sabato 24 ottobre 2020

Abbattiamo il duopolio!

Articolo di Leonardo Gaddini 


Dagli anni '90 del secolo scorso la scena politica del nostro Paese è stata caratterizzata dal "bipolarismo", inteso come contrapposizione di Destra conto Sinistra. Inizialmente questo nuovo assetto politico era stato accolto con grande entusiasmo dagli elettori, che lo vedevano come una netta rottura rispetto alle coalizioni che avevano governato in passato (Quadripartito, Pentapartito, ecc...). Molti costituzionalisti tessevano le lodi della "teoria dell'alternanza" secondo cui l'alternarsi di Destra e Sinistra al Governo è un evidente segnale di democraticità di un Paese. Infatti quanto più tale evento si verifica in modo non sistematico, ma ripetuto nel tempo, tanto più la Democrazia appare godere di buon funzionamento. C'era poi la convinzione che quest'alternanza avrebbe evitato episodi di corruzione e avrebbe garantito la crescita del Paese (come in USA, UK, ecc...). 

  
Col passare del tempo però questa contrapposizione continua non ha fatto venir fuori il meglio dei due "poli", come gli elettori speravano, bensì il peggio. Oggi la decadenza di questo Sistema è sotto gli occhi di tutti. Il bipolarismo ha infatti prodotto un'estremizzazione dei toni e dei contenuti che sta portando all’imbarbarimento della vita nazionale, alla personalizzazione della politica e alla sua degenerazione trasformista. Tutto ciò avvenuto col grande aiuto dei mass media che, invece di svolgere la loro funzione di "watchdog" del Potere denunciando per tempo il declino, hanno gettato benzina sul fuoco, facendo di tutto per inasprire lo scontro. 

Negli ultimi anni la situazione si è aggravata da quando abbiamo un inquietante bipolarismo "illiberale", con il M5S come arbitro della coalizione di Governo, il fatto che sia indifferente per loro governare con la Lega o col PD è infatti il segnale lampante della crisi anche morale della nostra Politica. Questa bipolarizzazione fraudolenta del quadro politico impone uno schema per cui la polarizzazione dei voti porta alla radicalizzazione delle posizioni, non alla creazione di grandi partiti plurali, ma di “entità” frammentarie e grumose, tanto "impolitiche" sul piano dei contenuti quanto scatenate nella difesa dei propri spazi di potere, basti vedere come recentemente i Partiti abbiano mutilato senza battere ciglio la nostra Costituzione appoggiando il "sì" al taglio dei parlamentari, solo per avere qualche voto in più. 

L'attuale bipolarismo italiano vede contrapporsi a Destra un fronte Sovranista ed euroscettico dominato dalla coppia Salvini&Meloni, con Forza Italia e gruppetti autodefinitosi "centristi" (Cambiamo!UDC, ecc...) che proni subiscono ogni proposta dell'estrema Destra, anche se dannosa (come l'aumento spropositato del debito) o addirittura contraria allo Stato di Diritto (come il voler lasciare in mare persone che scappano dagli orrori della guerra) per mantenere la poltrona. A Sinistra invece troviamo la triade PD-M5S-LeU (o quel poco che ne resta) che stanno propinando un ritorno al Socialismo reale e al giustizialismo che la Sinistra italiana sembrava ormai aver abbandonato e qualche Partito LibDem che fatica a far sentire la propria voce.

La lotta tra questi poli, benchè abbia toni molto accesi, sembra però più uno scontro di Wrestling, perchè in realtà, se analizziamo la visione socio-economica delle due coalizioni, ci appare molto simile. Entrambe infatti vogliono più deficit, più debito e più flessibilità dall'UE. Entrambe vedono nelle nazionalizzazioni la soluzione alle crisi aziendali e si oppongono a ogni tentativo di liberalizzazione o a una maggior concorrenza (elemento fondamentale per una vera crescita economica). Entrambe mettono lo Stato e il collettivo al di sopra dell'individuo ed entrambe non disdegnano un ricorso a misure paternaliste e al nazionalismo per aumentare i propri consensi. Insomma loro si comportano come due grandi imprese che operando in condizioni di duopolio, senza avere lo stimolo della concorrenza, prendono decisioni che danneggiano i consumatori. Per far uscire l'Italia dalla grave situazione economica in cui si trova e farla tornare a crescere serve ben altro. 

Serve una nuova proposta Politica, non solo equidistante, ma anche completamente alternativa rispetto all'offerta attuale. Un soggetto politico che potrebbe nascere inizialmente anche dalla federazione di soggetti già esistenti e che si definiscono Liberali o Popolari, questi Partiti però devono avere il coraggio di fare un salto nel buio, devono abbandonare le coalizioni dove oggi si trovano e unirsi superando personalismi e antichi strascichi che vanno avanti da troppo tempo. Ovviamente poi questo sforzo dovrà essere accompagnato dalla stesura di un programma politico responsabile e innovativo, che riesca a riunire i principi fondamentali di quest'area centrista tra cui: libertà e crescita economica, tutela della persona, libertà dell'individuo, sussidiarietà, lotta allo statalismo, riduzione del debito pubblico e della pressione fiscale e federalismo europeo. 

L'occasione giusta per rinnovare lo spettro politico nazionale potrebbe essere vicina. Infatti, nel mese di Giugno, ci saranno le elezioni amministrative in 1.342 Comuni, tra cui città importanti come: Roma, Torino e Napoli. In queste città dovrebbero nascere coalizioni o liste centriste (anche puntando molto sul civismo) con un programma concreto e un candidato unitario, completamente alternativi all'offerta politica attuale, ciò potrebbe essere un buon primo passo per abbattere questo dannoso duopolio che da troppo tempo ormai sta distruggendo il nostro Paese.  


giovedì 22 ottobre 2020

La mobilità sociale è una questione di "genere"? #DonnealCentro

 di Valeria Frezza

Che rapporto c’è tra il genere e la mobilità sociale? Essere uomini o essere donne come incide, nella nostra società, sul rapporto tra capacità e opportunità? Insomma, possiamo sostenere che, se una persona ha certe capacità, che sia uomo o sia donna, abbia le stesse opportunità di esprimerle e realizzarsi? Al confronto sulla mobilità sociale, sembra importante domandarsi che rapporto ci sia tra i ruoli di genere, i codici affettivi maschili e femminili e le dinamiche di potere come barriere alla mobilità sociale. L’esclusione delle donne dalle opportunità è ampiamente documentata e la disuguaglianza tra uomini e donne nei percorsi di autorealizzazione è diffusa ad ogni livello della nostra società. Un buon punto di partenza consiste nel chiedersi quali e quanti siano i costi dell’esclusione femminile. Si tratta di costi economici e sociali, personali ed etici. Non valorizzare gli investimenti in istruzione e formazione delle donne è uno dei costi principali; la non accoglienza delle caratteristiche distintive degli stili femminili nei luoghi di lavoro vuol dire perdere la possibilità di creare relazioni e processi in grado di valorizzare le differenze. A proposito di mobilità sociale servono concrete strategie per creare le condizioni per l’uguaglianza delle opportunità e per un’espressione plurale di stili e codici differenti (maschili e femminili).
"Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall’afflusso verso l’alto degli elementi migliori di tutte le classi e di tutte le categorie. Ogni classe, ogni categoria deve avere la possibilità di liberare verso l’alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi possa , transitoriamente, per quel concedere a ciascuno di noi di contribuire a portare il suo lavoro e le sue migliori qualità personali al progresso della società.
Cito Calamandrei: "A questo deve servire la democrazia, permettere ad ogni uomo (e donna, aggiungo io)  di avere la sua parte di sole e di dignità. Ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento necessario del suffragio universale. La scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso politico, perché solo essa può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali.
La scuola è aperta a tutti. I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Questo è l’articolo più importante della nostra Costituzione. Bisogna rendersi conto del valore politico e sociale di questo articolo.
La scuola è l’espressione di un altro articolo della Costituzione: dell’art. 3: “Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali”. E l’art. 151: “Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”. Di questi due articoli deve essere strumento la scuola di Stato, strumento di questa eguaglianza civica, di questo rispetto per le libertà di tutte le fedi e di tutte le opinioni […]".
Nel nostro Paese, bambine, bambini, adolescenti e donne rischiano più che in tutti gli altri Paesi europei di subire esclusione sociale.
Le donne sperimentano forme di esclusione gravi e gravissime; per questo l'affermazione dei diritti delle donne rappresenta una priorità e necessita di provvedimenti urgenti.


domenica 11 ottobre 2020

Un voto per la Democrazia - Gruppo "Affari Esteri"

Di Leonardo Gaddini

Il prossimo 18 Ottobre si terranno le elezioni presidenziali in Bolivia, indette in conseguenza delle proteste di piazza che, nel novembre 2019, avevano determinato la caduta di Evo Morales, uscito vincitore alle scorse elezioni. L'esito elettorale era stato contestato dalle opposizioni, in ragione dei brogli che sarebbero stati commessi nel corso dello spoglio, questo perchè le prime proiezioni davano a Morales un vantaggio minore rispetto ai 10 punti percentuali richiesti dalla legge elettorale per vincere subito al primo turno, evitando così il ballottaggio, ma il Presidente durante la notte, con lo spoglio ancora in corso, ha dichiarato di avere un vantaggio superiore ai 10 punti e di aver quindi vinto le elezioni. Inoltre, secondo la Costituzione vigente, Morales non avrebbe potuto candidarsi per un terzo mandato consecutivo, ma aveva ottenuto il via libera alla ricandidatura grazie a una controversa decisione del Tribunale Supremo Elettorale

Migliaia di persone sono così scese in piazza per protestare per giorni, la situazione è degenerata quando a La Paz, schede elettorali votate a favore di Morales e materiale elettorale sono state trovate nelle mani di persone che non erano funzionari del tribunale elettorale. Dopo questo avvenimento molte più persone hanno iniziato a protestare e la polizia ha usato le "maniere forti" per ristabilire l'ordine, questo però ha avuto come unico effetto l'aumento del malcontento popolare. Dopo giorni e giorni di sommosse ci fu l'ammutinamento di molti reparti della polizia che erano contrari all'uso della violenza contro civili inermi. Ciò ha fatto sì che i generali dell'esercito facessero pressioni, costringendo Morales alle dimissioni e all'esilio. Successivamente, la rappresentante delle opposizioni Jeanine Áñez, è stata nominata presidente ad interim. Nel Gennaio 2020, il Tribunale Supremo Elettorale ha indetto le nuove elezioni presidenziali e parlamentari per il successivo 3 Maggio, poi rinviate al 18 Ottobre a causa della pandemia di COVID-19.

Evo Morales è stato ininterrottamente Presidente dal 2005 al 2019. In questi anni ha personalizzato la politica boliviana accentrando il potere sempre di più nelle sue mani. Morales salì in politica nel 1997 l'anno in cui fondò il suo Partito "MAS", prima infatti lui era un semplice sindacalista di umili origini (deriva infatti da una famiglia indios), da quel momento in poi la sua ascesa è stata repentina. Già nei primi anni 2000, infatti, il suo Partito divenne uno dei più importanti del Paese, tanto da arrivare nel 2005 a diventare il primo presidente indios della storia della Bolivia, probabilmente questo successo fu dovuto all'appoggio che Morales ebbe da parte del Foro di San Paolo, un'organizzazione internazionale che finanzia e supporta movimenti di estrema-Sinistra (ne fanno parte anche i Partiti di Maduro, Lula e Kirchner). Da allora la sua presidenza è andata avanti con: da un lato misure autoritarie per aumentare i suoi poteri (come la sua riforma Costituzionale del 2006 che ha aumentato i suoi poteri) e dall'altro misure socialiste e paternaliste atte a ingraziarsi la popolazione. 

Il problema del Populismo è che i soldi degli altri prima o poi finiscono, infatti i problemi sono arrivati presto, le misure economiche stataliste hanno portato l'economia boliviana (che già non stava molto bene) sull'orlo del baratro. Morales nei primi anni ha elargito sussidi (specialmente agli indios), ha fissato un reddito minimo per i lavoratori e ha nazionalizzato aziende, tra cui tutte le imprese del gas (il settore economico più importante). Per permettersi tutto ciò (oltre che alzare le imposte sulla produzione) è ricorso all'indebitamento e alla svalutazione della moneta e ha aumentato i dazi per i prodotti stranieri. Morales poi ha teso rapporti proficui con altre dittature a lui affini (come Venezuela, Russia e Cina), ha fatto sì che la Bolivia uscisse da ogni trattato internazionale sul libero commercio e ha "chiuso un occhio" sulle attività di produzione e spaccio di cocaina. Morales ha fatto tutto ciò avendo a disposizione molti mass media, che sono quasi tutti controllati (direttamente o indirettamente) dal Governo, così come la magistratura e le cosiddette autorità "indipendenti" (che sono di nomina governativa).  
 
In questo contesto di grande tensione il popolo boliviano sarà chiamato di nuovo a eleggere il proprio Presidente della Repubblica, i candidati che alla fine si sfideranno per il ruolo sono 7: 
  • Luis Alberto Arce Catacora, è il candidato del MAS (Movimento per il Socialismo), il Partito dell'ex-Presidente Morales, di cui era stato Ministro dell'Economia. Nonostante tutto ciò che è successo Arce è considerato il favorito per la vittoria finale. I sondaggi infatti lo danno sul 37% circa. Arce è un candidato di estrema-Sinistra, si definisce "socialista del XXI secolo" e vuole portare avanti la politica di Morales. 
  • Carlos Diego Mesa Gisbert, è il candidato della coalizione "Comunità Civica", che ha come obiettivo il restaurare la LiberalDemocrazia e lo Stato di Diritto in Bolivia. La coalizione è composta da 3 Partiti: il "Fronte Rivoluzionario della Sinistra", un Partito SocialDemocratico di centro-sinistra, di cui lo stesso Mesa fa parte. "Sovranità e Libertà", un movimento Socialista moderato di Sinistra. E "Chuquisaca per Tutti", un movimento che rappresenta la minoranza indios. Mesa è l'anti-Arce, arrivato secondo già un anno fa contro Morales, il suo punto debole è l'essere già stato Presidente dal 2002 al 2004, anni di grave crisi economica (mal gestita), ma d'altro canto ha ricevuto recentemente l'endorsement della Presidente Áñez e del suo partito MDS (Movimento Democratico Sociale) un Partito Liberal-conservatore di centro-destra, che ha deciso di ritirarsi per evitare di disperdere i voti del fronte anti-Morales. I sondaggi lo danno intorno al 32% circa. 
  • Luis Fernando Camacho Vaca, è il candidato della coalizione "Noi Crediamo" composta da 2 Partiti: il PDC (Partito Democratico Cristiano) un Partito di Destra, cattolico e olto conservatore, di cui lo stesso Camacho fa parte. E il UCS (Unione Civica Solidarietà) un Partito di Destra, Populista e Nazionalista. Camacho è considerato il "terzo incomodo", viene definito dai media come il "Bolsonaro boliviano" per via del programma fortemente conservatore e per i modi di comunicazione. I sondaggi lo danno al 18% circa, ma è in costante crescita. 
  • Chi Hyun Chung, è il candidato de "Il Fronte per la Vittoria" un movimento di Destra, Nazionalista e Conservatore. I sondaggi lo stimano intorno al 6%, senza possibilità di vittoria.
  • Jorge Fernando Quiroga Ramirez, è il candidato della coalizione "Liberi 21" composto da 2 Partiti: MNR (Movimento Nazionalista Rivoluzionario), un Partito di centro-destra, Populista e conservatore. E MPS (Movimento per la Sovranità) un movimento di centro-sinistra, che rappresenta la minoranza indios e vuole difendere i loro diritti. I sondaggi lo stimano al 4% circa.
  • Maria de la Cruz Bayà, leader dell' "Azione Democratica Nazionalista" un Partito di Destra, Liberista, stimato dai sondaggi al 2% circa. 
  • Feliciano Mamani, leader del "Partito Azione Nazionale della Bolivia", un Partito di Sinistra radicale, comunista, stimato al 1% circa. 

L'esito finale delle elezioni è dunque molto incerto, l'unica sicurezza è che Domenica 18 in Bolivia non si voterà solo per eleggere un Presidente della Repubblica, ma il popolo boliviano sarà chiamato a decidere se confermare per i prossimi anni la dittatura e le sue scellerate politiche populiste, o optare per la Democrazia e il ripristino dello Stato di Diritto, invertendo così la rotta e poter sperare di tornare a crescere in futuro. Quale sarà la scelta dei boliviani? A questa domanda solo il tempo (e gli elettori) possono rispondere... sperando che stavolta siano rispettati i più basilari principi di democraticità del voto.

lunedì 5 ottobre 2020

#DonnealCentro L’incredibile storia di Taismary Aguero: dalla vittoria delle olimpiadi di pallavolo femminile alla “prigionia” a Cuba, dalla fuga per la libertà alla vita di oggi.

di Valeria Frezza


Taismary Aguero della pallavolo ne ha fatto una ragione di vita ma della libertà ne ha fatto un principio ancora più importante.
Nel giugno 2001 Tai è in Svizzera, a Montreux, per un tour europeo con la sua nazionale. Gli ultimi due anni sono stati antitetici: il primo, meraviglioso, a Perugia (così come lo era stato anche quello precedente), l’ultimo, da “reclusa”, a Cuba. Il governo non ha mantenuto la promessa che fece alle sue atlete, cioè di vincere le olimpiadi di Sidney e poi sarebbero state libere di giocare anche all’estero. Cuba vince le olimpiadi, ma non le viene concesso il permesso di uscire dalla sua terra natia. Nel capoluogo umbro la Aguero ha dimostrato di essere un fenomeno assoluto di questo sport, dentro e fuori il campo, stringe rapporti duraturi con compagne e tifosi, e due di queste amicizie saranno fondamentali nella vita di Tai: Anna Maria e Chiara.
in Svizzera, nell’albergo dove alloggia con le sue compagne di nazionale, Tai dice alle altre atlete che deve risalire in camera, invece la cubana non riapre la porta della sua camera ma prende un' uscita secondaria e ad aspettarla nel parcheggio, con il motore acceso,ci sono proprio Anna Maria e Chiara. Tai sale in macchina, si mette nei sedili posteriori, si rannicchia, si nasconde, spera. Fa finta di dormire. Sa che tra lei e l’Italia c’è una dogana. Ma alla dogana di Brogeda nessuno si accorge di lei e passa senza che vengano controllati i documenti. Dopo più di un anno torna in Italia, questa volta, però, per via della Bossi-Fini, da clandestina.
Una scelta difficile, sofferta, non senza conseguenze. Sa infatti che questa fuga, come quella medaglia olimpionica dell’estate precedente, ha due facce: una che parla di libertà, di poter girare tutto il mondo eccetto Cuba, che è l’altra faccia della medaglia; l'altra è invece un addio sofferto, alla patria, alla famiglia, a sua madre. A Cuba non potrà più rientrare. In Italia invece, la più forte giocatrice di pallavolo del mondo, durante l’estate del 2001, è una clandestina qualunque.
A risolvere questo problema ci pensa la sua amica, Anna Maria. Assumendola come cameriera e versandole i contributi fa di lei una regolare straniera nel suolo nostrano. Sarà possibile per Perugia tesserarla. Inizia così il nuovo show della cubana in giro per i palazzetti italiani. Nel capoluogo umbro la Despar vince due campionati, due Coppe Italia, una coppa Cev. Un altro livello.
Nel 2005 si sposa con il suo fisioterapista che la rende una cittadina italiana a tutti gli effetti. Nella pallavolo, al contrario del calcio, si può giocare per nazionali differenti nell’arco di una carriera. E Tai, sceglie l’Italia, dove ritrova anche il suo coach di Perugia, Massimo Barbolini.
In quell'anno l’Italia il 30 settembre diventa campione d’Europa. 



Dopo due mesi, ai campionati del mondo, arriva la sfida contro Cuba. Dopo un set in ombra a causa dell’emozione, la Aguero si sveglia. Punto su punto, senza mai esultare, porta l’Italia al successo. Ma quella partita riacutizza la voglia di tornare in patria, là dove c’è la sua famiglia, la sua mamma, che inizia ad avere problemi di salute. La sua meravigliosa Cuba, dove non è più la benvenuta


Pechino, 2010. La Aguero vola con la nazionale italiana per le olimpiadi. Il marito Alessio che invece può andare a Cuba va a controllare la salute della madre con un semplice visto da turista. Le condizioni della madre di Tai non sembrano preoccupare inizialmente, ma il 6 agosto inizia a peggiorare vistosamente di ora in ora. Così Tai fa la disperata richiesta per un visto, vuole rientrare al capezzale della madre. Prende un volo per Francoforte, aspetta li, in ambasciata, invano, per due giorni. Il visto non arriva. Sconfortata torna in Cina, pronta per scendere in campo, in delle condizioni psicofisiche al limite delle umane possibilità. Tuttavia appena scesa dall’aereo scopre che il tanto agognato visto è arrivato.
Mentre le azzurre vincono all’esordio, la Aguero è pronta per un nuovo viaggio, ancora Francoforte, poi Cuba. Poco prima di partire riceve un messaggio sul telefono, ma la batteria è scarica. Leggerà quell’sms scesa dall’aereo. È Alessio: “non tornare, tua mamma è morta”.
Dietro front a Pechino. Giocherà le olimpiadi e l’Italia, verrà eliminata ai quarti.
Quel visto, ormai concesso, lo userà giorni dopo, per tornare a Cuba, incontrare i parenti e la sua famiglia, ma non la sua amata madre. "La pallavolo per me è sempre stata la cosa più importante. Ma ora è passata al secondo posto, dopo mio figlio».
Dopo la nascita del figlio dice:
A 42 anni, in A2 Tai ha subito un infortunio molto grave: la rottura del tendine d’achille.
Recuperare da un infortunio di questa entità è un’impresa a ogni età, ma lo è doppiamente per un' atleta di 42 anni. Ma Tai è una vera combattente e tornerà a giocare quest'anno a Forlì.

Forza Tai!

giovedì 1 ottobre 2020

Guerra in Siria: la situazione oggi #AffariEsteri

 di Valeria Frezza

Nel marzo 2011 il governo siriano, guidato dal Presidente Bashar al-Assad, ha assistito ad una serie di proteste senza precedenti, a favore della democrazia nel Paese. I manifestanti chiedevano la fine del regime di Assad, che nel 2000 ha preso il posto del padre, Hafiz al Assad, in carica dal 1971. Per reprimere le manifestazioni, le autorità hanno fatto ampio uso di forze di polizia e militari, cercando di arginare con violenza le proteste.

Il movimento di protesta diventa una ribellione militarizzata e nel settembre 2011 le milizie ribelli organizzate erano regolarmente impegnate in combattimenti con le truppe governative nelle città intorno alla Siria. 

La crisi in Siria è ormai giunta al suo decimo anno.
Nel 2020 la situazione è cambiata e il governo siriano ha consolidato il controllo su vaste aree di territorio tra cui Homs, Ghouta orientale, Damasco meridionale e Daraa ma la situazione per i civili rimane estremamente instabile. Sono in corso conflitti e sfollamenti nei governatorati settentrionali, con il rischio di ulteriori escalation e insicurezza nel resto del Paese.

A fine 2019, nel nord-ovest del Paese si è verificato un aumento delle violenze, terminato con un cessate il fuoco voluto a febbraio 2020, mentre attacchi aerei, bombardamenti e combattimenti a terra si sono intensificati nelle aree oltre le linee di conflitto nord-occidentali, portando all'uccisione di centinaia di civili e allo sfollamento di più di 850.000 persone e impedendo la fornitura di aiuti umanitari a Hama settentrionale, Idlib meridionale e Aleppo occidentale.

Infrastrutture e servizi di base sono stati decimati dal conflitto, 6,2 milioni di sfollati interni, di cui 4.7 milioni sono bambini.tra le 250.000 e le oltre 400.000 persone sono state uccise e molte altre sono rimaste ferite. 5,6 milioni di siriani sono fuggiti dal loro paese e sono rifugiati.

Oltre 10 anni di conflitto in Siria hanno colpito più duramente coloro che sono meno responsabili: i bambini. Un numero imprecisato di minori è stato ucciso o ferito nel conflitto, ma si stima che sia tra le decine di migliaia. Molti bambini sono sotto shock o hanno subito un disagio psicologico a causa delle violenze e dell’insicurezza, sono stati separati dai genitori o hanno visto i propri cari morire. Molti hanno perso anni di istruzione, con 2,1 milioni di bambini che attualmente non vanno a scuola. La povertà e la disoccupazione create dal conflitto hanno eroso la stabilità familiare e costretto bambine e bambini, che in precedenza sarebbero stati a scuola, in lavori non sicuri e matrimoni precoci.

In questa situazione la pandemia di COVID-19 in Siria potrebbe portare ad una situazione disastrosa. Il primo caso di coronavirus è stato confermato a Damasco il 24 marzo 2020. Ad oggi i casi sono oltre 5.480. La prevenzione nel Paese è estremamente importante, poiché le capacità di risposta degli ospedali sono molto limitate. 

Ad esempio, nel nord-est della Siria, ci sono meno di 30 letti nell’unità di terapia intensiva, solo dieci ventilatori per adulti e un solo ventilatore pediatrico. Oppure a Idlib, dove risiedono quasi un milione di sfollati, sarebbe incredibilmente difficile controllare un'epidemia in condizioni di sovraffollamento e circondati dai combattimenti. 

Fonte: Save the children