di Valeria Frezza
Il nostro Paese soffre da anni di bassa occupazione femminile. In Italia permangono molti ostacoli allo sviluppo e alla liberazione delle energie delle donne. Liberazione che non va intesa come vantaggio solo per le donne ma per l’intera società.
La “Womeneconomics” (economia al femminile) produce effetti di crescita nel settore dei consumi, dei servizi, degli investimenti e dell’innovazione, contribuendo allo sviluppo dell’intero sistema economico. La famiglia a doppio reddito agisce come volano di attività economiche e di posti di lavoro. La crescita dell’occupazione femminile genera maggiori consumi e maggiori entrate per lo Stato, in termini di fiscalità e di contributi previdenziali.
Un secondo aspetto fondamentale è l’aumento nel lungo periodo della fecondità e della natalità, aumento indispensabile in un Paese come il nostro, Infatti, numerosi studi ritengono correlati il maggior tasso di occupazione femminile e l’aumento della natalità. Una maggiore indipendenza economica produce una maggiore capacità di progettualità e di creare nuclei familiari perché c’è una maggiore ricchezza.
Donne indipendenti economicamente e con un ruolo sociale sono più realizzate e godono di un maggiore benessere che trasmettono ai figli, contribuendo a creare una società migliore. Uomini che non considerano le loro madri e le loro mogli (o compagne) donne di poco valore, oggetti da usare (e scartare) o su cui usare violenza.
Una maggiore occupazione femminile (ma non basata sul precariato) permetterebbe di arginare anche il fenomeno delle “nuove povertà” che vede coppie o famiglie di disoccupati o precari (a cui di certo non basta il Reddito di Cittadinanza che è oltretutto provvisorio) tornare a vivere con i genitori e gravare sulle loro pensioni.
L’occupazione femminile non può crescere da sola in un Paese come il nostro, affetto da un grave ritardo culturale in quanto a pari opportunità. Un Paese dove manca la meritocrazia ed è ancora affetto da nepotismo.
Donne dedite esclusivamente alla cura della famiglia, donne più o meno giovani costrette ad interrompere il lavoro, sono coloro che prestano assistenza ad anziani e disabili in modo continuativo.
La situazione è quindi bloccata in Italia per la sproporzione nella divisione del lavoro familiare, il mancato sviluppo di politiche di conciliazione tra vita professionale e cura della famiglia, i pregiudizi contro il lavoro femminile.
Tutto ciò provoca uno spreco enorme di talenti. Se vogliamo dare un futuro al nostro Paese non possiamo più prescindere da questo aspetto e il nostro Paese deve porre in essere delle politiche specifiche al fine di sanare il gap.
L’Italia sancisce lo spreco declinato al femminile, c’è differenza nell’accesso alla formazione, alle cure mediche, alle posizioni più alte nella scala della distribuzione del potere, discriminate sul lavoro, spesso subiscono violenza in casa, molte donne sono vittime di femminicidio.
L’unico settore dove le donne hanno un primato fuori discussione è quello del volontariato.
“The thing women have yet to learn is nobody gives you power. You just take it”. (Cit. Roseanne Barr) ma nemmeno i diritti fondamentali.
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