martedì 30 giugno 2020

Quante rose a coprire quell'abisso. Donne cattoliche controcorrente

di Valeria Frezza

L’essere andate controcorrente in un determinato momento storico con scelte personali coraggiose e certamente di rottura, scelte che sono state un atto di ribellione alle ingiustizie, al conformismo, all’indifferenza che vedevano diffuse intorno a loro, scelte dettate non da calcoli, da opportunismo o da quieto vivere. Scelte che restano come un atto che illumina un’intera esistenza e che sintetizza la loro personalità straordinaria, restituendoci il significato del loro impegno civile e politico. Il valore di quell’atto di ribellione è sicuramente etico e religioso perché ha alimentato poi una serie di azioni in campo civile o politico che hanno prodotto risultati significativi e importanti, anche per la nostra comunità, ad esempio nel campo sociale, educativo e didattico​ o nel sindacato e nell’azione parlamentare o nella missione politica verso il proprio partito. Chi sono queste donne?

In questo articolo parliamo di ALESSANDRA CODAZZI.

Nata nell'Emilia, l'11 novembre 1921, Alessandra Codazzi è una politica, sindacalista e partigiana italiana. Alessandra, detta Sandra è stata primogenita di sette fratelli e figlia del colonnello Alberto Codazzi, il quale era discendente di Agostino Codazzi, geografo ed eroe nazionale in Venezuela e in Colombia. Nasce in una famiglia di antifascisti cattolici, il padre colonnello e la madre casalinga si dedicano all’antifascismo. Alessandra, combattente appartenente alla 284 Brigata Fiamme Verdi “ Italo”. Da sempre rifiuta di aderire alle organizzazioni giovanili e repressive del fascismo e dai genitori assorbe quel clima di apertura possibilista alla lotta clandestina. La sua casa il 4 agosto del 1943 ospita la 1^ riunione dei maggiori esponenti cattolici (fra cui Giuseppe Dossetti) per decidere se e come passare alla lotta armata. Costituitosi poi il CNL il padre diventa responsabile del Comando Piazza. Arrestato dai tedeschi viene deportato in Germania e vi resta fino alla fine della guerra internato in un lager tedesco.

Alessandra, insieme ai fratelli, decide di partecipare alla lotta clandestina nelle file dei Garibaldini e poi nelle Fiamme Verdi anche se affermò che “comunque ci eravamo trovati bene anche con i Garibaldini, perché eravamo molto rispettati”. Ella descrive il suo impegno resistenziale precisando che il suo compito era quello di tenere i collegamenti fra i diversi distaccamenti e fra questi e il CLN nonché accompagnare persone in montagna, far questi alcuni ebrei. Aveva una buona padronanza della lingua tedesca e venne utilizzata come interprete. La sua adesione fu connotata da una fervida fede cattolica come anche il nome di battaglia scelto "Rosario” attesta.
La storia di Alessandra Codazzi e il suo approdo alla Resistenza, ci induce ad ulteriori riflessioni circa la lotta di liberazione femminile.

Laureatasi in lettere e filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore​ di​ Milano, allieva di​ Giuseppe Dossetti, è entrata dapprima nell'Azione Cattolica​ e poco dopo nella​ CISL​ di​ Giulio Pastore, dove ha frequentato il "Corso lungo" presso il Centro Studi della CISL a​ Firenze​ con il professor​ Mario Romani. Nella CISL si è occupata delle donne e dei diritti dei lavoratori sino a divenire segretario nazionale della categoria dei tessili. Nel​ 1976​ è stata eletta​ senatrice​ per la​ Democrazia Cristiana​ fino al​ 1987.

Ha lavorato e ha avuto rapporti di stretta amicizia con le colleghe​ Anna Gabriella Ceccatelli,​ Tina Anselmi​ e​ Nilde Iotti.

mercoledì 24 giugno 2020

UE vs Covid19


di Leonardo Gaddini

In questi mesi di crisi economica e sociale dovuta al Covid spesso abbiamo sentito le solite voci sovraniste criticare l'UE per la poca solidarietà, tessendo invece le lodi degli "aiuti" arrivati da dittature come Cina e Russia. Questi però non hanno affatto migliorato la situazione, ma anzi ci hanno dato materiale scadente che poteva essere pericoloso (per esempio i ventilatori arrivati dalla Russia sono stati poi proibiti dallo stesso Putin perchè non funzionanti) l'UE invece (col tipico basso profilo del Nord Europa) ha fatto molto di più:
Mesi fa l’Eurogruppo, dopo molte trattative, ha trovato un accordo definitivo sull’uso del Mes per finanziare la spesa sanitaria anti-Covid. Ogni Stato membro potrà spendere fino al 2% del Pil per sostenere la lotta al Coronavirus ottenendo finanziamenti a tassi agevolati con durata fino a 10 anni e senza alcun tipo di condizionalità da parte del fondo salva-Stati per l'erogazione dei prestiti, o meglio, c'è una sola condizione: che le spese, dirette o indirette, siano destinate ad affrontare la crisi sanitaria e quindi vadano a finanziare gli ospedali e tutta la rete medica di assistenza pubblica. I fondi potranno essere richiesti fino alla fine del 2022 ma sono possibili ulteriori proroghe. I prestiti agli Stati del Meccanismo europeo di stabilità sono pienamente operativi dal 1° Giugno. Per l’Italia sono potenzialmente disponibili fino a 36 miliardi di euro. Ogni Stato membro è libero di decidere se e in quale misura attivare la richiesta di prestiti. Scadenza dei prestiti a dieci anni, tasso annuale a 0,1%, costo una tantum di 0,25% e costo annuale di 0,005%: queste le caratteristiche della nuova linea di credito del Mes dedicata alla pandemia. Il nostro Governo, invece, ha detto che non intende usufruirne per paura che l'UE inserisca clausole successivamente (cosa per altro già negata dalla Commissione, oltre che non essere mai successa prima).
Il Mes non è l'unico strumento previsto, infatti la Commissione ha creato anche "SURE" (Sostegno per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza) uno strumento europeo contro la disoccupazione, creato per fornire supporto finanziario di durata limitata nel tempo alle regioni più colpite. La sua funzione è quella di essere destinato a sostegno di altri strumenti (per esempio la cassa integrazione), disponendo di circa 100 miliardi di euro garantiti da tutti gli stati membri. Questo servirà per: proteggere i posti dei lavoratori, fornire supporto finanziario di durata limitata nel tempo e favorire la solidarietà fra gli Stati membri. I posti di lavoro vengono sostenuti tramite i regimi di riduzione dell'orario lavorativo e altre misure analoghe all'interno degli Stati membri. L'attuazione dello SURE dovrebbe consentire all'Unione di rispondere alla crisi sul mercato del lavoro in modo coordinato, rapido ed efficace e in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, attenuando così l’impatto per le persone e i settori economici più colpiti e mitigando gli effetti diretti di questa situazione eccezionale sulla spesa pubblica.
Importante è anche il ruolo assunto durante la crisi da parte della Banca europea per gli investimenti (Bei) che ha approvato 7,5 miliardi di finanziamenti per investimenti nella sanità e nel supporto di settori colpiti dalla pandemia nell'Ue. In Italia a beneficiarne saranno anche le imprese innovative e tre navi specializzate per la ricerca sul clima oceanografico. Il board della Bei ha inoltre approvato il sostegno a investimenti per l'energia rinnovabile, l'efficienza energetica, il biogas e i trasporti ecologici In particolare, 3,2 miliardi di euro saranno destinati a investimenti nella sanità pubblica, strutture per anziani, settori più colpiti dalla pandemia, sistemi di credito in diversi Paesi e partner africani e a un piano di azione per il clima e fondi per imprese innovative in Italia. Inoltre, 1,5 miliardi di euro finanzieranno progetti per i trasporti ecologici (ferrovie) e i veicoli elettrici, l'efficienza energetica e l'energia rinnovabile e la ricerca.Il finanziamento del fondo di recupero avverrebbe tramite la raccolta di liquidità data dall'emissione dei recovery bond. Tale liquidità raccolta sarebbe poi distribuita ai governi maggiormente in difficoltà per l'emergenza coronavirus e non dovrebbe essere rimborsata. Su questo ancora si discute, il vertice decisivo avverrà il 18 Luglio allora vedremo cosa avverrà.

Oltre a ciò negli ultimi giorni si discute anche di Recovery fund che significa letteralmente fondo di ricupero. Questa proposta (fatta dalla Francia) che prevede l'istituzione di un fondo ad hoc con lo scopo di emettere obbligazioni, i recovery bond (ribattezzati Ursula bond), con la garanzia del bilancio UE. In questo modo la condivisione del rischio sarebbe comune solo per il futuro, senza una vera mutualizzazione dei debiti del passato cosicché da accontentare i paesi del fronte del Nord come Olanda, Austria, Svezia, Finlandia e Germania, da sempre contrari ad una classica condivisione degli oneri legati ai debiti. Il finanziamento del fondo di recupero avverrebbe tramite la raccolta di liquidità data dall'emissione dei recovery bond. Tale liquidità raccolta sarebbe poi distribuita ai governi maggiormente in difficoltà per l'emergenza coronavirus e non dovrebbe essere rimborsata. Su questo ancora si discute, il vertice decisivo avverrà il 18 Luglio allora vedremo cosa avverrà.

Insomma, differentemente a quello che la narrativa abitualmente ci racconta, l'UE è intervenuta con forza e prontezza per sostenere il nostro Paese. Questa vicenda ci ha insegnato che ormai nel mondo moderno i problemi non si fermano alle frontiere nazionali e solo con la solidarietà e con un'organizzazione sovranazionale si può uscire dalle crisi. Quindi invece di cercare di isolarsi bisognerebbe andare avanti nel processo di integrazione europea, magari potremmo cominciare delegando più competenze in materia sanitaria creando così una vera Unione Europea della salute. Questa sarebbe una grandissima conquista per tutti oltre che un importante passo in avanti verso la Federazione.  

martedì 23 giugno 2020

Sondaggi #ForumalCentro


Ecco il riepilogo dei 6 sondaggi, con i relativi risultati, fatti la scorsa settimana.

Hai mai visto la pagina @ForumalCentro o l'hashtag #ForumalCentro?
Si 62%
No 38%

Come giudichi l'idea di uno spazio digitale (#ForumalCentro) di incontro, di discussione e di proposta culturale e politica?
Giusta 86%
Sbagliata 0%
Non saprei 14%

Pensi sia utile ricostruire la politica dal basso e con idee condivise dai partecipanti al Forum?
Si 75%
No 25%

Pensi sia giusto superare lo schema destra-sinistra?
Si 60%
No 40%

Ti senti idealmente vicino ad un partito/movimento attualmente presente in parlamento?
Si 23%
No 77%

Hai partecipato o lo farai in futuro, alle attività di #ForumalCentro?
Partecipo 60%
Parteciperò 33%
Non mi interessa 7%


Andiamo avanti così cari amici ✌

venerdì 19 giugno 2020

Maria Montessori, un’educazione per la pace

di Valeria Frezza
 

Maria Montessori è un’educatrice, pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile, scienziata internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole materne, elementari, medie, superiori in tutto il mondo e prima donna a laurearsi in medicina in Italia. Il suo impegno per l’educazione, ed in particolare quella dei minorati mentali, è noto a tutti.

Maria Montessori ha dedicato anche molta attenzione alla questione dei diritti delle donne e alle condizioni di svantaggio sociale delle classi più deboli. Invece io vorrei parlare dell’ impegno di Maria Montessori per la pace.

 La pace e la via per costruirla sono sempre state al centro della sua riflessione e fu proprio attraverso il suo lavoro con i bambini che ella arrivò alla soluzione: l’educazione è l’arma della pace.

Con il suo lavoro Maria Montessori ci fa capire che le guerre non dipendono solo da squilibri economici e le cause più profonde sono da riscontrare in interventi educativi inadeguati nell’infanzia. La pace è dunque innanzitutto un problema pedagogico e la responsabilità ultima della sua realizzazione è l’educazione. La politica può evitare le guerre, ottenere che i conflitti si risolvano attraverso negoziati ma per creare le premesse per un mondo di pace l’educazione è la vera strada.

Non l’approccio basato sulla formazione di individui dipendenti, eterodiretti, competitivi e alla ricerca continua di approvazione ma un’ educazione che ponga il bambino che apprende in una posizione attiva; “il bambino non è debole e povero ma è maestro anche nei riguardi della sua educazione. Questa non è una esaltazione fuori misura dell’infanzia, è una grande verità” (cit.)

Un’ educazione così concepita consente al bambino di diventare un adulto libero, capace di autodirigersi nella vita, autonomo eppure in comunione con gli altri, artefice un domani di un mondo migliore. Questo necessita l’impegno e la responsabilità di tutta la società. I governi devono assegnare all’educazione l’importanza che essa merita ma anche ogni singolo individuo dovrebbe impegnarsi a lavorare su di sè e diventare protagonista del cambiamento.

“La difesa dei popoli non può poggiare sulle armi e le armi non potranno mai assicurare la pace e la prosperità di nessun popolo finché non si ricorrerà a questo grande armamento della pace che è l’educazione”(cit.)

Sembra quasi che la scuola sia diventata un baby parking ovvero un posto dove lasciare frettolosamente i propri figli per andare a lavorare. Non è così. La scuola si impegna in un proficuo rapporto di collaborazione con la famiglia. La scuola è il luogo dove si formano le nuove generazioni che un domani diventeranno la futura classe dirigente del nostro paese, non è l’ultima ruota del carro e tutti devono assumersene la responsabilità. Siamo garanti dell’armonia che deve esserci nella società, a casa e a scuola. Non un sistema di istruzione schizofrenico, in balìa della precarietà, dell’incertezza, dell’improvvisazione e nemmeno una scuola anestetizzata.

Concludo con una citazione di Maria Montessori: “Il bambino è una sorgente d’amore; quando lo si tocca, si tocca l’amore. Il nostro mondo è stato lacerato e ha ora bisogno di essere ricostruito.”

 

 


giovedì 11 giugno 2020

"Mulieris Dignitatem" di Giovanni Paolo II (1988) sulla dignità e vocazione della donna

di Valeria Frezza

Nella Mulieris Dignitatem, Giovanni Paolo II ha voluto approfondire le verità antropologiche fondamentali dell’uomo e della donna: l’uguaglianza in dignità e l’unità dei due, la profonda diversità tra il maschile e il femminile e la loro vocazione alla reciprocità e alla complementarietà, alla collaborazione e alla comunione. Questa unità dell’uomo e della donna si basa sul fondamento della dignità di ogni persona, creata a immagine e somiglianza di Dio, il quale “maschio e femmina li creò”.

Dio vuole l’uomo e la donna come persone eguali e chiama i due alla comunione d’amore mediante la reciproca donazione. Quanto avviene nel matrimonio diventa così il paradigma dei rapporti interpersonali tra uomo e donna. Il peccato deforma il senso dei rapporti tra di loro e l’uguaglianza, la comunione e la donazione sono minacciate dalla disuguaglianza, dalla contrapposizione, dal dominio e dal possesso “verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà” (Gen.3,16). Le varie discriminazioni alle quali la donna è soggetta trovano nel peccato la spiegazione più profonda. Sono discriminazioni che vanno superate. Ciò è possibile attraverso la salvezza che viene da Cristo. L’atteggiamento di Gesù è libero dai condizionamenti del tempo. La “novità del Vangelo” esalta la vera dignità della donna e la vocazione corrispondente a questa dignità. Come donna è chiamata a realizzarsi nella comunione con l’altro e nel dono di sé., centrale è l’affermazione della sua dignità e nel contempo il valore della sua femminilità.

In una società e in una cultura nelle quali lo sviluppo tecnico-scientifico è spesso distorto, per evitare il rischio che si perda la centralità della persona umana, l’avvenire dovrà imprescindibilmente passare attraverso la donna.

In Maria, la Vergine Madre di Dio, si sono manifestate in pienezza la dignità e la vocazione della donna. Maria è l’archetipo di tutti gli esseri umani, uomini e donne, chiamati alla comunione di amore con Dio. In particolare, Maria ha vissuto questa comunione che è propria ed esclusiva della donna: l’unione tra madre e figlio. La donna si trova al centro di questo evento salvifico. L’autorivelazione di Dio che è contenuta nell’annunciazione di Nazareth. “Il Verbo si fa carne” e Maria raggiunge un’unione con Dio tale da superare le aspettative umane e diviene madre del Messia che è “Figlio dell’Altissimo”.

Chiamando la donna alla maternità, Dio le ha affidato in maniera speciale l’essere umano. L’uomo però rischia di ridurre la maternità ad un ruolo sociale ma che di fatto mette in disparte e non valorizza pienamente le potenzialità della donna per la costruzione della comunità o abbandonare il femminile con i tratti che lo caratterizzano.

La Lettera, riflettendo sulla presenza e l’impegno femminile nella Chiesa afferma che “è giunta l’ora in cui la vocazione della donna si svolga con pienezza, l’ora in cui la donna acquisti nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto.

Queste affermazioni sono di grande attualità perché purtroppo la questione femminile ha lasciato la via del rifiuto del maschio che non cerca la cooperazione in una profonda integrazione dei due sessi e continua ad essere una questione disputata. La donna è riconosciuta ed elogiata quasi esclusivamente per il suo servizio sociale e di carità ma raramente è vista come promotrice di cambiamento culturale e si scontra con una mentalità maschilista ed autoritaria, che non lascia spazio per ruoli direttivi o di collaborazione. La donna ha un grande contributo da offrire con le sue intuizioni, la sua capacità di dialogo, di proposta e di mediazione, giudicata per la sua bellezza ed esteriorità e non per i valori veri e profondi che potrebbero essere valorizzati per la costruzione di una società migliore e di una Chiesa più equilibrata e plurale.

Papa Francesco dice che spesso il ruolo di servizio della donna scivola verso un ruolo di “servitù”. È tempo, dice Papa Francesco nel discorso del 7 febbraio 2015 alla Plenaria del Dicastero della Cultura che le donne siano pienamente partecipi dei vari ambiti della vita sociale ed ecclesiale e mette l’accento sull’urgenza di offrire spazi alle donne favorendo una presenza più capillare ed incisiva con un maggiore coinvolgimento nelle responsabilità pastorali.  

“Quando le donne possono trasmettere i loro doni, il mondo si ritrova più unito e più in pace. Perciò, una conquista per la donna è una conquista per l’umanità intera” cit. Papa Francesco

 

Fonti: Avvenire, Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem (15 agosto 1988) Giovanni Paolo II, Chiesa Cattolica


End Qualified Immunity

di Leonardo Gaddini

Il Deputato Justin Amash (diventato da poco il primo parlamentare della storia appartenente al Partito Libertario) ha presentato un progetto di legge per porre fine all'immunità qualificata, un'insidiosa dottrina legale, spesso criticata, che consente agli agenti di polizia di violare i diritti civili con assoluta impunità, se tali diritti non sono stati enunciati con precisione quasi identica nella giurisprudenza preesistente. Teoricamente dovrebbe servire per protegge i pubblici ufficiali da cause civili fasulle, ma praticamente, permette spesso cattive condotte da parte degli agenti. La morte di George Floyd per mano dell'ex poliziotto di Minneapolis, Derek Chauvin, ha costretto a nuova vita il dibattito, facendo luce su una dottrina che molti dicono che abbia contribuito a creare un ambiente di abusi della polizia. Amash ha annunciato domenica scorsa che avrebbe introdotto l'End Qualified Immunity Act, con la Deputata democratica Ayanna Pressley che firmerà come cosponsor.

Questa legge è sempre stata oggetto di critiche, perchè usata spesso per legittimare veri e propri reati fatti da poliziotti. Per esempio due poliziotti a Fresno, in California, hanno ottenuto l'immunità qualificata dopo aver presumibilmente rubato $ 225.000 mentre eseguivano un mandato di perquisizione perché non era stato "chiaramente stabilito" nella giurisprudenza che il furto fosse sbagliato. A un ufficiale del dipartimento di polizia di Los Angeles è stata concessa l'immunità qualificata dopo aver sparato, senza preavviso, a un ragazzo di 15 anni disarmato che stava andando a scuola, perché l'amico del ragazzo aveva in mano una pistola a pallini. Uno sceriffo della Contea di Coffee, in Georgia, ha ricevuto l'immunità qualificata dopo aver sparato a un bambino di 10 anni mentre mirava a un cane non minaccioso. L'elenco, purtroppo, continua. Le decisioni dei tribunali in quei casi indicano che ogni ricorrente non aveva alcun ricorso legale per chiedere un risarcimento per beni persi o spese mediche.

La proposta di Amash è stata appoggiata dai parlamentari del Partito Democratico, ma da nessun repubblicano, nonostante le loro costanti dichiarazioni a favore della libertà e contro gli abusi di potere dello Stato. Ma allora perché sono così lenti ad applicare la stessa logica anche alla polizia? A pensar male si potrebbe dire che il motivo è che la stragrande maggioranza dei poliziotti alle ultime elezioni hanno votato per Donald Trump... lo stesso che non ha speso mezza parola per condannare l'omicidio di Floyd e lo stesso che ha anche l'appoggio dei suprematisti bianchi.

Le violenti proteste di questi giorni sono quindi la risposta a situazioni di ingiustizia e di abusi di potere che membri della polizia hanno inflitto ai cittadini americani, si consideri il caso di Eric Garner, morto nel 2014 dopo che l'ufficiale del Dipartimento di Polizia di New York City (NYPD), Daniel Pantaleo, lo ha soffocato per la vendita di sigarette sfuse, (anche le sue ultime parole furono "Non riesco a respirare"). Credo sia importante però, far capire alla gente che non è qualcosa che sta succedendo solo negli USA (anche se la situazione è molto grave), ma la supremazia bianca, l’abuso di potere, la violenza su quelli che si considerano deboli e inferiori sono un qualcosa che purtroppo ci infetta tutti (come dimostrano le proteste in Europa), ma contro cui possiamo (anzi dobbiamo) combattere, però non attraverso la violenza e le distruzioni viste negli ultimi giorni, cose a cui sono fortemente contrario, ma solo attraverso la cultura e l'istruzione si potrà creare una società più aperta e tollerante.

venerdì 5 giugno 2020

La cultura dell'oggettivazione della donna #Donnealcentro

di Valeria Frezza

Un fenomeno che riguarda soprattutto le donne è l’oggettivazione, cioè il non riconoscimento come soggetto. Un fenomeno che spesso passa inosservato, se non addirittura accolto dalle donne stesse. Il corpo femminile viene sessualizzato, mercificato e oggettivato in modo diverso da quello maschile. L’oggettivazione è una forma di deumanizzazione che riduce la donna a oggetto, strumento, merce che legittima anche la violenza.

Si parla di oggettivazione sessuale quando la donna viene trattata come un corpo disponibile per l’uso e il piacere degli altri, il suo valore dipende soltanto dall’abilità di attrarre sessualmente.

Questo fenomeno che coinvolge maggiormente le femmine, impatta negativamente sulle prospettive lavorative, sull’interazione sociale e anche sul benessere psicofisico, conduce infatti all’auto-oggettivazione, a interiorizzare la prospettiva dell’osservatore, trattando se stesse come cose da misurare in base all’aspetto fisico. Trascurando capacità e competenze, emozioni ed esigenze, ricordi, desideri, affermazione personale si diventa più inclini a condizioni di stati ansiosi, depressivi, disagi sessuali, disordini alimentari.

Eppure oggi la donna si è emancipata, è libera e si confronta su piani diversi, ma spesso si realizzano immagini femminili secondo canoni maschili. L’oggettivazione riservato alla donna riflette le discriminazioni che ancora sussistono nei confronti del genere femminile in ambito lavorativo, politico e sociale, accentua la tolleranza di stereotipi e indirettamente anche di molestie, oltraggi e violenze. Nella nostra società non riusciamo ad eliminare le concezioni tradizionaliste. Esempi di oggettivazione: nei media le donne vengono spesso raccontate tutte uguali ed interscambiabili, prive di personalità, sempre giovani e belle, bambine sessualizzate e adulte infantilizzate, l’uomo invece è ipermascolinizzato. I media sottolineano forza fisica e dominanza sessuale negli uomini, bellezza, magrezza e passività nelle donne. Pubblicano foto di donne per dire se sono belle o brutte, per commentarne il look, escort (rapporti commerciali-sessuali), quote rosa sminuite e svalutate.

L’ossessione per il corpo dell’altra: i media tradizionali sono stati per anni i veicoli di questa cultura sessista, ai tempi di internet la situazione è peggiorata, c’è una compulsività che spinge a considerare ancora di più il proprio corpo come un oggetto. Le ragazze giovani ammettono di passare molto tempo sui social chepossono incentivare il fenomeno dell’ auto-oggettificazione del proprio corpo. L’unica soluzione è un utilizzo più coscienzioso delle ragazze che dovrebbero cercare di esporsi e di postare meno frequentemente le proprie immagini e non seguire pagine di persone che pubblicano certi tipi di immagini.


Fonte: Repubblica

#Centrismo. La cura siamo tutti noi.

di Armando Dicone.

Non servono mille parole per spiegare quanto sia delicato il momento che stiamo vivendo. La pandemia ha evidenziato i tanti problemi della nostra Italia. Problemi e ritardi che ci portiamo dietro da diversi decenni.
In questo momento così delicato, per tutti noi cittadini, destra e sinistra, invece di fare sintesi ed affrontare insieme i tanti problemi, fanno di tutto per conquistare like e decimali nei sondaggi. Lo fanno a danno del Paese ed è bene ricordarlo sempre. A destra cavalcano il malessere sociale con slogan semplici, diretti e con soluzioni inefficaci, a sinistra minimizzano la disperazione di tanti cittadini limitandosi a chiedere scusa per i ritardi con i quali sono arrivati, non per tutti, bonus e cassa integrazione.
Per superare una volta per tutte il dualismo sinistra-destra bisognerà trovare insieme temi, metodo, idee e proposte per costruire un percorso condiviso che dia solidità alla futura formazione centrista. Una federazione di centro inclusiva, che garantisca massima partecipazione dal basso, pari dignità tra i soggetti che confluiranno, autonomia organizzativa delle varie realtà e soprattutto un pensiero forte alla base: il centrismo.
È necessario avviare questo processo partendo da chi avverte la responsabilità civica di "uscire" dal comodo salotto o dalla rassegnazione, per dare il proprio contributo alla nazione e soprattutto alle future generazioni. 
Provate a leggere alcuni tweet e post di semplici cittadini che chiedono moderazione nei toni, rispetto per le istituzioni, difesa della costituzione e soprattutto partecipazione e collegialità. Entrando nel merito delle proposte, vi accorgerete che su temi e idee, su politiche di centro nuove e condivise, si può ragionare tutti insieme, aldilà delle singole appartenenze di ognuno di noi a partiti che fanno riferimento all'area centrista.
Mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione tre temi su cui, a mio avviso, potremmo lavorare insieme da subito:
  • - legge elettorale proporzionale;
  • - legge su democrazia interna ai partiti;
  • - campagna NO per il referendum sul taglio dei parlamentari.
Mettiamo insieme i temi, scegliamo un metodo, condividiamo le proposte e la cura per l'Italia saremo noi. 
Se lasciamo ancora spazio allo schema sinistra-destra, l'astensionismo crescerà sempre più, lasciando la maggioranza dei cittadini senza rappresentanza politica.
Proponi le tue idee con hashtag: #ForumalCentro
Grazie per l'attenzione.


giovedì 4 giugno 2020

2° Webinar - Sanità

di ForumalCentro

Gli argomenti discussi nel corso del webinar di #ForumalCentro sulla Sanità, grazie ai contributi di Armando Dicone, Germano Baldazzi, Paolo D’Addario e Valeria Frezza, sono stati i seguenti:

Sussidarietà circolare

Senza gli anziani non c’è futuro

Rilancio economico nell’Italia post Covid19

Terapie per i bambini con disabilità


Sussidarietà circolare

 

La riforma del Titolo V della Costituzione ha introdotto il principio di sussidiarietà (art. 118) e nella pratica è stata introdotta una sussidiarietà orizzontale. Nella sussidiarietà orizzontale decide quasi tutto l’ente pubblico,  poi, con gara d'appalto, affida la gestione del servizio al privato.
Quello che dovremmo invece introdurre e il sistema cosiddetto di sussidiarietà circolare. Nella sussidiarietà circolare vi è una proficua e paritetica collaborazione già nella fase progettuale fra ente pubblico, mondo dell’impresa e terzo settore, cioè la società civile, che interagiscono tra loro già nell'idea di servizio da offrire e non solo nella sua esecuzione.
Dobbiamo uscire dal dualismo pubblico privato che in questi anni ha generato lunghe
liste d’attesa e costi esorbitanti per le casse pubbliche. Nella triste vicenda delle RSA abbiamo visto come i periodici controlli delle autorità competenti e le decisioni prese solo dalle regioni si siano verificate dannose.

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 Senza gli anziani non c’è futuro

“Senza gli anziani non c’è futuro” è l’appello lanciato dalla Comunità di Sant’Egidio e sottoscritto già da numerose personalità della cultura, politici, religiosi, dirigenti e responsabili di enti internazionali.

In questi ultimi tempi la sanità è sotto pressione come mai accaduto, dal secondo dopoguerra ad oggi.

La pandemia di Coronavirus che ha costretto l’Italia e diversi Paesi del Mondo al lock-down: esso è stato un grave colpo inferto a tutta la popolazione per l’istruzione, per i rapporti umani, l’economia, il turismo, i servizi medici, le confessioni religiose, e per molto altro. Le città si sono svuotate: aperte solo farmacie, negozi di alimentari e servizi essenziali.

Le vittime in questo tempo di pandemia sono state numerosissime, quasi come quelle di una guerra e, se facessimo eccezione per le ondate di calore che, nell’estate del 2003, causarono migliaia di vittime per il caldo e l’isolamento sociale, mai prima gli anziani avevano subito una tale decimazione.

Le vittime si sono calcolate per difetto in 100mila tra gli ultrasettatenni in Europa, di cui 22mila solo in Italia.

Qualcuno ha detto che ci troviamo di fronte ad “un grave disastro umanitario”.

Si, perché le vittime sono in stragrande maggioranza anziani e malati, in particolare tra gli ultrasettantenni ricoverati nelle strutture sociosanitarie come le RSA, le Case di Riposo e le “Villette” (ricoveri impropri e talvolta non autorizzati, cresciuti come i funghi nelle grandi città, accanto alle istituzioni ufficiali).

Strutture, queste, molte delle quali nate con il precipuo scopo di “semplificare” la vita degli anziani e delle famiglie, dando un’alternativa alla vita in famiglia, ma il risultato è stato fallimentare.

È stata una tragedia.

Il contagio dell’infezione respiratoria si è diffuso senza freno in particolare nelle strutture enormi, con tanti ricoverati, ma anche quelle più piccole non sono state risparmiate dal contagio, persino quelle che hanno chiuso presto l’ingresso ai visitatori, parenti, volontari, ecc. il virus è riuscito a penetrare e a seminare dolore e morte.

Le strutture per anziani hanno fallito nella protezione dei loro ricoverati, ma già prima erano luogo di isolamento sociale. Infatti, spesso sono strutture collocate nell’estrema periferia delle città, se non direttamente fuori dal capoluogo: così si viene strappati dai propri affetti e conoscenti, dai luoghi familiari, si perdono i punti di riferimento di una vita.

In un simile quadro, chiunque sarebbe disorientato: figuriamoci un anziano che inizia ad avere i primi sintomi di confusione o un calo di memoria.

L’altra grande pecca è nella concentrazione di tanti fragili in un unico luogo: è facile tornare indietro con la memoria ad episodi della storia in cui alcuni gruppi di persone erano state rinchiuse tutte insieme in ghetti, o luoghi recintati.

Ma non divaghiamo!

Così rinchiusi, gli anziani sono stati contagiati molto più facilmente, rispetto a non se fossero rimasti in casa loro, o in altre piccole realtà.

Don Oreste Benzi, che ha fondato la Comunità Papa Giovanni XXIII per salvare le donne dal traffico di essere umani, una volta pronunciò una frase densa di significato:

“Dio ha creato la famiglia, gli uomini hanno inventato gli istituti”.

Egli si riferiva ad un modello che porta all’allontanamento dalla rete sociale, rinchiudendo chi era più debole e fragile.

Oggi, invece di sostenere economicamente strutture sociosanitarie enormi che portano ad un enorme spreco di denaro, ma con un grave dazio umano da pagare, sarebbe più efficace tornare ad un welfare di sostegno alle famiglie e all’educazione. Già, nella scuola si può confermare il valore di una vicinanza agli anziani, detentori di un patrimonio di vita che può aiutare i giovani a crescere meglio.

Il virus sta portando a compimento un’operazione di “scarto” di chi è anziano, iniziata già da molto tempo, come già ricordato e denunciato da più parti.

Ci sono valide alternative! Non tutti gli anziani che rimangono vedovi o che non hanno figli finiscono in istituto!

Il cohousing, le convivenze anziano/i – badante, le comunità alloggio, le case famiglia per gli anziani, ecc. sono valide alternative: vanno sostenute, diffuse, moltiplicate e allargate. C’è un ampio spettro di soluzioni valide ed economicamente sostenibili. Ma, anche le stesse famiglie che avrebbero desiderio di tenere con sé il proprio vecchio, spesso non hanno sufficienti possibilità o tempo, o capacità: sarebbe utile un sostegno per guidare verso una soluzione ponderata.

Le strutture sanitarie private, convenzionate sono molto costose: per lo Stato e per le famiglie degli anziani. Ci sono altre soluzioni economicamente e socialmente efficaci. Ma, anche le stesse famiglie che avessero desiderio di tenere con sé il proprio vecchio, spesso non hanno sufficienti possibilità, o tempo, o capacità per farlo senza un sostegno esterno.

Qui, dovrebbe intervenire senza spreco di tempo prezioso lo Stato, la Regione o il Comune con i propri strumenti.

Poi, certo, gli anziani sono soggetti ad episodi di ogni genere per le fragilità insite nella stagione che stanno vivendo: la situazione va ponderata e aggiornata: chi meglio potrà farlo se non chi gli è vicino da tempo e già lo cura o lo assiste in tante cose?

LE PROPOSTE

-            Sostegno economico per chi continua a tenere gli anziani parenti a casa propria o dei figli/nipoti;

-            Sostegno alle famiglie di o con anziani, coordinato da un’assistente sociale che verifichi l’esistenza si situazione a rischio criticità e apporti soluzioni o correttivi;

-            Creazione di una rete di protezione per l’anziano che vive solo: o per la consegna della spesa, medicine, visite mediche, e compagnia, mediante anche volontari che si rendano disponibili, sul modello del Programma W gli Anziani della Comunità di Sant’Egidio;

-            Favorire la creazione mediante sgravi economici o fiscali, la creazione di convivenze di anziani con badante in modo da avere una reciprocità di scambio aiuto-accoglienza;

-            Creazione di case-famiglia di anziani con operatori domiciliari e volontari per chi non ha più una casa accessibile dove vivere.

 

Infine: per il futuro c’è un lavoro personale da fare.

Da soli non si potrà sempre vivere, una volta divenuti anziani, così se vogliamo rimanere a casa propria dovremo superare le nostre conflittualità e un carattere insopportabile verso gli altri. Dobbiamo entrare nella prospettiva di “vivere con…”, di “vivere insieme a…”

Da soli non ci si salva.

Sembra un motto, ma è la realtà con cui dobbiamo fare i conti ed adeguarci di conseguenza, perché altri non scelgano (il peggio) per noi!

     Senza anziani non c'è futuro.

Appello per ri-umanizzare le nostre società.

No a una sanità selettiva

Nella pandemia del Covid-19 gli anziani sono in pericolo in molti paesi europei come altrove. Le drammatiche cifre delle morti in istituto fanno rabbrividire.

Molto ci sarà da rivedere nei sistemi della sanità pubblica e nelle buone pratiche necessarie per raggiungere e curare con efficacia tutti, per superare l’istituzionalizzazione. Siamo preoccupati dalle tristi storie delle stragi di anziani in istituto. Sta prendendo piede l’idea che sia possibile sacrificare le loro vite in favore di altre. Papa Francesco ne parla come “cultura dello scarto”: toglie agli anziani il diritto ad essere considerati persone, ma solo un numero e in certi casi nemmeno quello.

In numerosi paesi di fronte all’esigenza della cura, sta emergendo un modello pericoloso che privilegia una “sanità selettiva”, che considera residuale la vita degli anziani. La loro maggiore vulnerabilità, l’avanzare degli anni, le possibili altre patologie di cui sono portatori, giustificherebbero una forma di “scelta” in favore dei più giovani e dei più sani.

Rassegnarsi a tale esito è umanamente e giuridicamente inaccettabile. Lo è anche in una visione religiosa della vita, ma pure nella logica dei diritti dell’uomo e nella deontologia medica. Non può essere avallato alcuno “stato di necessità” che legittimi o codifichi deroghe a tali principi. La tesi che una più breve speranza di vita comporti una diminuzione “legale” del suo valore è, da un punto di vista giuridico, una barbarie. Che ciò avvenga mediante un’imposizione (dello Stato o delle autorità sanitarie) esterna alla volontà della persona, rappresenta un’ulteriore intollerabile espropriazione dei diritti dell’individuo.

L’apporto degli anziani continua ad essere oggetto di importanti riflessioni in tutte le civiltà. Ed è fondamentale nella trama sociale della solidarietà tra generazioni. Non si può lasciar morire la generazione che ha lottato contro le dittature, faticato per la ricostruzione dopo la guerra e edificato l’Europa.

Crediamo che sia necessario ribadire con forza i principi della parità di trattamento e del diritto universale alle cure, conquistati nel corso dei secoli. È ora di dedicare tutte le necessarie risorse alla salvaguardia del più gran numero di vite e umanizzare l’accesso alle cure per tutti. Il valore della vita rimanga uguale per tutti. Chi deprezza quella fragile e debole dei più anziani, si prepara a svalutarle tutte.

Con questo appello esprimiamo il dolore e la preoccupazione per le troppe morti di anziani di questi mesi e auspichiamo una rivolta morale perché si cambi direzione nella cura degli anziani, perché soprattutto i più vulnerabili non siano mai considerati un peso o, peggio, inutili.

https://www.santegidio.org/pageID/37740/langID/it/Senza-anziani-non-c-è-futuro-Appello-per-riumanizzare-le-nostre-società-No-a-una-sanità-selettiva.html

 

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 Rilancio economico nell’Italia post Covid19

 Nella giornata di sabato 30 maggio, un sintetico comunicato di molte delle più importanti associazioni imprenditoriali del paese, ha lanciato un grido di allarme ed una chiara esortazione al mondo politico, al Parlamento ed al Governo, riassunto nel seguente concetto: basta ipocrisia, il paese rischia l’oblio, iniziamo ad utilizzare le risorse che l’UE ci ha messo a disposizione relativamente ai costi diretti ed indiretti sostenuti per l’emergenza sanità, cogliendo le opportunità che una tale mole di denaro, adeguatamente investita, consentirebbe, in termini di recupero di PIL ed occupazione. In altre parole, utilizziamo senza timore i fondi del MES !!! Al momento, la risposta della politica,  dove segnalata, sembra alquanto evasiva e balbettante. Da cittadino, credo sia giunto il momento di rompere gli indugi, ed accettare i finanziamenti con lo strumento del MES ad un tasso irrisorio dello 0,13 % , scrollandoci di dosso, come popolo, la paura che ciò possa determinare più disgrazie che benefici. Il timore di non essere in grado di far fronte agli impegni è frutto di una cultura della paura accentuatasi nel dibattito politico nazionale, soprattutto dopo il 4 marzo 2018, quando le forze populiste e sovraniste si sono imposte, evocando spesso, infondate paure nei più disparati settori della vita pubblica. La tradizione imprenditoriale italiana, caratterizzata da inventiva, creatività, capacità organizzativa, abnegazione al lavoro, senso del dovere, competenza, è garanzia assoluta di buona riuscita. Fare impresa e competere sui mercati internazionali, nonostante un habitat nazionale non ideale, è nel DNA dei nostri artigiani, dei nostri agricoltori e dei nostri industriali. Le imprese chiedono solo di poter fare il loro mestiere, creando occupazione stabile e dignitosa, oltre che prosperità diffusa, vedendo così premiato il merito. E’ giunto il momento di puntare decisamente su questo mondo e sulla forza lavoro che lo supporta, unica via sana e seria per rimettere in piedi, con solide basi e prospettive certe, questo paese. Occorre quindi ritrovare quella dignità nazionale messa in discussione da una politica povera di idee ed ideali, ma logorroica nella produzione di vuoti slogan. Recuperare la dignità di un paese che non teme le sfide, ma anzi, che le affronta con grande senso di responsabilità, conscio delle proprie capacità. Un paese che si è sempre e mirabilmente rialzato, …nel dopoguerra, …dal terrorismo, …dalle calamità naturali, trovando nel proprio tessuto sociale ed imprenditoriale la forza per ripartire. I concetti di Patria e Sovranità presuppongono sentimenti di coraggio e lungimiranza, non possono degradarsi a sinonimo di paura e pavidità. La situazione è talmente complicata che, sempre dal mondo imprenditoriale, risuona preoccupato, l’allarme sulla possibile esplosione della disoccupazione con la perdita, nei prossimi mesi di circa un milione di posti di lavoro. Se la politica è onesta, non può far cadere nel vuoto questo appello solo per l’egoistico assunto, secondo il quale, pur di non smentire se stessa con strampalate teorie populiste e sovraniste, si renda complice, nei fatti, del naufragio del paese, esponendolo, in quel caso, SI, al pericolo della speculazione internazionale pronta ad approfittare di un paese ancor più economicamente indebolito ed intimorito. Veniamo alla proposta, …..da semplice cittadino. In primo luogo, occorre un investimento nella digitalizzazione del settore sanitario, non è possibile che venti sanità regionali parlino venti linguaggi diversi. Digitalizzazione che consenta, in primo luogo la riduzione del personale amministrativo a vantaggio di quello medico ed infermieristico, ma anche per costruire, finalmente un efficiente modello di medicina del territorio, valorizzando il ruolo dei medici di base, supportandoli con tecnologia efficiente e riducendone al contempo il peso della burocrazia. Questo aspetto porta con se la necessaria ed imprescindibile conseguenza di estendere una seria e completa digitalizzazione all’intero comparto della pubblica amministrazione, occasione più unica che rara, con il definitivo abbattimento della burocrazia. Digitalizzazione che, costituirebbe anche un validissimo strumento per combattere la diffusa evasione fiscale, che nell’incrocio costante e continuo di dati e notizie, creerebbe quella diffusa trasparenza, nemica del malaffare e dell’evasione. Sarà necessario implementare il modello sanitario futuro, con una concertazione tra regioni e stato, che tenga in debito conto la recente esperienza maturata a seguito dell’emergenza COVID-19, ma anche guardare con attenzione al livello qualitativo delle infrastrutture e dei modelli organizzativi presenti sul territorio. Penso, per esempio che, si renderà necessario un massiccio investimento in infrastrutture, soprattutto nelle aree meno prosperose e più periferiche del paese dove gli standard qualitativi dell’offerta sanitaria possono non sempre essere a livelli di eccellenza. Si rende necessario quindi una attenta analisi delle necessità dei territori, individuando le priorità in termini di realizzazione di nuove infrastrutture ospedaliere, laboratori di analisi, qualificati centri di riabilitazione e quant’altro, ma anche di rapidi ed adeguati collegamenti infrastrutturali ad esse (non solo strade, ma anche eliporti e molto altro). Investire in nuove infrastrutture per sostituire quelle esistenti ormai vetuste, strutture nuove e funzionali alle esigenze dei territori, consentirebbe di migliorare i servizi in quelle aree creando così volano di crescita che farebbe lievitare il PIL del paese. Da questo non può prescindere la collaborazione con le università italiane e gli ordini professionali per creare progetti esecutivi rapidamente attuabili che esprimano, al contempo, innovazione e funzionalità. Vista la necessità di agire in tempi rapidi ed armonici, occorre, oltre ad un forte coordinamento tra istituzioni pubbliche e private, anche uno snellimento delle procedure per la realizzazione delle opere stesse. L’argomento ormai è noto, ma la questione Codice degli appalti, nella sostanza, oltre a varie ed efficaci proposte, non ha ancora trovato un adeguato supporto nello snellimento legislativo. Occorre intervenire immediatamente per sospendere le normative italiane e dare ampio spazio a quelle europee. Altri importanti aspetti, sui quali meriterebbe intervenire, sono la formazione del personale medico e paramedico ed anche la implementazione e riorganizzazione della ricerca scientifica quale ulteriore volano di sviluppo. Formazione ed innovazione devono vedere unite istituzioni pubbliche e private. Canalizzare risorse economiche ed umane in formazione di qualità ed innovazione sarà l’unica strada per modernizzare e garantire un futuro di prosperità a questo paese. Solo allora scompariranno preoccupazioni e scetticismi riguardo la grande casa europea in perenne costruzione, dove potremo recuperare un ruolo da protagonisti, facendo così valere il ritrovato peso economico e politico del nostro paese. W l’Italia !!!

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 Terapie per i bambini con disabilità

 I centri ambulatoriali di riabilitazione delle disabilità in età evolutiva e il servizio di riabilitazione per gli adulti in convenzione con il sistema sanitario nazionale:

la presa in carico dell’utente avviene tramite invio del Dipartimento di Medicina Riabilitativa e l’équipe del Centro sviluppa un progetto riabilitativo individualizzato e finalizzato al raggiungimento di obiettivi, che consenta all’utente di poter superare o ridurre le proprie disabilità favorendo uno sviluppo psicofisico e relazionale quanto più adeguato possibile.
Al fine di garantire le presa in carico globale gli operatori del Centro instaurano e garantiscono una rete di collaborazione con i Distretti Sanitari di appartenenza e le scuole frequentate ed eventuali figure specialistiche esterne.
Le figure professionali operanti nel centro riabilitativo: personale medico (neuropsichiatra infantile e psicologi), personale di riabilitazione e assistenza sanitaria (fisioterapisti, terapisti della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva, logopedisti, infermieri professionali e pediatrici, educatori professionali, operatori socio sanitari, impiegati amministrativi e personale ausiliario.
I pochi centri a disposizione hanno liste di prenotazione molto lunghe, molti centri chiudono.
Verificare le possibilità di maggiore attenzione ed investimenti per i centri riabilitativi da parte delle regioni potrebbe essere un'eventuale soluzione”.

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