza. 

Quella che la Russia sta perpetrando ai danni dell'Ucraina è dunque un'invasione illegittima e sanguinosa, che ha come unico obbiettivo quello di schiacciare il Paese e costringerlo a tornare tra le grinfie della Russia per sfruttare le sue importanti risorse, come avvenuto fino al 2014. Per raggiungere quest'obbiettivo Putin è capace di tutto, da ordinare alla Gazprom di fermare la fornitura di gas al Paese in pieno inverno fino a uccidere civili innocenti (gli attacchi intimidatori contro la minoranza tatara stanno aumentando sempre di più). Negli ultimi giorni il conflitto è tornato ad acutirsi con l'arresto del console ucraino e l'invio da Mosca di diverse navi da guerra nel Mar Nero e di 40.000 soldati non al confine est dell’Ucraina, e altri 9.000 in Crimea. Oltre ai soldati, l’esercito russo starebbe accumulando artiglieria, carri armati e mezzi pesanti. 

L'Occidente ha condannato questo comportamento, USA e UE hanno minacciato Putin di applicare nuove sanzioni alla Russia in caso di un nuovo attacco, mentre il Regno Unito ha inviato due navi da guerra a sostegno dell'Ucraina e la NATO si è detta pronta a intervenire in aiuto dell'Ucraina in caso di un nuovo attacco. Nonostante la tensione c'è chi minimizza il fatto sostenendo che tutto ciò serva a Putin solo per aumentare il suo consenso in vista delle elezioni legislative del prossimo autunno, ma bisogna ricordare anche che quando nel 2008 la Russia attaccò la Georgia per sostenere i separatisti dell'Abcasia e dell'Ossezia del Sud (situazione simile a quella di oggi), lo fece il giorno di inaugurazione delle Olimpiadi, perchè esse occupavano totalmente l'attenzione dei media e dell'opinione pubblica e ciò permise alla Russia di agire indisturbata, mentre quest'anno a giugno inizieranno gli Europei di calcio...

venerdì 9 aprile 2021

IDEE PER UN RILANCIO DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA E DELLA PARTECIPAZIONE POPOLARE

 IDEE PER UN RILANCIO DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA E DELLA PARTECIPAZIONE POPOLARE

 

La formazione di una nuova maggioranza parlamentare, costituita da quasi tutte le principali forze politiche, segna un impegno comune, volto a fronteggiare la grave crisi sanitaria ed economica che affligge il Paese e a gestire efficacemente i finanziamenti europei.

Lo spirito di solidarietà politica espresso dalla formazione del nuovo Esecutivo offre anche una preziosa opportunità, forse meno visibile per molte persone, ma che non può essere sprecata: quella di realizzare le riforme istituzionali necessarie e improrogabili, soprattutto dopo l’approvazione della legge costituzionale 18 ottobre 2020, n. 1, che ha ridotto il numero dei parlamentari a partire dalla prossima legislatura.

1. È urgente, innanzitutto, una riforma della disciplina in materia elettorale.

Come è emerso durante la campagna referendaria sul taglio del numero dei parlamentari, anche per gli esponenti delle forze politiche che hanno sostenuto la riforma, quest’ultima ha determinato una consistente riduzione della rappresentatività delle Assemblee legislative nazionali e ha posto non trascurabili problemi alla funzionalità degli stessi organi parlamentari.

Il decreto legislativo 23 dicembre 2020, n. 177 permette di applicare la vigente normativa elettorale alla nuova composizione di Camera e Senato, ma ha introdotto collegi uninominali eccessivamente ampi e determina un’accentuata disparità tra le Regioni nel rapporto tra popolazione media e seggi da assegnare.

Le forze politiche della precedente maggioranza avevano trovato un accordo per adottare un sistema proporzionale con una soglia di sbarramento al 5 per cento: una scelta volta a garantire il pluralismo politico territoriale, la parità di genere e il rispetto dei principi riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale in materia elettorale e di tutela delle minoranze linguistiche. Tale soluzione sembra ora di nuovo in discussione.

I sottoscrittori di questo documento sono convinti che il sistema proporzionale resti la soluzione più adeguata alla forma di governo e alla cultura politica del Paese.

Negli anni in cui sono state applicate leggi elettorali di ispirazione maggioritaria non può dirsi che la stabilità di governo sia aumentata e che la frammentazione politica si sia ridotta; al contrario, si è assistito alla nascita di un gran numero di nuove formazioni politiche e di coalizioni divise al proprio interno, che si sono sfaldate ripetutamente determinando diverse crisi di governo e radicalizzando l’insoddisfazione dei cittadini verso la politica, facendo crescere atteggiamenti di reazione ed, in maniera allarmante, l’astensionismo

Il sistema proporzionale, oltre a contribuire all’innalzamento del livello di rappresentatività delle Camere, agevolerebbe l’instaurazione di più solidi rapporti tra le forze politiche e il territorio e potrebbe anche servire a creare le condizioni per una rigenerazione dei partiti, necessaria ora come mai prima.  

Nella stessa prospettiva, si auspica, se non si vuole adottare un proporzionale puro, almeno la previsione di soglie di sbarramento tali da non compromettere la rappresentatività cui il sistema dovrebbe tendere, senza trascurare le legittime esigenze di stabilità di governo.

2. Un altro elemento che dovrebbe caratterizzare il nuovo sistema elettorale è il meccanismo delle preferenze, indispensabile per restituire valore alla libera scelta elettorale dei cittadini.

Le critiche a tale metodo, secondo cui esso agevolerebbe la corruzione e comporterebbe un nuovo aumento dei costi della politica, non appaiono convincenti.

Certamente il voto di lista con preferenza non rende immune il sistema da fenomeni corruttivi, ma questi possono essere prevenuti e combattuti attraverso appositi correttivi, come la definizione di collegi piccoli e un più efficiente sistema di controlli. Quanto alle spese elettorali, si può introdurre un’adeguata disciplina che le regoli.

3. Se, infine, si andasse a votare con l’attuale disciplina e senza alcune nuove modifiche alla Costituzione, volte a innalzare i quorum attualmente previsti per l’elezione degli organi di garanzia e per il procedimento di revisione costituzionale, il rischio concreto è che una maggioranza sovrarappresentata da questa legge elettorale si potrebbe trovare nelle condizioni di fare tutto da sé. Potrebbe cambiare la Costituzione senza il concorso delle minoranze politiche (raggiungendo anche i due terzi dei voti, sufficienti a impedire lo svolgimento del referendum costituzionale) e potrebbe designare, sempre in solitudine, un rilevante numero di componenti degli organi di garanzia (Presidente della Repubblica, Corte costituzionale, CSM., ecc.).

4. Non è meno urgente, poi, la riforma dei regolamenti parlamentari. Questi da tempo avevano bisogno di una riscrittura complessiva e accorta; oggi però un intervento è addirittura indispensabile, per consentire il funzionamento delle Assemblee legislative e degli organi parlamentari minori e per assicurare la rappresentanza delle minoranze nello svolgimento delle funzioni affidate alle Camere.

5. L’attuale fase politica costituisce, infine, un’occasione preziosa per promuovere la riscoperta del valore dei partiti, protagonisti della democrazia rappresentativa dei quali non è possibile fare a meno.

Coloro che firmano questo documento auspicano che si apra un’ampia e approfondita riflessione per arrivare ad attuare l’articolo 49 della Costituzione, con l’adozione di una disciplina che finalmente assicuri la democrazia interna dei partiti. È questa una condizione indispensabile per restituire ai partiti il loro fondamentale ruolo di strumenti di partecipazione e di mediazione e di soggetti idonei a formare e a selezionare una classe politica adeguata.  

Chiediamo, pertanto, ai parlamentari di intervenire, riprendendo i lavori sulla riforma della disciplina elettorale nel senso auspicato e sulle proposte di revisione costituzionale utili a salvaguardare il sistema delle garanzie. Agire presto e in fretta per uscire dall’emergenza è una necessità, ma non è un buon motivo per trascurare problemi che, se non affrontati a dovere, rischiano di compromettere in modo irreparabile il funzionamento del sistema costituzionale.

Chiediamo, inoltre, agli organi d’informazione, alle associazioni espressioni e sostenitrici dei valori democratici della partecipazione popolare, ai protagonisti della vita culturale ed artistica del Paese, ed, in definitiva, ad ogni cittadino che voglia partecipare ad un processo di rivitalizzazione della politica, di sostenere in ogni forma e luogo questo appello ed i contenuti che propone.

  ForumalCentro


Onda Civica


Appello Lib-Dem


Forme & Riforme



Coordinamento per la Democrazia Costituzionale - Piemonte


Rete per la Democrazia Liberale


Partito Liberale Europeo








mercoledì 7 aprile 2021

Appello di #ForumalCentro per un’Europa sovrana e federale

La firma dell’accordo inter-istituzionale da parte di Ursula von der Leyen, David Sassoli e Antonio Costa in rappresentanza di Commissione, Parlamento e Consiglio dell’UE segna l’avvio formale del percorso della Conferenza sul futuro dell’Europa, che partirà il prossimo 9 maggio, giorno della Festa dell’Europa.

Sassoli ha sottolineato che al centro dovranno esserci la società civile, i giovani, l’accademia, ma anche i parlamenti nazionali e gli enti locali in un percorso innovativo di dibattito volto a disegnare e rafforzare la democrazia europea del futuro in un nuovo contratto sociale europeo fondato sulla ormai acquisita consapevolezza di un destino comune. Costa ha ricordato che esistono visioni diverse sul futuro dell’Europa e per questo è importante il dibattito nella Conferenza, per trovare una visione comune di un’Europa giusta, verde, digitale e sociale ragionando delle politiche e delle istituzioni europee senza tabù. Von der Leyen ha espresso il desiderio di un’Europa leader nella transizione ecologica e digitale, che non lascia nessuno indietro, che combatte la pandemia, protegge i cittadini e difende la Democrazia, consapevole che vi sono altre 450 milioni di visioni dell’Europa, quanti sono i cittadini europei. Cittadini cui la Conferenza offre un’occasione per esprimersi, confrontarsi e discutere. E si parte nel mezzo della pandemia, perché la crisi ha mostrato i limiti e le potenzialità dell’Unione e la necessità di rafforzarla perché sia in grado di affrontare le prossime crisi.

Nei momenti storici di grande cambiamento, se le comunità vogliono governare i nuovi processi ed evitare di cadere in un declino irreversibile, devono saper adattare le loro istituzioni. L'Unione Europea, dopo la fine della guerra fredda, si è adattata e l’ha fatto con un primo passo cruciale creando l'unione monetaria e poi con l’aumento delle sue competenze con il Trattato di Lisbona, con cui ha rafforzato il ruolo legislativo del Parlamento Europeo, ma non è riuscita a creare un’unione fiscale e politica come conseguenza, l'UE si è trovata priva degli strumenti adeguati per reagire efficacemente alle sfide e alle crisi dell'inizio del XXI secolo: il crollo finanziario, i flussi migratori, il ritorno dei nazionalismi, questo ha portato l’UE a essere più debole e più piccola con l’uscita del Regno Unito.

Molti dei problemi dell’UE derivano da un'eccessiva concentrazione di potere in seno al Consiglio Europeo, che è espressione dei governi nazionali, bloccato spesso da veti incrociati. Un altro grave problema è costituito dall'incapacità di sviluppare una politica estera comune in grado di promuovere gli interessi strategici comuni dell'Europa e la situazione in Libia e i rapporti tesi con la Turchia e la Russia ne sono un esempio. Ma con la crisi sanitaria senza precedenti dovuta al Covid e il crollo delle economie, l'Europa ha reagito unita, mostrando una nuova volontà politica e indicando la via da seguire per il futuro dell'integrazione europea: ha posto le fondamenta per un’Europa della Salute con una strategia comune di vaccinazione senza precedenti, e ha dato vita ad un piano di ripresa finanziato da un debito comune che dovrà essere ripagato anche da tasse europee sui giganti digitali e finanziari e sulle emissioni inquinanti. Si tratta di un piano federale che esplicita un'impostazione di governance comune che deve diventare permanente perché fa compiere un grande salto all’Unione Europea verso la creazione di un'Unione fiscale e di una base finanziaria comune capace di affermare la sovranità europea sia all'interno che all'esterno.

Come cittadini, noi ora aspettiamo con grande speranza l'inizio della Conferenza sul Futuro dell'Europa. Sarà il modo migliore per riunire cittadini, rappresentanti della società civile, ONG, sindacati, rappresentanti delle istituzioni nazionali ed europee, per discutere e decidere come procedere per adattare le istituzioni e completare la costruzione della nostra Europa federale. Noi oggi abbiamo bisogno e vogliamo un'Unione politica forte e legittimata, dotata in autonomia delle necessarie risorse finanziarie e in grado di affrontare le grandi sfide transnazionali del nostro tempo, per agire con efficacia su un'ampia gamma di politiche, che vanno dal cambiamento climatico, alle crescenti disuguaglianze sociali, alle forme e strumenti di produzione sostenibile e all'economia civile e sociale, al lavoro, alla salute e alla migrazione, fino agli affari esteri e alla difesa per affidarle un ruolo sempre più di equilibrio nello scenario internazionale, per promuovere anche all'estero i valori fondamentali di Democrazia e Libertà dell'UE e per garantire la sicurezza dei cittadini europei. Il procedimento di federalizzazione potrà procedere con successo solo se sarà accompagnato anche dallo sviluppo di una cultura comune europea che ci faccia sentire veramente cittadini di uno Stato comune.

Per questo #ForumalCentro ha deciso di aderire all’appello promosso dall’Unione dei Federalisti Europei volto a chiedere di rafforzare la Democrazia a livello europeo, con veri partiti politici europei e con vere campagne elettorali europee che prevedano una circoscrizione elettorale pan-europea con liste transnazionali guidate dai candidati alla presidenza della Commissione Europea. Il tempo per realizzare un’Europa federale è ora: ora o mai più. Non sprechiamo questa opportunità.

lunedì 5 aprile 2021

Maltrattamento psicologico: come difendersi? #donnealcentro

 di Valeria Frezza

“Il maltrattamento psicologico può distruggere completamente una persona, la violenza emotiva, il sentirsi controllati e non amati. Un silenzio, uno sguardo freddo o un’occhiata di disprezzo possono fare molto male”(cit. De Armenta).

 

Gli episodi di violenza domestica e i femminicidi aumentano di giorno in giorno ma la violenza fisica non è l’unica forma di violenza.

La violenza psicologica è una forma invisibile di maltrattamento, è una violenza subdola e spesso difficile da riconoscere e dimostrare e può degenerare in violenza fisica.

 

Il maltrattamento psicologico e la dipendenza patologica sono molto difficili da curare.

Il maltrattatore ha l’obiettivo di sottomettere una persona senza che questa ne sia consapevole, esercita una pressione emotiva e sessuale: insulta, urla, ridicolizza, disprezza, fa sentire la vittima inutile e che non vale niente, è geloso, controlla, minaccia e fa sentire in colpa la vittima.

Il maltrattatore psicologico è abile a rigirare la frittata facendo ricadere la colpa sulla vittima, le ferite e i lividi non saranno sulla pelle, ma nell’anima.


La reiterazione di comportamenti e modelli relazionali sbagliati che convogliano sull’idea che la donna valga poco, diffamazione, insulti, minacce, obiezioni, giudizi, critiche, accuse, rimproveri, trascuratezza, discredito e silenzio, questi sono tutti segnali che il maltrattatore psicologico senta la vittima in suo potere, soggiogata e che quindi non ha nessuna intenzione di scusarsi.

Questa violenza può causare un trauma psicologico che può includere ansia, depressione cronica, crollo dell’autostima, a sentirsi insicura delle proprie capacità a vedere nel maltrattatore l’unico punto di riferimento.


                                        



Aggressività e collera vengono spesso confuse. Una persona si incollerisce ed è aggressiva anche se manifesta il suo malcontento. Si può essere aggressivi anche senza mai alzare la voce. Il maltrattatore psicologico non sempre alza la voce, presenta spesso un atteggiamento calmo, una apparente neutralità o addirittura benevolenza, il rifiuto di riprendere la conversazione è un esempio di silenzio aggressivo o viene fatto per incrementare il senso di colpa della vittima.


Lo sbaglio che fa spesso la vittima è di assumersi la responsabilità e perdonare il maltrattatore senza che ci sia un vero cambiamento maturato nel tempo e senza essere guarita dalla dipendenza psicologica, purtroppo non è sempre facile trovare un aiuto perché ci sono comportamenti e modi di pensare stereotipati molto diffusi ma bisogna sempre tentare ed intervenire prima che sia troppo tardi.


“Una donna dovrebbe essere chi e cosa vuole”(cit. Coco Chanel)






Il caso Daphne Galizia

Di Leonardo Gaddini

Il 16 ottobre del 2017 a Bidnija, nel nord dell’isola di Malta, a causa dell’esplosione di una bomba nella sua auto, Daphne Anne Caruana Galizia è morta all'età di 53 anni. Nell’aprile del 2017, tra le sue varie inchieste con a oggetto la corruzione e i legami tra malavita e politica, la giornalista aveva pubblicato una serie di articoli che accusavano la moglie dell'allora Primo Ministro maltese, Joseph Muscat di possedere una società off shore, attraverso la quale avrebbe ricevuto un milione di dollari dalla figlia del Presidente dell’Azerbaijan, Ilham Aliyev. Lo scandalo, da cui poi fu assolto nel luglio 2018, aveva portato alle dimissioni di Muscat e a elezioni anticipate, che poi il leader laburista aveva vinto con grande margine. L'inchiesta rientrava nei reati finanziari contenuti nei cosiddetti “Panama Papers”.

Nei giorni successivi all’esplosione dell’auto di Caruana Galizia, la polizia di Malta, aiutata nell’indagine dall’FBI, dall’Europol e da uno speciale dipartimento investigativo della Finlandia, aveva arrestato una decina di persone in relazione all’omicidio, tre delle quali: i fratelli George e Alfred Degiorgio e il loro amico Vincent Muscat (omonimo, ma non parente del primo ministro) che sono stati incriminati nel luglio del 2019 per sei diversi reati, tra cui omicidio volontario e possesso e detonazione di esplosivo. Le autorità maltesi hanno ricevuto molte critiche sia dalla famiglia della giornalista che da organizzazioni internazionali, tra cui il Consiglio d’Europa, per non essere riuscite a garantire indagini indipendenti ed efficaci sul caso, e perchè il Governo, nonostante i molti mesi passati dall'omicidio, non aveva ancora aperto un’indagine per trovare il mandante. Alla fine il Governo ha ceduto alle pressioni e finalmente lo scorso settembre ha aperto un'inchiesta affidandola al giudice Michael Malla. Circa un mese dopo le indagini hanno portato all'arrestato di un uomo, il tassista Melvin Theumaso, sospettato di aver fatto da tramite tra il presunto mandante e gli assassini della giornalista. A Theumaso, in cambio di informazioni, era stata concessa l’immunità. E a quel punto è arrivata la svolta.

Lui ha dichiarato che lo scorso 20 novembre, infatti, è stato arrestato Yorgen Fenech, imprenditore maltese che è anche gestore di una centrale elettrica costruita nel 2013 a Malta grazie a una concessione statale che, secondo un'inchiesta di Reuters, è stata ottenuta grazie al pagamento di tangenti. Fenech, poi è soprattutto il capo di 17 Black, una società registrata a Dubai che avrebbe effettuato pagamenti per oltre 1,5 milioni di euro ad altre due società off shore con sede a Panama di proprietà di due membri del governo maltese: Konrad Mizzi, ex Ministro dell’Energia e del Turismo, e Keith Schembri, l'allora capo dello staff del Primo Ministro. Entrambi sono stati interrogati dalla polizia e poi si sono dimessi. Pochi giorni dopo anche l'ex Ministro dell’Economia Chris Cardona si è dimesso per essere stato implicato nelle indagini. Il giorno prima dell'udienza in tribunale però il tassista Theuma è stato ritrovato in fin di vita, in una pozza di sangue, nel suo appartamento. Secondo gli inquirenti, i tagli alla gola e sul torace sono riconducibili a un tentato suicidio, anche se rimangono forti dubbi sulla dinamica. 

Tutte queste società sono riconducibili a Chen Chen, un dirigente di Accenture originario di Shangai che ha negoziato degli investimenti in Malta per conto di Shangai Electric Power, una compagnia di produzione energetica controllata dal Governo di Pechino. Gli investimenti maltesi in questione, del valore di 320 milioni di dollari, sono stati descritti da politici cinesi e maltesi come un componente della Belt and Road Initiative, la "Nuova Via della Seta", un immenso canale di investimenti e infrastrutture gestito dal Dragone. Sarebbero serviti per l’acquisizione di una parte di Enemalta, l’unica compagnia energetica dell’isola. Nel 2016 Caruana Galizia aveva identificato il ruolo cruciale di Chen nella negoziazione degli investimenti, il suo nome era comparso tra i documenti di Panama Papers. Ma non è finita. Una delle piste battute da Caruana Galizia prima del suo assassinio era incentrata sulla compravendita di visti di residenza maltesi da parte di facoltosi clienti cinesi, uno dei business più redditizi a Malta. Il pool investigativo ha scoperto un collegamento diretto tra Chen e Mao Haibin, CEO di Shanghai Overseas Chinese Exit-Entry Services, ossia la compagnia cinese che vende in esclusiva i visti di residenza in Cina, Hong Kong e Macao per conto del governo maltese. L’intera investigazione è più complessa e ramificata di quanto descritto finora, coinvolge diversi politici maltesi (di cui alcuni sotto processo) e svariate compagnie dal profilo sospetto. Ma la pista cinese ha aggiunto una nuova dimensione al caso di Daphne Caruana Galizia, gettando luce su un complesso sistema di corruzione internazionale. 

Reuters, in un'altra sua inchiesta, ha poi pubblicato alcuni dettagli della confessione che Vincent Muscat aveva fatto alla polizia nell’aprile del 2018. Lui ha raccontato che nell’estate del 2017 aveva accompagnato il suo amico Alfred Degiorgio al Busy Bee, un bar a La Valletta. Pochi minuti dopo Degiorgio era tornato in macchina e gli aveva comunicato che erano stati incaricati di uccidere la giornalista Caruana Galizia, in cambio avrebbero ricevuto 150mila euro, di cui 30mila in anticipo. L’idea iniziale era spararle da lontano con un fucile e per questo la seguirono per giorni, poi però decisero di ucciderla facendo saltare in aria l’auto in cui si trovava. Muscat ha raccontato che usarono una bomba acquistata da criminali maltesi e fornita dalla mafia italiana (arrivata sull'isola a bordo di un catamarano partito dalla Sicilia). Dopo l’arresto Fenech ha ottenuto di essere rilasciato su cauzione, ma nella serata del 30 novembre è stato accusato formalmente di essere stato complice dell’omicidio di Caruana Galizia, in quanto l’avrebbe organizzato e finanziato pagando gli esecutori materiali, oltre che di essere membro di un’organizzazione criminale. Fenech si è dichiarato non colpevole e ha accusato direttamente l’ex capo dello staff del Primo Ministro, Schembri.

La famiglia di Caruana Galizia e diverse organizzazioni della cosiddetta società civile hanno detto che non smetteranno di scendere in piazza, e il Times of Malta (il più importante giornale dell’isola, che ha collaborato a diverse inchieste sull’omicidio della giornalista) ha pubblicato un editoriale molto duro dicendo che ogni giorno in più in cui il Primo Ministro decide di non andarsene sarà comunque "un giorno di troppo". Ora la questione non riguarda più solo i legami poco chiari tra politici e imprenditori, ma tra politici e criminali, infatti la persona ora accusata di cospirazione nell’omicidio, Yorgen Fenech, ha implicato nel crimine l’aiutante più vicino al Primo Ministro, ovvero Schembri, e sono emerse prove dei tentativi dell’ex capo dello staff di deviare il corso della giustizia. Dopo le rivelazioni e diverse manifestazioni nelle piazze di tutto il Paese, il Premier Muscat si è dimesso per la seconda volta e il Presidente della Repubblica, George Vella, ha nominato Primo Ministro Robert Abela che era da poco diventato il nuovo leader del Partito Laburista.