di Valeria Frezza
Le donne sono state protagoniste dell'immigrazione straniera in Italia sin dai suoi esordi, eppure la loro specifica condizione è stata a lungo trascurata: assimilata a quella degli uomini o identificata con ruoli marginali, passivi e stereotipati.
La storia dell'immigrazione femminile in Italia parla di donne dinamiche, autonome nei loro percorsi e protagoniste delle loro vite ma schiacciate su posizioni subalterne che le espongono a meccanismi di discriminazione.
Tale è la condizione occupazionale, i ruoli non sono svantaggiati ma anche rigidamente predeterminati, i quali ne riducono sia le opportunità occupazionali sia la mobilità sociale e la visibilità nel mondo del lavoro e della vita collettiva.
Nel 2021 le donne straniere residenti in Italia risultano il 50,9%, e scendono al 42% tra gli occupati ed il 52,5% tra i disoccupati. Tra le lavoratrici regolari, quasi 9 su 10 sono occupate nei servizi e le altre sono collaboratrici domestiche, impiegate alle pulizie. Nonostante siano più istruite degli uomini, le immigrate hanno meno possibilità di trovare un lavoro coerente con i propri titoli e sono più esposte a part-time involontario. Percepiscono una retribuzione media mensile di appena 897 euro al mese (-27% rispetto agli uomini stranieri). La condizione di madre acuisce l'esclusione dal lavoro anche e soprattutto tra immigrate. Anche la mancanza di attribuzione della cittadinanza favorisce discriminazioni ed esclusione sociale.
Fonte: integrazionemigranti.gov.it
Nessun commento:
Posta un commento