Le recenti difficoltà del Libano sono iniziate nel 2019 con la grave crisi di liquidità che ha colpito il sistema bancario del Paese. A causa delle politiche scellerate del Governo dell'ex Primo Ministro Saad el-Din Rafik al-Hariri (leader del "Movimento Futuro", un Partito di Destra Sunnita), il Governo libanese non era più in grado di sostenere l'enorme debito pubblico e di adempiere ai propri obblighi. Le banche, allora, sono state costrette a chiudere per ben 2 settimane e quando hanno riaperto, hanno (illegalmente) limitato l’accesso dei correntisti al proprio denaro in dollari statunitensi. Queste restrizioni sono state uno dei fattori chiave che hanno ridotto la fiducia del popolo libanese nella propria valuta e hanno spinto il valore della lira libanese al di sotto del suo tasso di cambio ufficiale rispetto al dollaro (al quale è agganciato dal 1997). Nel frattempo il tasso di cambio nel mercato nero ha raggiunto le 15.200 sterline per dollaro. Ciò ha portato a un'iper-svalutazione della lira libanese che è ormai "carta straccia".
Questa grave crisi di liquidità ha, ovviamente, avuto gravi ripercussioni sull'economia del Paese, causando in pochi mesi la chiusura di ben 785 ristoranti e bar e la perdita del posto di lavoro per circa 25.000 dipendenti. I prezzi dei beni di prima necessità sono aumentati del 580% e il PIL del Libano è crollato di ben 11 miliardi di dollari in un solo anno. Allora il 17 Ottobre 2019, la popolazione ormai sfiancata dalla grave crisi e dal non riuscire più neanche a ricevere i servizi essenziali (come: acqua, gas, servizi igienici, ecc...), è scesa in massa nelle piazze di tutto il Paese per chiedere le dimissioni del Governo. Dopo settimane di dure proteste (dove alcuni manifestanti hanno addirittura perso la vita) alla fine il Governo al-Harari si è dimesso ed è stato sostituito da un Governo tecnico di unità nazionale con il compito di mettere in atto tutte le misure necessarie per risolvere i profondi problemi del Libano.
Dopo qualche mese di calma le proteste sono ricominciate dopo la tragedia dell’esplosione del porto di Beirut nell’Agosto 2020, causata da una grande quantità di nitrato di ammonio immagazzinata nel porto che è esplosa, causando almeno 218 morti, 7.000 feriti e 15 miliardi di dollari di danni materiali, oltre a lasciare circa 300.000 persone senza casa. Un carico di 2.750 tonnellate di sostanza (equivalenti a circa 1,1 kilotoni di TNT) era stato immagazzinato in un magazzino senza adeguate misure di sicurezza nei 6 anni. L'esplosione è stata preceduta da un incendio nello stesso magazzino. La mancata rimozione dei materiali dal magazzino e il loro trasferimento sono stati attribuiti alla cattiva gestione del porto e alla corruzione del Governo e della PA. Ciò ha fatto sì che anche i silos per cereali a esso adiacenti sono stati gravemente danneggiati, una parte dei silos è crollata a seguito di un incendio durato settimane nel grano rimanente, causando così anche una grave crisi alimentare.
Dal giorno seguente le indagini sono iniziate per capire com'era potuto capitare una tragedia simile. Diversi agenti della Guardia di Frontiera e di polizia sono stati arrestati per corruzione e così anche dei funzionari locali. Col proseguo delle indagini anche i nomi di diversi politici di spicco e alcuni Ministri sono stati coinvolti nello scandalo. Soprattutto persone legate ad Hezbollah, gli inquirenti infatti hanno ipotizzato che il materiale esplosivo nel magazzino venisse usato dal così detto "Partito di Allah" per armare i suoi miliziani. Ma, purtroppo, la verità non è mai stata scoperta. A causa di forti pressioni provenienti dalle istituzioni e molte minacce subite dai giudici, alla fine l'inchiesta si è arenata in un nulla di fatto. Ciò ha fatto esplodere nuove e ancor più violente proteste da parte della popolazione che hanno causato le dimissioni del Governo tecnico e la convocazione di nuove elezioni. Le urne elettorali, però, hanno dato prova che il Paese è estremamente diviso e di fatto ingovernabile. In questo contesto così difficile bisogna poi aggiungere anche l'arrivo della pandemia di Coronavirus (aggravata dall'impossibilità di importare medicine) e della guerra tra Russia e Ucraina che hanno a loro volta hanno avuto ripercussioni gravi sull'economia del Paese (per es: lo zucchero è aumentato del 670%, mentre grano, tè, riso e sigarette sono tutti aumentati di quasi il 1.000%). Alla fine, nel 2022, il Libano è stato costretto a dichiarare il primo default della sua storia.
Un altro grande elemento di destabilizzazione del Paese è proprio Hezbollah. Nata come organizzazione terroristica islamista-Sciita, negli anni '90 con la fine della guerra, si è fatta Partito politico, riuscendo fin da subito a occupare le istituzioni libanesi e a portare avanti, così, politiche autoritarie ed estremiste. Le ultime elezioni si sono caratterizzate per diversi e gravi episodi di intimidazioni e violenze portate avanti dai miliziani contro gli esponenti delle altre forze politiche, soprattutto verso quelle che rappresentano la minoranza Cristiano-Maronita. Questi "sporchi trucchetti" hanno permesso alla coalizione Sciita di arrivare prima con quasi il 40% e attualmente fa parte di un Governo di coalizione guidato dalle forze islamiste (anche Sunnite). Questo Governo sta oggi tacitamente permettendo ai miliziani di Hezbollah di lanciare missili contro civili israeliani (provocando la morte di innocenti, tra cui bambini).
Negli ultimi tempi i miliziani stanno diventando sempre più violenti e vendicativi anche contro gli oppositori interni, come di mostra l'omicidio del giornalista (Sciita) Lokman Mohsen Slim da tempo un forte critico di Hezbollah. Slim aveva rivelato diversi crimini di guerra commessi da loro durante la guerra civile libanese e aveva indagato sui legami tra l'Iran ed Hezbollah, confermando che la "Resistenza Islamica" (altro nome di Hezbollah) in Libano è stata creata e ancora oggi viene generosamente finanziata e (soprattutto) armata dagli Ayatollah. Per questo motivo i miliziani lo hanno ucciso con 4 colpi di pistola. l'inchiesta è stata aperta, ma come spesso capita in Libano quando c'è di mezzo Hezbollah, è stata chiusa poco dopo senza nessuna condanna. Un altro caso degno di nota è sicuramente quello di Pascal Suleiman, ex Coordinatore delle "Forze Libanesi" (primo Partito dell'opposizione, Conservatore e Cristiano) per il Distretto di Byblos. Suleiman fu rapito, sequestrato per parecchi giorni e poi ucciso brutalmente. La polizia arrestò un gruppo di rifugiati siriani, ma durante il suo funerale (a cui hanno partecipato migliaia di libanesi) il Patriarca di Antiochia (il leader spirituale dei Maroniti, che li ha celebrati personalmente) lo ha dichiarato "Martire" e ha accusato Hezbollah di aver organizzato un omicidio politico. Suleiman era un esponente di spicco dell'opposizione e aveva chiesto all'ONU di avviare un'indagine indipendente sui fatti drammatici del porto di Beirut (cosa poi mai avvenuta).
Il Libano è dunque una vera e propria polveriera che sembra pronta a esplodere da un momento all'altro, non appena l'Iran accenderà la "miccia" di Hezbollah. Se ciò dovesse accadere le conseguenze dell'entrata in guerra sarebbero devastanti per questo piccolo, povero e lacerato Stato del Medio-Oriente. Anche perché se alla fine Hezbollah scatenasse una guerra vera e propria contro Israele, le Forze Libanesi e altri Movimenti che rappresentano i Cristiani nel Paese, si dicono pronti a ricreare quelle milizie armate, che già avevano combattuto durante la guerra civile e a lottare contro Hezbollah per liberare il Libano dal suo regime di terrore. Il Paese quindi si ritroverebbe in un nuovo sanguinoso conflitto religioso, che finirebbe inevitabilmente per distruggere qualsiasi possibile futuro di stabilità e che porterebbe ancora più tristezza, rabbia e morte nella regione.