di Valeria Frezza
Nel 1946 le donne italiane esercitavano per la prima volta il diritto di votare e di essere elette:
"Le schede che ci arrivavano a casa e ci invitavano
a compiere il nostro dovere hanno un'autorità
silenziosa e perentoria.
Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano
più preziose della tessera del pane
stringiamo le schede come biglietti d'amore
si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose
di stancarsi nelle lunghe file davanti ai seggi. E molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione.
Le conversazioni che nascono tra uomo e donna hanno un tono diverso, alla pari"
scriveva Anna Garofalo, giornalista nel 1946
Il 2 giugno 1946 i cittadini di entrambi i sessi, maggiori di 21 anni, vennero chiamati alle urne per eleggere i componenti dell'Assemblea Costituente e per votare il referendum istituzionale che avrebbe stabilito se l'Italia sarebbe stata una nazione monarchica
o repubblicana.
La fine della dittatura, dell'occupazione nazifascista e il ritorno alla libertà di scegliere democraticamente i rappresentanti veniva anche celebrato aprendo le porte ad una parte della popolazione che fino ad allora era stata esclusa: le donne.
Fino alla fine del XIX secolo era largamente diffusa l'idea che la componente femminile non potesse partecipare alla vita politica a causa dell' "emotività" e non "rigeneratrice". Quando i tempi sembravano finalmente maturi, le vicende politiche interruppero
questo processo e Mussolini, prima le incluse nel 1925 con delle restrizioni ma l'anno dopo si chiuse ogni discussione sui diritti politici per tutti.
A partire dal 1945 le rappresentanze dei centri femminili dei partiti sostennero questa istanza e il decreto legislativo del 31 gennaio 1945 sancì il Suffragio Universale e nel 1946 le donne tra gli eleggibili. Si affermava così il principio dell'uguaglianza
tra i sessi almeno per quanto riguarda i diritti politici.
Il 2 giugno 1946, dunque, era una giornata importante per tutta l'Italia.
Tra le macerie e le miserie lasciate dalla dittatura e dalla guerra, ovunque si discuteva di politica e la voglia di ricominciare era tanto. Per le donne quella fu una primavera davvero straordinaria, potevano prendere parte attivamente alla vita politica.
Tra addottrinamenti familiari e moniti ecclesiastici avevano finalmente conquistato la libertà di scegliere, di esprimere i loro ideali, le loro aspettative, i loro progetti. Loro che valevano meno dei colleghi maschi (e rischiavano il licenziamento )se volevano
sposarsi) e che non vedevano riconosciuta la parità neanche all'interno della famiglia. Loro quel 2 giugno 1946 votarono in massa.
Furono elette 21 donne. Citiamo per brevità quelle del gruppo parlamentare democratico cristiano (Bianchini Laura, Conci Elisabetta, Delli Castelli Filomena, De Unterrichter Jervolino Maria, Federici Agamen Maria, Gotelli Angela, Guidi Cingolani Angela Maria,
Nicotera Fiorini Maria, Rossi Maria Maddalena, Titomanlio Vittoria).
Ai tempi del coronavirus e dei social network, della politica gridata, che punta sullo slogan e dà forse molto poco valore alla democrazia, al rispetto delle istituzioni, al popolo e alle parti sociali, a cosa può servire a noi una storia di tanti anni fa?
A voi lettori la risposta...
Fonte: Centro Italiano Femminile Emilia Romagna
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