Catherine Samba-Panza fu la prima donna presidente nella storia della Repubblica Centrafricana e fu chiamata a guidare il governo di transizione che doveva pacificare il paese (in balia di un conflitto civile). Il suo primo atto di rilievo fu la nomina del nuovo primo ministro André Nzapyeké, esperto di lungo corso di finanza ed ex segretario generale della Banca di sviluppo africana. Intanto l’Onu diede il via libera ad una missione europea di peacekeeping.
Gli Stati Uniti riposero grandi aspettative nella neoeletta capo di Stato e agirono con azioni mirate contro coloro che intendevano destabilizzare il Paese.
Anche la Francia ebbe grande fiducia in lei e schierò a Bangui le proprie truppe chiedendo a più riprese al Consiglio di Sicurezza di prendere in considerazione la possibilità di coordinare un intervento per fermare un possibile genocidio. Già sindaco di Bangui dal 2011, Samba-Panza aveva assicurato che sarebbe stata "la presidente di tutti i centrafricani, nessuno escluso". A lei, spettò il difficile compito di riavvicinare le anime contrapposte del paese, oltre che di riavviare la macchina politico-amministrativa statale che, con lo stop forzato a causa della guerra civile, stava causando danni ingenti ad un sistema socio-economico già tra i più fragili e poveri del mondo.
Dovette far rientrare migliaia di sfollati nei propri villaggi per riprendere un’esistenza quanto più "normalizzata" possibile, dopo quella vissuta al limite della sopravvivenza grazie agli aiuti umanitari delle organizzazioni non governative internazionali.
L’obiettivo non era affatto scontato, soprattutto a fronte del rischio concreto di un’ingerenza estera magari giustificata dalla cosiddetta responsabilità di proteggere.
Infatti, furono le stesse Nazioni Unite ad affermare che ”nella Repubblica del Centrafrica potevano esserci, senza dubbio, tutti gli elementi per parlare di genocidio” alla stregua di quanto avvenne nel Ruanda e in Bosnia.
Dal 24 marzo del 2013, da quando il regime del presidente François Bozizé fu rovesciato dalle milizie della coalizione ribelle Seleka guidata da Michel Djotodia, il Centrafrica rimase scosso da violenze e razzie di estrema brutalità.
Gli Stati Uniti riposero grandi aspettative nella neoeletta capo di Stato e agirono con azioni mirate contro coloro che intendevano destabilizzare il Paese.
Anche la Francia ebbe grande fiducia in lei e schierò a Bangui le proprie truppe chiedendo a più riprese al Consiglio di Sicurezza di prendere in considerazione la possibilità di coordinare un intervento per fermare un possibile genocidio. Già sindaco di Bangui dal 2011, Samba-Panza aveva assicurato che sarebbe stata "la presidente di tutti i centrafricani, nessuno escluso". A lei, spettò il difficile compito di riavvicinare le anime contrapposte del paese, oltre che di riavviare la macchina politico-amministrativa statale che, con lo stop forzato a causa della guerra civile, stava causando danni ingenti ad un sistema socio-economico già tra i più fragili e poveri del mondo.
Dovette far rientrare migliaia di sfollati nei propri villaggi per riprendere un’esistenza quanto più "normalizzata" possibile, dopo quella vissuta al limite della sopravvivenza grazie agli aiuti umanitari delle organizzazioni non governative internazionali.
L’obiettivo non era affatto scontato, soprattutto a fronte del rischio concreto di un’ingerenza estera magari giustificata dalla cosiddetta responsabilità di proteggere.
Infatti, furono le stesse Nazioni Unite ad affermare che ”nella Repubblica del Centrafrica potevano esserci, senza dubbio, tutti gli elementi per parlare di genocidio” alla stregua di quanto avvenne nel Ruanda e in Bosnia.
Dal 24 marzo del 2013, da quando il regime del presidente François Bozizé fu rovesciato dalle milizie della coalizione ribelle Seleka guidata da Michel Djotodia, il Centrafrica rimase scosso da violenze e razzie di estrema brutalità.
In questo instabile e difficile contesto il parlamento centrafricano cerco di trovare l’accordo per portare il paese al più presto al voto, nel tentativo di avviare un percorso verso la stabilità, la democrazia ed un passo importante verso una possibile riconciliazione
delle parti.
In occasione della visita di Papa Francesco a Bangui, finalizzato all'apertura della Porta Santa per il Giubileo della Misericordia, la presidente chiese perdono a nome di tutta la classe dirigente del paese, ma anche di "tutti coloro che hanno contribuito in qualche modo alla sua discesa agli inferi, confesso tutto il male che è stato fatto qui, abomini commessi in nome della religione da parte di persone che si definiscono credenti" [cit.]
"La vostra presenza [rif. Papa Francesco] è vista come una vittoria della fede sulla paura, sull'incredulità ed una vittoria della compassione e della solidarietà della Chiesa universale" [cit.]
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