domenica 11 ottobre 2020

Un voto per la Democrazia - Gruppo "Affari Esteri"

Di Leonardo Gaddini

Il prossimo 18 Ottobre si terranno le elezioni presidenziali in Bolivia, indette in conseguenza delle proteste di piazza che, nel novembre 2019, avevano determinato la caduta di Evo Morales, uscito vincitore alle scorse elezioni. L'esito elettorale era stato contestato dalle opposizioni, in ragione dei brogli che sarebbero stati commessi nel corso dello spoglio, questo perchè le prime proiezioni davano a Morales un vantaggio minore rispetto ai 10 punti percentuali richiesti dalla legge elettorale per vincere subito al primo turno, evitando così il ballottaggio, ma il Presidente durante la notte, con lo spoglio ancora in corso, ha dichiarato di avere un vantaggio superiore ai 10 punti e di aver quindi vinto le elezioni. Inoltre, secondo la Costituzione vigente, Morales non avrebbe potuto candidarsi per un terzo mandato consecutivo, ma aveva ottenuto il via libera alla ricandidatura grazie a una controversa decisione del Tribunale Supremo Elettorale

Migliaia di persone sono così scese in piazza per protestare per giorni, la situazione è degenerata quando a La Paz, schede elettorali votate a favore di Morales e materiale elettorale sono state trovate nelle mani di persone che non erano funzionari del tribunale elettorale. Dopo questo avvenimento molte più persone hanno iniziato a protestare e la polizia ha usato le "maniere forti" per ristabilire l'ordine, questo però ha avuto come unico effetto l'aumento del malcontento popolare. Dopo giorni e giorni di sommosse ci fu l'ammutinamento di molti reparti della polizia che erano contrari all'uso della violenza contro civili inermi. Ciò ha fatto sì che i generali dell'esercito facessero pressioni, costringendo Morales alle dimissioni e all'esilio. Successivamente, la rappresentante delle opposizioni Jeanine Áñez, è stata nominata presidente ad interim. Nel Gennaio 2020, il Tribunale Supremo Elettorale ha indetto le nuove elezioni presidenziali e parlamentari per il successivo 3 Maggio, poi rinviate al 18 Ottobre a causa della pandemia di COVID-19.

Evo Morales è stato ininterrottamente Presidente dal 2005 al 2019. In questi anni ha personalizzato la politica boliviana accentrando il potere sempre di più nelle sue mani. Morales salì in politica nel 1997 l'anno in cui fondò il suo Partito "MAS", prima infatti lui era un semplice sindacalista di umili origini (deriva infatti da una famiglia indios), da quel momento in poi la sua ascesa è stata repentina. Già nei primi anni 2000, infatti, il suo Partito divenne uno dei più importanti del Paese, tanto da arrivare nel 2005 a diventare il primo presidente indios della storia della Bolivia, probabilmente questo successo fu dovuto all'appoggio che Morales ebbe da parte del Foro di San Paolo, un'organizzazione internazionale che finanzia e supporta movimenti di estrema-Sinistra (ne fanno parte anche i Partiti di Maduro, Lula e Kirchner). Da allora la sua presidenza è andata avanti con: da un lato misure autoritarie per aumentare i suoi poteri (come la sua riforma Costituzionale del 2006 che ha aumentato i suoi poteri) e dall'altro misure socialiste e paternaliste atte a ingraziarsi la popolazione. 

Il problema del Populismo è che i soldi degli altri prima o poi finiscono, infatti i problemi sono arrivati presto, le misure economiche stataliste hanno portato l'economia boliviana (che già non stava molto bene) sull'orlo del baratro. Morales nei primi anni ha elargito sussidi (specialmente agli indios), ha fissato un reddito minimo per i lavoratori e ha nazionalizzato aziende, tra cui tutte le imprese del gas (il settore economico più importante). Per permettersi tutto ciò (oltre che alzare le imposte sulla produzione) è ricorso all'indebitamento e alla svalutazione della moneta e ha aumentato i dazi per i prodotti stranieri. Morales poi ha teso rapporti proficui con altre dittature a lui affini (come Venezuela, Russia e Cina), ha fatto sì che la Bolivia uscisse da ogni trattato internazionale sul libero commercio e ha "chiuso un occhio" sulle attività di produzione e spaccio di cocaina. Morales ha fatto tutto ciò avendo a disposizione molti mass media, che sono quasi tutti controllati (direttamente o indirettamente) dal Governo, così come la magistratura e le cosiddette autorità "indipendenti" (che sono di nomina governativa).  
 
In questo contesto di grande tensione il popolo boliviano sarà chiamato di nuovo a eleggere il proprio Presidente della Repubblica, i candidati che alla fine si sfideranno per il ruolo sono 7: 
  • Luis Alberto Arce Catacora, è il candidato del MAS (Movimento per il Socialismo), il Partito dell'ex-Presidente Morales, di cui era stato Ministro dell'Economia. Nonostante tutto ciò che è successo Arce è considerato il favorito per la vittoria finale. I sondaggi infatti lo danno sul 37% circa. Arce è un candidato di estrema-Sinistra, si definisce "socialista del XXI secolo" e vuole portare avanti la politica di Morales. 
  • Carlos Diego Mesa Gisbert, è il candidato della coalizione "Comunità Civica", che ha come obiettivo il restaurare la LiberalDemocrazia e lo Stato di Diritto in Bolivia. La coalizione è composta da 3 Partiti: il "Fronte Rivoluzionario della Sinistra", un Partito SocialDemocratico di centro-sinistra, di cui lo stesso Mesa fa parte. "Sovranità e Libertà", un movimento Socialista moderato di Sinistra. E "Chuquisaca per Tutti", un movimento che rappresenta la minoranza indios. Mesa è l'anti-Arce, arrivato secondo già un anno fa contro Morales, il suo punto debole è l'essere già stato Presidente dal 2002 al 2004, anni di grave crisi economica (mal gestita), ma d'altro canto ha ricevuto recentemente l'endorsement della Presidente Áñez e del suo partito MDS (Movimento Democratico Sociale) un Partito Liberal-conservatore di centro-destra, che ha deciso di ritirarsi per evitare di disperdere i voti del fronte anti-Morales. I sondaggi lo danno intorno al 32% circa. 
  • Luis Fernando Camacho Vaca, è il candidato della coalizione "Noi Crediamo" composta da 2 Partiti: il PDC (Partito Democratico Cristiano) un Partito di Destra, cattolico e olto conservatore, di cui lo stesso Camacho fa parte. E il UCS (Unione Civica Solidarietà) un Partito di Destra, Populista e Nazionalista. Camacho è considerato il "terzo incomodo", viene definito dai media come il "Bolsonaro boliviano" per via del programma fortemente conservatore e per i modi di comunicazione. I sondaggi lo danno al 18% circa, ma è in costante crescita. 
  • Chi Hyun Chung, è il candidato de "Il Fronte per la Vittoria" un movimento di Destra, Nazionalista e Conservatore. I sondaggi lo stimano intorno al 6%, senza possibilità di vittoria.
  • Jorge Fernando Quiroga Ramirez, è il candidato della coalizione "Liberi 21" composto da 2 Partiti: MNR (Movimento Nazionalista Rivoluzionario), un Partito di centro-destra, Populista e conservatore. E MPS (Movimento per la Sovranità) un movimento di centro-sinistra, che rappresenta la minoranza indios e vuole difendere i loro diritti. I sondaggi lo stimano al 4% circa.
  • Maria de la Cruz Bayà, leader dell' "Azione Democratica Nazionalista" un Partito di Destra, Liberista, stimato dai sondaggi al 2% circa. 
  • Feliciano Mamani, leader del "Partito Azione Nazionale della Bolivia", un Partito di Sinistra radicale, comunista, stimato al 1% circa. 

L'esito finale delle elezioni è dunque molto incerto, l'unica sicurezza è che Domenica 18 in Bolivia non si voterà solo per eleggere un Presidente della Repubblica, ma il popolo boliviano sarà chiamato a decidere se confermare per i prossimi anni la dittatura e le sue scellerate politiche populiste, o optare per la Democrazia e il ripristino dello Stato di Diritto, invertendo così la rotta e poter sperare di tornare a crescere in futuro. Quale sarà la scelta dei boliviani? A questa domanda solo il tempo (e gli elettori) possono rispondere... sperando che stavolta siano rispettati i più basilari principi di democraticità del voto.

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