domenica 20 novembre 2022

La guerra delle targhe

Di Leonardo Gaddini. 

Dal 20 settembre 2021 dopo la decisione del governo del Kosovo di vietare l'utilizzo delle targhe serbe nel nord del Paese è iniziata una serie di proteste della minoranza di etnia serba, consistenti principalmente nel blocco del traffico vicino ai valichi di frontiera. Questo divieto comporta che le persone residenti in Kosovo che possiedono veicoli con targhe serbe avrebbero dovuto cambiarle con le targhe kosovare recanti la sigla “RKS” (Repubblica del Kosovo) presso un centro governativo di immatricolazione dei veicoli. Tale divieto è stato fatto come risposta al divieto del governo serbo contro le targhe kosovare in vigore dal 2008. Questo perchè la Serbia non ha mai riconosciuto l'indipendenza del Kosovo e considera temporaneo il confine tra Kosovo e Serbia.

Le proteste purtroppo hanno causato il peggioramento delle relazioni diplomatiche tra Serbia e Kosovo, che negli ultimi anni erano un po' migliorate. Fin dall'inizio le proteste organizzate dai serbi contro il governo kosovaro sono state molto violente. Per questo motivo la polizia speciale kosovara è stata inviata subito sul posto con oltre 20 veicoli di cui più di 10 blindati. Centinaia di serbi hanno iniziato a bloccare le strade che portavano ai 2 valichi di frontiera con la Serbia nel nord del Kosovo con veicoli e barricate rinforzate con ghiaia. Il 23 settembre il blocco del traffico veicolare sulla strada Mitrovica–Raška a Jarinje ha raggiunto i 3km di lunghezza. I manifestanti dormivano vicino ai luoghi della protesta in tende improvvisate. Il 25 settembre, poi 2 centri governativi di immatricolazione dei veicoli a Zvečan e Zubin Potok sono stati messi a fuoco da piromani con bombe a mano. 

Le proteste in corso hanno spinto poi le autorità serbe ad aumentare la presenza militare e delle loro forze armate al confine con il Kosovo, l'esercito serbo ha iniziato a trasportare attrezzature militari nell'area di confine, compresi aerei da combattimento, elicotteri e carri armati. Il Primo Ministro del Kosovo Albin Kurti ha accusato la Serbia di incitare e sostenere gli attacchi agli edifici governativi e di sfruttare i cittadini del Kosovo per provocare un grave conflitto internazionale. I gruppi di manifestanti sono stati descritti dal Ministero dell'Interno del Kosovo come contenenti elementi terroristici. Oltre a ciò la Russia ha aumentato la pressione, dopo aver criticato la condotta del Governo kosovaro, alcuni diplomatici russi insieme al Ministro della Difesa serbo Nebojša Stefanović hanno fatto un'ispezione alle forze serbe nella base militare di Rudnica che si trova a pochi km dal confine con il Kosovo e poi la Russia ha dispiegato forze di difesa aerea in Serbia per un'esercitazione militare congiunta chiamata "Slavic Shield 2021" per praticare azioni antiaeree. In risposta a ciò la "Kosovo Force" (KFOR), una forza internazionale di mantenimento della pace nella regione guidata dalla NATO, ha aumentato il numero e la durata dei suoi pattugliamenti. L'aumento è stato più notevole vicino ai valichi di frontiera, dove i veicoli blindati si sono spostati vicino ai blocchi dei manifestanti.

Il 30 settembre Kosovo e Serbia sono riuscite ad arrivare a un accordo grazie anche alla mediazione dell'Unione Europea a Bruxelles, grazie a ciò la polizia speciale kosovara si è ritirata entro le 16:00 del 2 ottobre e i blocchi del traffico e le barricate allestite dai manifestanti serbi sono state rimosse riattivando così il traffico di frontiera. I simboli e i codici nazionali delle targhe sono stati coperti da un adesivo temporaneo. La KFOR ha sostituito le unità di polizia ed è stata presente per le 2 settimane successive per garantire l'attuazione dell'accordo. L'accordo prevedeva sia l'abrogazione del divieto delle targhe serbe in Kosovo, ma anche la conseguente abrogazione al divieto delle targhe kosovare in Serbia. L'accordo era inteso da entrambe le parti, come una soluzione temporanea. Subito dopo infatti si è formato un gruppo di lavoro per cercare di trovare una soluzione permanente in conformità con gli standard dell'UE, entro 6 mesi, i negoziatori e le delegazioni avrebbero dovuto presentare le loro proposte per la soluzione permanente, ma alla scadenza l'accordo non era ancora raggiunto, quindi il termine è stato prorogato. 

Negli ultimi mesi però il malcontento è esploso di nuovo. I leader della Lista Serba, la principale forza politica dei serbi del Kosovo, strettamente collegata al governo di Belgrado, hanno annunciato le dimissioni di tutti i cittadini di etnia serba che rivestono cariche istituzionali dalle istituzioni politiche, giudiziarie e dalla polizia del Kosovo. Il giorno successivo, i sindaci dei 4 comuni del nord del Kosovo, a maggioranza serba, si sono dimessi, mentre molti membri di etnia serba della polizia e delle autorità giudiziare kosovare hanno abbandonato divisa e incarichi. Questa decisione è stata presa in risposta alla decisione del Governo di Pristina di costituire l’Associazione dei Comuni a maggioranza serba del Kosovo, un organo previsto dagli accordi di Bruxelles firmati da Belgrado e Pristina nel 2013. Dopodichè le proteste per le strade sono riprese. La decisione dei serbi ha innescato una serie di reazioni. Kurti ha invitato i serbi del Kosovo alla calma, sottolineando come il governo di Pristina non sia contro di loro. Kurti ha inoltre accusato di nuovo il governo di Belgrado di imporre la decisione ai serbi del Kosovo, mettendo in atto un tentativo di destabilizzazione del Kosovo in accordo con la Russia di Vladimir Putin. L’UE ha invitato entrambe le parti ad evitare una nuova escalation e a trovare il prima possibile la soluzione definitiva al problema delle targhe. La missione della NATO in Kosovo, intanto, ha fatto sapere di monitorare la situazione e di essere in contatto con entrambe le parti.

Il governo kosovaro, dopo che la Serbia non ha rispettato l'obbligo di abrogazione del divieto delle targhe Kosovare, aveva ripristinato dal 1 novembre l’obbligo per i serbi-kosovari di esporre sulla propria vettura la nuova targa RKS. Tale scadenza è però stata rinviata una seconda volta da Kurti, che ha annunciato che la re-immatricolazione verrà portata avanti per gradi e l’obbligo definitivo di cambio targa arriverà solo il 21 aprile del prossimo anno. Inizialmente e fino al 21 novembre i conducenti di auto con le targhe interessate dalla misura verranno solo notificati con una lettera rilasciata dalla polizia, mentre in una seconda fase fino al 21 gennaio saranno multati, fino all’obbligo definitivo entro il 21 aprile. Nonostante il rinvio, il rilascio delle prime notifiche ha scatenato le reazioni dal lato serbo. Mentre diversi veicoli con targa RKS sono stati dati alle fiamme nel nord del Kosovo, con chiaro intento intimidatorio verso i serbi pronti ad accettare la nuova legge kosovara, il direttore regionale della polizia del Kosovo che copre i comuni del nord, Nenad Đurić, ha annunciato la decisione di non attuare la legge del governo. Una dichiarazione che, inevitabilmente, ha portato alla sua sospensione dall’incarico, con conseguenti proteste della Lista Serba. 

Questa crisi che può sembrarci di poco conto visto che è legata a delle targhe, ma in realtà non lo è affatto. La Serbia sta aumentando sempre di più la presenza di militare al confine e il Governo nazionalista di Belgrado è da sempre fortemente contrario all'indipendenza del Kosovo che considera alla pari di una sua regione. Il Capo di Stato Maggiore del Presidente del Kosovo, Blerim Vela, ha accusato il governo serbo di inondare i media di fake news. La situazione è molto tesa e basta una scintilla per far scoppiare una nuova sanguinosa guerra nei Balcani come quelle degli anni '90. Il Governo italiano pare non interessarsi troppo della vicenda, considerando forse più importanti i rave party, ma in realtà dovrebbe essere in prima linea, non solo per la vicinanza geografica dei nostri Paesi, ma anche perchè il contingente NATO in Kosovo è composto in maggioranza da militari italiani che se le cose dovessero peggiorare rischierebbero la loro vita.

Nessun commento:

Posta un commento