Di Leonardo Gaddini.
Quella tra Armenia e Azerbaijan è una questione mai risolta. Dal 1988, infatti, le tensioni tra i 2 Paesi vanno avanti e fin ora hanno portato a 2 guerre nella regione del Nagorno-Karabakh. La regione è sotto il controllo del Governo azero, ma è abitata da sempre da persone di etnia armena, che parlano regolarmente l'armeno e che sono di fede cristiana. Queste profonde differenze e le discriminazioni subite dal regime azero hanno portato la popolazione locale a votare, il 10 Dicembre 1991, a favore di un referendum per l'indipendenza che ha sancito a larghissima maggioranza la nascita di un nuovo Stato, la Repubblica di Artsakh. Questa decisione fece esplodere il conflitto che scaturì nella "1ª guerra del Nagorno-Karabakh", che durò fino al 1994, provocando più di 18.000 morti e numerosi feriti e dispersi da entrambi i lati. Alla fine dopo 6 anni di dure lotte tutte e 3 le parti del conflitto firmarono, nella capitale del Kyrgyzstan (che fece da mediatore), il Protocollo di Bishkek, che prevedeva un cessate il fuoco e che congelò la situazione.
Il Protocollo negli anni a venire è
stato violato più volte da entrambe le parti con varie provocazioni,
dimostrazioni di forza e incursioni militari nei territori contesi. Così le
tensioni tra i 2 Paesi sono via via aumentate, fino a esplodere il 27 Settembre
2020 quando è iniziata la "2ª Guerra di Nagorno-Karabakh". Il
conflitto durato per 44 giorni è stato caratterizzato da un ampio uso di droni
e di armi di ultima generazione, come sensori, artiglieria pesante a lungo
raggio, attacchi missilistici, ecc... e ha provocato circa 7.000 vittime (oltre
che innumerevoli feriti e sfollati). La guerra si è conclusa il 10 Novembre e
stavolta (a differenza della 1ª dove le forze armene avevano prevalso) ha visto
la netta vittoria dell'esercito azero che, armato di tutto punto dalla Turchia e
con l'aiuto dei mercenari siriani pro-Assad, ha ripreso il controllo su
tutta una serie di territori strategici al confine, come i distretti di Agdam,
di Kalbajar e di Lachin.
Nonostante il cessate il fuoco
stipulato dalle parti del conflitto con la mediazione della Russia,
le tensioni non sono di certo diminuite. A causa della pesante sconfitta in
Armenia c'è stato un tentativo di colpo di stato militare che però Nikol Pashinyan,
il Primo Ministro (democraticamente eletto), è riuscito a sventare. E poi nuovi
problemi sono iniziati proprio nel distretto di Lachin. Proprio in quella zona
di tensione, infatti, c'è un corridoio di estrema importanza per tutta la
popolazione della regione, chiamato appunto "la
strada della vita", perchè è l’unica a collegare il
Nagorno-Karabakh all’Armenia ed è anche l’unica via per trasportare cibo,
medicine e beni di prima necessità.
Il corridoio però è stato chiuso il 12
dicembre scorso dalle forze azere e dal 15 giugno gli armeni che vivono in quei
territori non hanno ricevuto nessun tipo di rifornimento. Presto in tutto il
territorio del Nagorno-Karabakh hanno
iniziato a mancare i generi di prima necessità. Il regime
azero, guidato col pugno di ferro dal 2003 dal dittatore İlham Əliyev, ha volontariamente
cercato di far morire di fame e di malattie l’intera popolazione armena che
vive in quel fazzoletto di terra da sempre.
Secondo l’ufficio dei diritti umani
del Nagorno-Karabakh la popolazione soffre di
carenza di vitamine e le persone aspettano ore e ore per riuscire a recuperare
del pane spesso facendo la fila per tutta la notte. Giorni fa le autorità
locali hanno riferito che un abitante di 40 anni è
morto di fame specificando che l’uomo era morto di
malnutrizione cronica e carenza di proteine ed energia. L'ex-procuratore capo
della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo ha
definito il blocco illegale della strada da parte delle forze di sicurezza
azere come un tentativo di genocidio. In questi mesi poi il
blocco del corridoio è stato accompagnato da numerose violazioni
dei diritti umani perpetrate
dall'esercito azero. Il 29 luglio, i servizi della frontiera
azera hanno rapito e detenuto Vagif Khachatryan,
un civile che doveva essere trasferito in Armenia dal Comitato Internazionale
della Croce Rossa per ricevere delle cure mediche che così gli sono state
illegalmente sottratte. Finalmente, dopo mesi di abusi e di violazioni dei
più basilari diritti umani, il 10 Settembre, il Governo dell’Azerbaijan ha
trovato un accordo con le autorità armene per riaprire al traffico della
strada della vita, permettendo così il rifornimento di cibo, acqua, medicinale
e beni di prima necessità alla popolazione locale, decretando così la fine
(almeno in teoria) dell'embargo illegale.
Vista l'ennesima provocazione del
regime azero, il Governo armeno ha deciso di modificare la sua politica estera
per cercare di mettere al riparo la popolazione da future aggressioni. Il Primo
Ministro Pashinyan infatti sta cercando di staccare l'Armenia dalla Russia da
cui era stata fino a oggi dipendente sia dal punto di vista economico e che
militare e di avvicinarsi all'Occidente. Il Governo armeno ha capito l'errore
fatto a legarsi negli anni al Cremlino, visto che questo l'ha
isolata dall'Europa e l'ha resa più povera e vulnerabile, infatti
la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le pesanti concessioni
territoriali fatte in favore dell'Azerbaijan proprio su spinta di Mosca e
l'inerzia russa durante la crisi del corridoio di Lachin (le così dette forze
di pace russe presenti nella regione non sono mai intervenute per cercare di
rimuovere il blocco azero).
Lunedì scorso, infatti, l’Armenia ha lanciato le sue prime esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti d'America e ha inviato aiuti umanitari in Ucraina, nonostante le minacce ricevute dal Cremlino. Come risposta alle pressioni russe il Governo armeno ha ritirato il suo rappresentante dalla CSTO (organizzazione militare fondata dalla Russia in chiave anti-NATO) e ha avviato le procedure parlamentari per ratificare lo Statuto di Roma per aderire alla Corte Penale Internazionale (che aveva spiccato mandato di arresto contro Putin per crimini di guerra). Con questi primi passi verso Occidente l'Armenia spera di guadagnare un supporto internazionale maggiore per difendersi più efficacemente dalle provocazioni e dagli attacchi azeri, questione della massima importanza per Yerevan, visto che nelle ultime settimane l'Azerbaijan ha aumentato i militari al confine e una nuova aggressione sembra imminente.
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