giovedì 27 aprile 2023

Una legge per far contare di più i lavoratori in azienda

di Luigi Sbarra

E’ tempo di fare un grande salto di qualità verso forme concrete di democrazia economica che diano compimento all’articolo 46 della nostra Costituzione e assegnino ai lavoratori un ruolo nelle decisioni strategiche dell’azienda. Parte da questo assunto la proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione che la Cisl ha depositato alla Corte di Cassazione e su cui lanceremo nei prossimi giorni la raccolta di firme in tutta Italia.

La strada che abbiamo scelto  è quella  di un forte sostegno alla contrattazione con leve promozionali e incentivi di natura fiscale, nella convinzione che la partecipazione è possibile solo se passa dalle buone relazioni industriali.

Dobbiamo estendere una cultura contrattuale che ha generato tante buone esperienze in tutti i settori e che può contribuire in modo fondamentale a rafforzare la crescita, i salari e la produttività, la formazione e l'innovazione di processo e prodotto, partendo dal protagonismo sociale del lavoro.

Il nostro tessuto produttivo è molto eterogeneo. Per rafforzare e adattare la democrazia economica ad ogni comunità lavorativa è quindi necessario che siano i rapporti negoziali ad individuare forme di coinvolgimento, scegliendole nel novero delle opportunità che la nostra proposta di legge vuole offrire ad ogni impresa. La legge può e deve agevolare questo percorso istituendo una forte premialità, prima di tutto fiscale, che lo incentivi e lo promuova.

Quella della partecipazione sia una sfida che racchiude tutte le grandi questioni emerse in questi anni complessi: migliorare i salari, costruire nuove tutele, offrire le giuste flessibilità negoziate, consolidare gli investimenti privati sui territori, aumentare anche la resilienza e la sostenibilità sociale degli ecosistemi produttivi.

Un maggiore riconoscimento del lavoro nella vita delle imprese è anche lo strumento per stimolare ricerca, formazione continua dei lavoratori e degli imprenditori, innovazione di processo e di prodotto, incremento e redistribuzione della produttività. Contribuisce inoltre all’aumento dei livelli di salute e la sicurezza nelle aziende, garantendo monitoraggio e vigilanza sul rispetto delle leggi e delle regole negoziali.

Bisogna lavorare insieme per una prospettiva nuova, in cui al centro ci sia la persona, con il suo protagonismo, la sua creatività, la sua capacità di partecipare attivamente allo sviluppo delle comunità produttive e dei territori.

Il nostro primo obiettivo è quello di promuovere l’ingresso di rappresentanze dei lavoratori nei consigli di amministrazione o di sorveglianza. I lavoratori hanno il diritto di concorrere e collaborare agli indirizzi e alla gestione delle proprie aziende, al rilancio degli investimenti opponendosi alle delocalizzazioni, esercitando quelle flessibilità che nei momenti di crisi aiutano a proteggere l’occupazione e che nei momenti di crescita operano una buona distribuzione della ricchezza.

Il secondo punto è regolare la compartecipazione ai risultati dell’impresa e disciplinare l’azionariato diffuso, così da dare anche ai piccoli dipendenti-azionisti adeguata rappresentanza e voce nelle scelte societarie.

La terza esigenza riguarda il coinvolgimento nelle decisioni organizzative, per aumentare efficienza, adattività e innovazione di sistema. Pensiamo agli orari, alla produttività, al lavoro per obiettivi e in team.

Quarto punto: riconoscere ai lavoratori ed al sindacato una funzione consultiva a monte, e non a valle, delle decisioni più rilevanti per il futuro delle aziende. E’ una battaglia storica per la Cisl, frutto della nostra impostazione culturale e valoriale.

La partecipazione è la più grande riforma istituzionale verso la piena realizzazione in Italia e in Europa di quella che Bobbio chiamava Democrazia Sociale, responsabilizzando a livelli sempre più profondi la società nei processi economici di controllo e decisione.  

Siamo a uno snodo della Storia. Un tornante in cui la “costruzione del nuovo" non è più una opzione. Istituzioni, mondo del lavoro e Rappresentanze datoriali devono assumere impegni comuni e coerenti, che facciano recuperare il tempo perso in 20 anni di muro contro muro e di dannosa disintermediazione.

In questo quadro bisogna promuovere la pacificazione e la coesione della nostra società: ricostruirla su principi di equità e di legalità, rimuovere le disuguaglianze, accompagnando le nuove generazioni verso i lavori che ancora non esistono e convertire i meno giovani verso i lavori che stanno nascendo.

Su tutto questo, anche con la nostra Proposta di Legge, sfidiamo il Governo e i nostri interlocutori sociali a convergere in un perimetro di comune impegno che contribuisca a realizzare un Paese solidale, produttivo, unito e interamente mobilitato nella costruzione del progresso e del bene comune.

Luigi Sbarra 

Segretario Generale Cisl

martedì 11 aprile 2023

Il Centro e l'Umanesimo Civile 5.0

 di Armando Dicone


Per superare il bi-populismo, basterà mettere insieme le classi dirigenti dei partiti di Centro?

A questa domanda, personalmente, risponderò sempre in modo negativo.

Basta anteporre il "nuovo" a parole del '900? Non credo (Domanda posta in più occasioni dal saggio senatore D'Ubaldo).

 

Il neonato progetto politico "centrale" necessita di un pensiero politico solido e condiviso.

Ci vorrà tempo e tanta pazienza, ma i percorsi condivisi dal basso sono sempre a medio-lungo termine.

 

Quello di cui non abbiamo bisogno è l'ennesima operazione verticale, mettere insieme il leader dei liberali, quello dei riformisti e quello dei popolari, ha senso per una competizione elettorale inaspettata, ma per un solido progetto culturale e politico serve altro.

 

Abbiamo bisogno di trovare il modo, la forma ed un nuovo pensiero culturale e politico, per unire le tre culture politiche del "Centro": il liberalismo, il popolarismo e il riformismo.

 

Un esempio di mediazione, citato da Giuseppe Sangiorgi in un recente dibattito pubblico, è l'articolo 3 della Costituzione:

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."

 

In questo mio breve articolo vorrei avanzare una proposta di lavoro condiviso.

Avviamo il percorso partendo da cinque parole e da quattro riferimenti ideali:

-Libertà, emancipazione, solidarietà, responsabilità e partecipazione;

-Europeismo, Costituzione, persona e ambiente, economia sociale di mercato e dottrina sociale cristiana.

5 concetti e 4 riferimenti da sviluppare e promuovere insieme, all'interno di un nuovo pensiero culturale e politico: l'Umanesimo Civile 5.0.

 

Definizioni:

 

Umanesimo (dizionario online)

qualsiasi concezione che riconosce la centralità dell'uomo nella realtà, o che intende rivendicarne i diritti, l'esigenza di libertà e la dignità individuale.

 

Civile (Oxford Languages and Google)

Concernente la comunità organizzata, spec. sul piano dei rapporti tra i membri che la compongono.

Rivolto a coltivare o illustrare le virtù che formano il vero cittadino e conquistano o mantengono il buon governo.

 

5.0 (UniverseIT)

Società 5.0 cerca di bilanciare lo sviluppo economico con la risoluzione di problemi sociali e ambientali. Non si limita al settore manifatturiero, ma affronta sfide sociali più ampie basate sull’integrazione di spazi fisici e virtuali.

 

Dobbiamo, con umiltà ma tanta determinazione, approfondire e attualizzare il pensiero dell'Umanesimo Civile, rendendolo 5.0.

Un pensiero culturale capace di coniugare l'umanesimo cristiano e laico, un metodo di lavoro che sia uno strumento di miglioramento della vita civile, con lo scopo di mettere la propria cultura, i talenti di ognuno e le competenze acquisite, a disposizione della comunità, con la consapevolezza che il “sapere” se non condiviso con gli altri e per il bene comune, può solo soddisfare il proprio ego.

 

Camminiamo insieme.

 

Grazie per l'attenzione.

venerdì 7 aprile 2023

Le migrazioni femminili in Italia: percorsi di affermazione oltre le vulnerabilità #DonnealCentro

di Valeria Frezza

Le donne sono state protagoniste dell'immigrazione straniera in Italia sin dai suoi esordi, eppure la loro specifica condizione è stata a lungo trascurata: assimilata a quella degli uomini o identificata con ruoli marginali, passivi e stereotipati.

La storia dell'immigrazione femminile in Italia parla di donne dinamiche, autonome nei loro percorsi e protagoniste delle loro vite ma schiacciate su posizioni subalterne che le espongono a meccanismi di discriminazione.

Tale è la condizione occupazionale, i ruoli non sono svantaggiati ma anche rigidamente predeterminati, i quali ne riducono sia le opportunità occupazionali sia la mobilità sociale e la visibilità nel mondo del lavoro e della vita collettiva. 

Nel 2021 le donne straniere residenti in Italia risultano il 50,9%, e scendono al 42%  tra gli occupati ed il 52,5% tra i disoccupati. Tra le lavoratrici regolari, quasi 9 su 10 sono occupate nei servizi e le altre sono collaboratrici domestiche, impiegate alle pulizie. Nonostante siano più istruite degli uomini, le immigrate hanno meno possibilità di trovare un lavoro coerente con i propri titoli e sono più esposte a part-time involontario. Percepiscono una retribuzione media mensile di appena 897 euro al mese (-27% rispetto agli uomini stranieri). La condizione di madre acuisce l'esclusione dal lavoro anche e soprattutto tra immigrate. Anche la mancanza di attribuzione della cittadinanza favorisce discriminazioni ed esclusione sociale.

Fonte: integrazionemigranti.gov.it