venerdì 31 gennaio 2020

No lavoro, no famiglia!?


di Armando Dicone

In questo breve articolo vorrei mettere in fila alcuni numeri, alcune domande, brevi spunti per riflettere e se possibile costruire tutti insieme soluzioni concrete e realizzabili.

Gli ultimi dati Istat (dicembre 2019) ci danno un numero davvero “mostruoso”:

3,123 milioni di precari (di cui 340 mila solo nella P.A.).

A questi 3 milioni di donne e uomini, che guardano con scarsa fiducia al proprio domani, bisogna aggiungere circa 6 milioni di lavoratori che, volontariamente o spesso involontariamente, svolgono lavori part-time, i lavoratori autonomi, spesso con finte partita iva, che sono circa 5,3 milioni e ovviamente i disoccupati in cerca di lavoro (9,8% contro la media europea 6,2% fonte Eurostat).

Tutto questo coincide con il tasso di natalità (1,3% contro media UE 1,6%)?

Se sei in una condizione lavorativa, e quindi salariale, instabile, puoi pensare al tuo domani con serenità e fiducia? Puoi avere la tranquillità di “fare famiglia”?

Poiché NOI non siamo per la lotta di classe, che negli ultimi tempi è stata venduta per lotta tra generazioni, dobbiamo trovare soluzioni alternative e credibili nella cornice valoriale di riferimento. Non sarà possibile tornare indietro, ma neppure continuare con la miriade di contratti di lavoro senza tutele.

Premesso che senza crescita nessuna misura potrà mai essere davvero efficace, mi chiedevo se fosse possibile trovare misure in grado di rendere più convenienti i contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli a termine?
È possibile allargare le tutele a tutti i lavoratori? Personalmente penso di si.
Continuare con la malattia ai lavoratori a collaborazione solo dopo i 4 gg non è più civile, continuare con il principio di cassa per i contributi nella gestione separata non è più tollerabile, continuare con le partita iva con orari fissi e unico committente non è credibile, continuare a far lavorare commesse/i precari tutte le domeniche non è giusto, continuare con stage inutili e mal retribuiti è insopportabile, continuare con il part-time involontario senza andare in pensione è disumano, continuare con i precari nella P.A. è un controsenso, continuare a far finta di nulla è vomitevole.
Trovare soluzioni con sindacati e associazioni di categoria penso sia utile e possibile.

Se vuoi partecipare alle discussioni usa: #ForumalCentro

lunedì 27 gennaio 2020

Sul bipolarismo

di Valeria Frezza

Si definisce bipolare un sistema politico che vede la contrapposizione di due blocchi distinti; a livello nazionale essi sono rappresentati, di solito, da due coalizioni o raggruppamenti di partiti e/o movimenti, che si contendono la conquista del potere.
Per bipolarismo si intende un sistema elettorale dove il panorama politico è dominato da solo due schieramenti principali, in genere a causa di un sistema elettorale spiccatamente maggioritario, basato sull'alternanza. Un sistema bipolarista non esclude l'esistenza di altre formazioni, ma la loro presenza in Parlamento e nella vita politica del paese è fortemente minoritaria. Nel bipolarismo sono presenti numerosi partiti ma contraddistinti da una forte polarizzazione, tale per cui i partiti competono divisi in due grandi coalizioni (destra-sinistra) radicalmente opposte, con partiti di dimensioni e forza politica tali da egemonizzare la guida politica entro ciascuno dei due poli.
Due sono i casi principali di bipolarismo nelle attuali nazioni democratiche esistenti al mondo:
  • gli Stati Uniti d'America, dove Democratici e Repubblicani si contendono alternativamente i seggi al Congresso e la presidenza. 
  • La Gran Bretagna, il primo paese moderno in cui si può parlare di democrazia dell'alternanza tra Progressisti e Conservatori.
È giusto adottare il bipolarismo in Italia? Nelle recenti elezioni abbiamo constatato un diverbio notevolissimo tra i due schieramenti egemoni. I cattolici e i moderati sono tra due fuochi.
Si può andare avanti con il sistema adottato fino ad oggi, senza dare nemmeno  la possibilità ai cittadini di esprimere la preferenza, in un panorama dominato dal leaderismo?
Dai tempi della Costituente della Democrazia Cristiana, l'Italia ha sempre avuto il principio proporzionale, che ha pure garantito la stabilità dei governi.
Nei primi anni Novanta, con la crisi dell’intero sistema politico italiano, la legge elettorale proporzionale è stata abbandonata in favore del maggioritario, sia pure con delle correzioni proporzionalistiche, facendo prevedere la logica di coalizione.
Nella mancanza di valori ed ideali, mentre il mondo postmoderno si ritrova vecchio, e in evidente spirito autodistruttivo, ha ancora senso la frase del Santo Giovanni Paolo II: "Andiamo avanti con speranza"?

martedì 21 gennaio 2020

La riforma polacca della (in)giustizia

di Leonardo Gaddini

Si discute ormai da molto tempo sulla riforma del governo polacco sulla giustizia. La Polonia risulta attualmente uno dei casi più emblematici di erosione dello stato di diritto, a causa di ripetuti tentativi di controllo da parte del Governo sul sistema giudiziario locale, attraverso prepensionamenti anticipati con agevolazione di nuove nomine filo-governative, frequentissime azioni disciplinari e attacchi pubblici nei confronti della magistratura. Una serie di azioni culminate con la recente approvazione della legge, da parte della Sejm Rzeczypospolitej Polskiej (la lo Camera dei Deputati), contro l’autonomia degli stessi giudici, che prevede anche pesanti sanzioni per "chi critica nomine e fa attività politica" e l’esclusione dei magistrati che "nuocciono al funzionamento del sistema di giustizia".

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, infatti, è intervenuta con una sentenza sul sistema giudiziario polacco già nel mirino dei giudici dell'UE per le controverse riforme avviate da Varsavia sull'età pensionabile e sull'indipendenza dei giudici. In particolare la Corte UE ha stabilito che "spetta alle giurisdizioni polacche decidere la validità della Camera disciplinare" che è stata imposta loro dal governo e "stabilire se offra sufficienti garanzie di indipendenza". La Corte non ha definito illegale il nuovo organismo ma ha precisato che le "giurisdizioni polacche devono verificarne l'indipendenza, anche alla luce dei criteri stabiliti dalla stessa Corte del Lussemburgo". Nella sentenza odierna i giudici sottolineano il primato del diritto dell'UE.

Il governo Nazionalista e Conservatore della Polonia è guidato dal Partito "Diritto e Giustizia" (PiS) di Jarosław Kaczyński ha di fatto intrapreso un conflitto contro l'UE e i valori che essa rappresenta. La riforma della (in)giustizia è, infatti, solo l'ultima di molte leggi contro i diritti sociali e politici che "PiS" ha messo in atto dal 2015 a oggi. In Polonia i media nazionali sono di fatto controllati dal governo, i lavoratori dipendenti hanno salari bassi, molte aziende sono state nazionalizzate e gli episodi d'intolleranza e di violenza contro i migranti e gli ebrei sono all'ordine del giorno (il giornale Vzglyad ha rivelato in una sua inchiesta che esistono campi di concentramento per gli operai ucraini in Polonia).

Insomma, da un lato la Polonia non rispetta i principi dell'UE, ma dall'altro Kaczyński si guarda bene dall'uscirne (anche se la PolExit è il tormentone di PiS in campagna elettorale) perché il suo, è il paese che riceve più finanziamenti (nel programma di finanziamento 2007-2013 la Polonia ha ricevuto fondi per 74 miliardi di euro) e anche perché essendo dentro l'UE, la Polonia è appetibile come meta per la delocalizzazione delle aziende europee.
Il governo polacco (e insieme a lui tutti i Paesi del gruppo di Visegrád) sta dunque calpestando i valori che l'UE rappresenta, ma allora quando l'Europa alzerà la testa e non permetterà più questo scempio dei diritti come reagirà il governo polacco? Ci sarà un'altra dolorosa perdita per l'UE? Questo non lo sappiamo, ma tra le tante incertezze, l'unica sicurezza è che quest'anno ci sono le elezioni presidenziali e vedremo come andrà... anche se l'esito sembra purtroppo scontato.


Convegno "Popolari 101 si riparte?

di Valeria & Stefano

In data 18 gennaio 2020, a distanza di 101 anni dall’appello di don Luigi Sturzo ai ‘liberi e forti’ presso la sala Alessandrina del Museo della Sanità in Santo Spirito in Sassia a Roma promosso dal segretario dell'Udc Lorenzo Cesa e di Gianfranco Rotondi (FI). Cominciano i lavori dell’assemblea di aggregazione di associazioni cattolici e partiti di ispirazione cristiana per creare un nuovo soggetto politico, composta da 150 delegati di 36 associazioni. Il convegno è intitolato 'Popolari101 si riparte?' con l'obiettivo di mettere fine alla diaspora dei democristiani, cominciata con lo scioglimento del partito.
All' inizio, l' emozione è grande,​ mentre un giovane pianista suona l'Inno dei Mameli, cantato da tutti i presenti. Forte è la sensazione che sta avvenendo veramente una rinascita e del senso di una appartenenza ad un destino comune, di essere cittadini italiani e di ritrovare le nostre radici nei liberi e forti di Don Luigi Sturzo. Sullo sfondo lo scudocrociato ed il simbolo del PPE. In sala sono presenti tra i numerosi ospiti il figlio di Giulio Andreotti e la figlia di Aldo Moro.
In apertura dei lavori viene proiettato un video tratto dall’ultimo intervento pubblico di​ Mino Martazzoli, segretario della DC che​ nel 1994 dichiara in questa sala la fine del partito dopo mezzo secolo di egemonia politica.
All'inizio dell'assemblea il relatore fa un excursus sulla storia politica italiana in cui si evidenzia, specialmente nei momenti più difficili, tramite politici con grande senso del dovere come i popolari di Don Sturzo prima e la DC dopo, a cambiare positivamente le sorti della nazione, come la gestione dei periodi postbellici o la trasformazione italiana da paese essenzialmente agricolo a manifatturiero.. diventando in poco tempo un'economia tra le più sviluppate.
Il relatore parla nello specifico dell'importanza di Don Luigi Sturzo e del popolarismo.
Il popolarismo sturziano cosa ci insegna? La moderazione come metodo, la solidarietà contro gli egoismi; la necessità di ricercare una sintesi tra interessi spesso contrastanti.
Un partito, quello disegnato da Sturzo, «che si pone al centro dello schieramento politico, al di là degli estremismi», non classista, mentre la sinistra si occupava in modo specifico degli operai. Aconfessionale nel tentativo «di trovare non una zona intermedia tra fede e storia ma di far lievitare dal basso alcuni valori cristiani presenti nella realtà popolare, con una responsabilità diretta dei cattolici impegnati in politica.
"Senza un centro forte, autorevole ed autonomo nella proposta politica ma capace di fare sintesi con forze differenti, si va verso una radicalizzazione pericolosa e disgregante. Vari appuntamenti che riproporremo in ogni regione, per arrivare alla costituzione di un partito popolare che, richiamandosi all'eredità di Don Sturzo e De Gasperi, sia in grado di riunire tutti coloro che si riconoscono in questo progetto e vogliono far ripartire lo sviluppo, solidale dell'Italia" [cit. L. Cesa]
"Se si ricrea un partito unitario con le forze che si ispirano al PPE, i popolari partono dal 10%. Dovremo darci, quando si avvicinano le elezioni politiche, un programma popolare ed un candidato premier. Poi cercheremo in parlamento i consensi sul nostro governo.. [..] Il nome del partito sarà la traduzione italiana del PPE e forse si chiamerà Partito del Popolo Italiano entro 2 mesi da un congresso" [cit. G. Rotondi].
Vorremmo concludere l'articolo con una citazione fatta in occasione di un evento per ricordare Aldo Moro: "il modo migliore per ricordare la lezione di Aldo Moro, statista ed uomo, dalla quale ripartire per la ricostruzione di una nuova casa dei moderati, indispensabile per riportare la politica ai suoi veri valori e restituirla al servizio nel senso più alto del termine, della collettività".

lunedì 20 gennaio 2020


di Armando Dicone

Nella settimana appena passata, tre notizie hanno riacceso la speranza di vedere, finalmente dopo 26 lunghi anni, la prospettiva di una nuova presenza politica al CENTRO.

      1.      La Consulta ha bocciato il referendum, proposto dalla Lega, che chiedeva l’abolizione della quota proporzionale presente nell’attuale legge Rosatellum, avviando di fatto la discussione, e le trattative tra i partiti, sulla legge proporzionale presentata dalla maggioranza parlamentare. Il sistema proporzionale sarà realtà e con esso sarà possibile il superamento dello schema muscolare destra contro sinistra e viceversa;

2.      La ricandidatura pugliese del Presidente della Regione uscente, ha avuto il merito di far dialogare i centristi dell’ex coalizione di centro sinistra. Azione e Italia Viva iniziano a parlarsi per proporre una candidatura unitaria alle prossime elezioni regionali. Un primo passo significativo;

3.      Dalle parti dell’ex centro destra, in occasione dei 101 anni dall’appallo ai “liberi e forti”, è nato un partito (del Popolo) che vede insieme 40 sigle tra cui la DC e l’UDC. Anche questo un primo passo che fa ben sperare.

A queste tre ottime notizie dobbiamo aggiungere la nascita di siamo Voce Libera, il costante lavorio di realtà come Politica Insieme e Rete Bianca, il risultato ottenuto dalla Fondazione Luigi Einaudi sul referendum per il taglio dei parlamentari voluto dai “5 stelle”.

Davanti a questi fatti nuovi e positivi, come Forum al Centro non possiamo che continuare e intensificare il nostro, umile e determinato, lavoro “social” per UNIRE il popolo centrista. Siamo nati anche per questo e ora che il mezzo (proporzionale) è alle porte, dobbiamo sempre più unire il popolo centrista che chiede partecipazione attiva, condivisione delle proposte e unione.
Negli ultimi 26 anni abbiamo assistito alla nascita di nuovi contenitori sulla base di una leadership forte ma di un pensiero politico debole. Se il centro non vuole fallire deve avere un pensiero politico forte, una leadership diffusa forte e un programma di governo unitario, partecipato e condiviso dalla base.

Se volete partecipare alle discussioni usate hashtag: #ForumalCentro.