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domenica 27 dicembre 2020

#donnealcentro (anno 2020)

 di Valeria Frezza

In chiusura di anno vorrei ricordare alcune storie particolarmente significative tra quelle menzionate dal corriere della sera, ma tra i vari capi di stato, ministri, ricercatrici, influencer e artisti ho scelto delle perfette sconosciute, donne straordinarie nella vita di tutti i giorni e non solo per una stagione e che non cercano visibilità e protagonismo.

 

Valentina Soldati, trentaseienne e moglie del paziente uno (covid), di Codogno, era incinta di 7 mesi quando ha saputo che suo marito Mattia Maestri, ricoverato per una polmonite si era poi aggravato ed i medici hanno scoperto che aveva contratto il covid dopo una cena con un amico tornato dalla Cina.

Anche Valentina viene trovata positiva e ricoverata, ma guarisce, torna a casa e aspetta il parto da sola perché il marito ancora grave. Tutto finisce nel migliore dei modi con la nascita di una bambina ed in seguito con la guarigione di Mattia.

 

 

L’infermiera di Cremona Elena Pagliarini, di anni 43, viene premiata dal Presidente Mattarella  in rappresentanza di coloro che si sono impegnati per la cura dei malati di Covid. L’8 marzo Elena viene fotografata mentre si riposa per qualche minuto con la testa sulla tastiera del computer dopo un interminabile turno di notte. In ospedale non avevano abbastanza respiratori per tutti i pazienti che avevano bisogno di essere ossigenati e la frustrazione era tanta perché non era possibile curare tutti. Dopo quella fotografia l’infermiera ha scoperto di essere positiva ed è stata posta in isolamento, in attesa di guarire.

 

Patrizia Cocchi, dirigente scolastica del Liceo Vittorio Veneto di Milano viene posta in rappresentanza  di tutto il personale della scuola (maestri, maestre, professori, professoresse e personale ATA) e anche delle famiglie, che hanno tentato di tutto per tenere aperte le scuole italiane. Non era possibile arrendersi, nonostante le responsabilità e i rischi, anche di fronte ad un governo che non è riuscito a mettere la scuola tra le priorità del Paese e infatti l’Italia è la nazione che ha tenuto le scuole chiuse per più tempo.

 

Vorrei anche ricordare una mamma coraggio o una “ diversamente mamma”, così si definisce Anna Claudia Cartoni, romana, 58 anni, insegnante di ginnastica artistica, mamma di Irene, affetta da una malattia rara. Racconta: “il mondo dell’handicap non è fatto solo di dolore, richiama valori umani e profondi, emozioni forti, rabbia, sensi di colpa, impotenza, frustrazione. Sono tante le difficoltà che i coniugi hanno incontrato: burocratiche, strutturali e sociali, l’accoglienza e il rispetto sono molto rari, per esempio far capire che non è possibile far cambiare le figure di riferimento in continuazione, dover cambiare reparti diversi e raccontare da principio la storia, fare indagini inutili per vari motivi. C’è bisogno di una presenza costante e di attenzione, i sensi di colpa mi divorano, mi sento inadeguata, so che potrei fare di più ma non ce la faccio. L’angoscia mi travolge per il suo futuro e non trovo dentro di me alcuna soluzione. Ma Irene è la mia maestra di vita, mi ha insegnato a non dare niente per scontato e fa diventare semplici le cose complesse (anche come respirare e deglutire che per lei sono di una difficoltà infinita). Stare vicino ad Irene mi ha spinta a non crollare perché la bambina ha bisogno di me.”

“E’ bello vedere qualcuno che non si fa scoraggiare da cose come la realtà” (cit.)

 

Fonte: Corriere della Sera

mercoledì 23 dicembre 2020

Il caso Navalny - Gruppo Affari Esteri

 Di Leonardo Gaddini.

"Caso chiuso. So chi ha tentato di uccidermi. Il caso relativo al mio tentato omicidio è risolto. Conosciamo i nomi, conosciamo i ranghi e abbiamo le foto." Aleksej Anatol'evič Naval'nyj

 

La mattina del 20 Agosto, Aleksej Navalny e la sua portavoce, Kira Yarmysh erano bordo del aereo S7 Airlines volando da Tomsk a Mosca. Durante il volo, Navalny ha cominciato a manifestare sintomi di malessere perdendo conoscenza. L'aereo ha effettuato un atterraggio di emergenza all'aeroporto di Omsk. Navalny è stato portato al reparto di rianimazione tossica dell'ospedale di emergenza clinica della città. Il primario dell'ospedale ha riferito che Navalny è caduto in coma ed è stato collegato a un ventilatore. Yarmysh ha dichiarato che Navalny era stato avvelenato con una tossina e che il giorno della partenza non aveva mangiato nulla, ma aveva bevuto solo un tè acquistato all'aeroporto di Tomsk. Lo stesso giorno, i soci di Navalny fecero appello al Comitato Investigativo con la richiesta di aprire un procedimento penale sul tentato omicidio di un funzionario di stato o di uno statista, ma la richiesta è caduta nel vuoto. 

Il 21 Agosto, dopo la richiesta della famiglia e degli esponenti del suo Partito alla Cancelliera della Germania Angela Merkel e al Presidente francese Emmanuel Macron, un aereo dalla Germania è atterrato a Omsk per trasportare Navalny alla clinica di Berlino. Tuttavia, un consiglio di medici ha considerato le condizioni di Navalny "instabili" e "non trasportabili" e ha rifiutato il permesso di trasporto. Colleghi e parenti di Navalny hanno deciso di appellarsi alla Corte europea dei diritti dell'uomo con la richiesta di vietare alle autorità russe di ostacolare il trasporto. Yulia Navalnaya (moglie di Navalny) ha inviato una lettera-appello a Vladimir Putin, in cui ha chiesto il permesso di trasportarlo in Germania per le cure. Dopo diversi appelli, la sera, il suo medico curante, Anastasia Vasilieva, ha comunicato che i medici dell'ospedale avevano dato il permesso di trasportare Navalny in Germania. Il giorno dopo Navalny è atterrato a Berlino e ricoverato all'ospedale universitario della Charité. Il 2 Settembre i medici tedeschi hanno confermato l'ipotesi dell'avvelenamento, affermando che le analisi di Navalny hanno riscontrato la presenza del Novichok, agente nervino (che come effetto aumenta la concentrazione di acetilcolina nei recettori neuromuscolari, e di conseguenza la contrazione involontaria di tutti i muscoli, conducendo all'arresto sia respiratorio che cardiaco, ed infine alla morte) già utilizzato per avvelenare l'ex spia russa Sergej Skripal nel 2018 (sotto il video sui dettagli dell'indagine con i sottotitoli in inglese). 


 

Navalny è il leader dell'opposizione pro-Democrazia in Russia, fondatore del Partito "la Russia del Futuro" e della Fondazione Anti-Corruzione, in quei giorni si trovava in Siberia per incontrare i candidati e i volontari impegnati nelle elezioni locali e regionali tenutesi in autunno (dove l'opposizione si è presentata con candidati comuni ed è riuscita a ottenere dei buoni risultati, eleggendo diversi consiglieri regionali e comunali), ma anche per condurre un'indagine, sulla corruzione di esponenti politici locali . L'indagine video è stata successivamente pubblicata dalla squadra di Navalny il 31 Agosto sul canale YouTube del suo Partito (uno dei canali più visti in Russia). 

Per la sua attività contro la "Democratura" russa e per le sue denunce contro la corruzione di politici e funzionari dello Stato, si è attirato addosso le ire del Cremlino. Infatti questa non è stata l'unica aggressione subita, anche con sostanze chimiche. Il 27 Aprile 2017, Navalny è stato attaccato da sconosciuti fuori dal suo ufficio nella Fondazione Anti-Corruzione che gli hanno spruzzato una tintura verde brillante, forse mescolata con altri componenti, sul suo viso, facendogli perdere l'80% della vista nell'occhio destro. Navalny poi ha affermato che l'attaccante era Aleksandr Petrunko, un uomo che, aveva legami con il VicePresidente della Duma di Stato Pyotr Olegovich Tolstoy. Navalny ha accusato il Cremlino di aver orchestrato l'attacco. Un altro incidente si è verificato nel Luglio 2019, dopo essere stato arrestato e imprigionato per aver partecipato a una manifestazione, Navalny è stato ricoverato in ospedale con gravi danni agli occhi e alla pelle. In ospedale, gli è stata diagnosticata una semplice reazione allergica, ma questa diagnosi è stata contestata da Anastasia Vasilieva, uno dei suoi medici personali, che ha suggerito la possibilità che le condizioni di Navalny fossero il risultato di "effetti dannosi di sostanze chimiche indeterminate". Il 29 Luglio 2019, Navalny è stato dimesso dall'ospedale e riportato in carcere, nonostante le obiezioni del suo medico personale date le sue condizioni di salute ancora precarie. 

Il "caso Navalny" è poi tornato alla ribalta nelle ultime settimane dopo che il 13 Dicembre, un articolo del "Sunday Times", che citava fonti di intelligence anonime, riportava che Navalny era stato avvelenato una seconda volta mentre era in ospedale a Omsk, si ritiene che la precedente somministrazione dell'antidoto atropina in risposta al primo avvelenamento abbia salvato la vita di Navalny contrastando anche la seconda dose di Novichok. Il 14 Dicembre è stata pubblicata un'indagine congiunta di "The Insider" e "Bellingcat" in collaborazione con la "CNN" e "Der Spiegel" che coinvolgeva agenti del Servizio di Sicurezza Federale russo (FSB) nell'avvelenamento di Navalny. L'indagine ha descritto nel dettaglio un'unità speciale dell'FSB specializzata in sostanze chimiche e gli investigatori hanno rintracciato i membri dell'unità utilizzando dati di telecomunicazioni e di viaggio. Secondo le indagini, Navalny è stato sorvegliato da un gruppo di agenti dell'unità per tre anni e potrebbero esserci stati tentativi precedenti di avvelenare Navalny. 

In seguito a questa indagine, Navalny ha telefonato a Konstantin Kudryavtsev, uno degli agenti dell'FSB coinvolti, presentandosi come aiutante di Nikolai Patrushev (Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale russo) e chiedendo dettagli sul perché il tentato avvelenamento fosse fallito. La conversazione è stata registrata (qui trovate la trascrizione in inglese: https://www.bellingcat.com/news/uk-and-europe/2020/12/21/if-it-hadnt-been-for-the-prompt-work-of-the-medics-fsb-officer-inadvertently-confesses-murder-plot-to-navalny/), Kudryavtsev ha confessato il tentato omicidio, dicendo che il Novichok era stato applicato sulle mutande di Navalny mentre si trovava in hotel a Tomsk, ma anche se le aveva indossate per il volo come previsto, il veleno era stato assorbito troppo lentamente per avere effetti letali prima che l'aereo partisse. Dopo l'evacuazione medica di Navalny in Germania, Kudryavtsev è stato inviato a recuperare i vestiti di Navalny in modo che potessero essere trattati per rimuovere le tracce di Novichok prima che potessero essere testati da esperti indipendenti (sotto il video sulla conversazione, con sottotitoli in inglese)

 

Quest'ulteriore atto violento di intimidazione fatto da Putin contro l'opposizione è il fulgido esempio di cosa siano realmente le "Democrazie illiberali" e degli orribili crimini di cui sono capaci coloro che detengono pieni poteri. Da ciò nasce anche l'esigenza per tutto il mondo Occidentale di cercare una nuova strategia contro le dittature, visto che quella delle sanzioni sembra non sortire gli effetti sperati. Un importante passo in questa direzione è stato fatto dall'UE, recentemente con il "Magnitsky Act", grazie al quale l'Europa adesso ha ora più poteri per punire le persone coinvolte in violazioni dei Diritti umani. Le nuove regole infatti, prevedono tra le altre cose di: vietare a persone mirate di viaggiare in Europa, congelare i beni sia di funzionari che di "entità" come organizzazioni, società o banche e bandire gli europei dal mettere i fondi a disposizione di coloro che sono coinvolti in gravi violazioni dei Diritti umani. Questo rappresenta solo un primo passo, ma è sicuramente un forte segnale che l'UE ha lanciato a Putin e ai suoi simili, di non essere più disposta a tollerare i crimini e le atrocità commesse dalle Dittature. 

venerdì 18 dicembre 2020

L'anno che verrà

 di Armando Dicone

Cara/o amica/o (centrista),
ti scrivo (non) per distrarmi un po', come canterebbe Lucio Dalla, ma per augurarci che il 2021 sia l'anno della nascita culturale e politica della nostra area.
"Forum al Centro" a marzo festeggerà il secondo anno di attività e di strada ne abbiamo fatta davvero tanta.
Quando abbiamo iniziato a parlare di "centro politico" eravamo in pochi e man mano che siamo andati avanti, con le nostre attività, siamo diventati sempre di più.
Parlare di centro sembrava essere un tabù, oggi invece è una realtà, almeno dalla parte della "domanda politica", ma come ci siamo sempre detti era da lì che dovevamo partire.
La nostra strada non è ancora terminata, il metodo che ci siamo dati, quello di condividere qualunque scelta, si è dimostrato il più difficile ma il più efficace, ora dobbiamo fare il salto di qualità per condividere proposte sui temi concreti, come direbbe Sturzo "un programma non si inventa, si vive".

Auguro a tutti noi che il 2021 ci porti:
- legge elettorale proporzionale con voto di preferenza;
- legge sulla regolamentazione della democrazia interna ai partiti;
- l'evento digitale denominato Camaldoli 2021;
liste di centro nei comuni al voto;
- le fondamenta della federazione di centro che auspichiamo fin dalla nostra nascita.

Non è un libro dei sogni, ma il frutto del nostro comune impegno, sempre con umiltà, con i piedi per terra, ma con determinazione e grande passione.

Grazie per l'attenzione ed auguro a voi e alle vostre famiglie buone feste.

mercoledì 16 dicembre 2020

Il mostro non dorme sotto il letto. Il mostro può dormire accanto a te #Donnaalcentro

 di Valeria Frezza

La cosa più difficile è stata essere creduta. Io non avevo prove, non avevo testimoni, non avevo lividi. Una donna che subisce violenza ha sempre un occhio nero, io non avevo neppure un'unghia spezzata. Perché la mia violenza era fatta di pugni sferrati con gli sguardi, di calci dati con le parole, di schiaffi assestati con le assenze, i silenzi e i rifiuti. Era una violenza morale, psicologica. Di quelle che non lasciano segni esteriori, anche se dentro la tua anima è tumefatta e tu sei peggio di una che agonizza nella sua pozza di solitudine. Alberto era il ragazzo più affascinante della comitiva all'università, corteggiato da tutte le mie amiche. A me, invece, non interessava, o forse avevo visto giusto. Anni dopo l'ho incontrato a una cena di lavoro, uscivo da una grossa delusione d'amore, e lui ha cominciato a farmi il filo in modo insistente. Credo di essermi lasciata conquistare più dal suo successo, dalla facciata, che da un reale innamoramento. Alberto era distante, frettoloso, dispotico. Però poi, in pubblico, declamava il suo amore per me e mi riempiva di attenzioni e regali, facendomi sentire invidiata da tutte. Nel giro di pochissimo tempo siamo andati a vivere insieme, e lui, subdolamente, ha cominciato ad avvolgermi in una sottile tela di ragno. Il primo filo con cui mi ha intrappolata è stato quello dell'insicurezza fisica. Quando la mattina uscivo per andare al lavoro, Alberto mi lanciava un'occhiata di disgusto, oppure mi strizzava il braccio: stava zitto ma era come se dicesse: «Hai la cellulite anche sulle braccia». Dopo un'ora di preparativi, una sua sola occhiata riusciva a farmi sentire a disagio, disordinata. Una delle mie colleghe, Sabrina, mi fece notare che da quando stavo con lui non sorridevo più e che avevo perso smalto e intraprendenza in ufficio. Me la presi molto e troncai ogni rapporto con lei, non ammettevo che qualcuno criticasse Alberto, pensavo fosse solo invidia. Invece aveva ragione, e forse mi stava solo tendendo una mano: io ero un insetto paralizzato e difendevo il ragno danzante che mi aveva ipnotizzata e prendeva per sé tutta l'attenzione, lasciandomi svuotata. Iniziando dai miei punti deboli Alberto era riuscito a minare lentamente anche le mie certezze. Non mi guardavo più allo specchio, per strada tenevo gli occhi bassi evitando di incrociare altri sguardi, avevo paura che tutti vedessero le mie braccia grassocce, ed entravo in confusione persino se qualcuno mi chiedeva un'indicazione stradale. In ufficio cercavo di farmi notare il meno possibile, declinavo gli inviti delle amiche e avevo rinunciato anche all'ora di pilates. Non facevo più nulla che non fosse per lui. Finito il lavoro, correvo a casa a preparare la cena o a stirare la sua tuta da calcetto, terrorizzata dalle sue minacce ogni qualvolta mancava qualcosa. Ma qualsiasi cosa facessi, era sbagliata. Una sera, rientrando dalla partita mi aveva lanciato la sacca ordinandomi di caricare la lavatrice. Ma la sacca non era stata nemmeno aperta, non si era accorto che dentro mancavano gli scarpini e la divisa: avevo dimenticato di metterli ed avevo passato la serata immaginando terrorizzata la sua reazione. Caricai la lavatrice ridendo silenziosamente. Il giorno dopo andai da Sabrina e glielo raccontai, lei mi abbracciò felice. Ebbe inizio così la nostra amicizia, una preziosa sorellanza che mi ha salvata. Dopo qualche giorno, accorgendosi che sorridevo, mi guardavo allo specchio e non ascoltavo più le sue critiche, Alberto iniziò a essere più violento, e una mattina, invece di stringermi il braccio mi afferrò per il collo. Quel giorno trovai il coraggio di andare dai carabinieri. «Ma l'ha minacciata di morte o no?», mi chiese il maresciallo da cui mi aveva accompagnata Sabrina. «Non ha parlato, ma il suo sguardo era eloquente», risposi. «Signorina, qui non facciamo processi alle intenzioni», mi azzittì, facendomi sentire una visionaria matta. «Almeno ce l'ha un referto del Pronto soccorso?». No, non ce l'ho, ancora non hanno inventato la Tac per le minacce, se una donna ha bisogno del nostro aiuto venga pure a cercarci nei centri antiviolenza, nell'attesa che anche le istituzioni prendano coscienza di cosa sia e di come funzioni davvero la violenza domestica. Le parole possono uccidere. Per fortuna io l'ho capito in tempo”.


“Mi guardo allo specchio e vorrei urlare: «Sono viva. Posso guardarmi, esisto!». Annamaria Spina oggi ha 45 anni, vive con il marito Michele a Catania, con due figli di 14 e 10 anni e fa l'attrice. Ma quel giorno del 1993 poteva essere l'ultimo della sua vita. Ci racconta come ha fatto a essere una scampata e perché ha avuto il coraggio di portare la sua storia sul palcoscenico. «Avevo 22 anni e Nino, il ragazzo che avevo appena lasciato perché era geloso e possessivo, una sera mi invitò in discoteca. Che male c'è, pensai. Poi, una volta in macchina, iniziò a inveire: «Puttana, perché vuoi lasciarmi?». E giù pugni e schiaffi prima sul viso, poi in basso fino allo stomaco. Tra me e la morte c'era una sottile linea di confine, ero priva di forza e di sensi. Non so come ho fatto a uscire viva da quell'abitacolo. Per anni ho sentito addosso le mani e i sospiri di quell'uomo e ho persino fatto fatica a fidarmi di quello che oggi è mio marito e padre dei miei figli. Poi ho capito che dovevo reagire. Dovevo farlo per le altre donneCosì ho unito l'arte all'impegno civile: ho portato la mia testimonianza a teatro, è diventata il monologo Sei mia, come le parole che mi diceva Nino quando eravamo insieme. Solo a pensarci mi vengono i brividi, non era una dichiarazione d'amore, era una minaccia. Nessun uomo può considerare la sua donna una proprietà”.


Mamma coraggio: “Avevo 17 anni e lui all'inizio era perfetto. Non so che cosa sia successo nel frattempo, ma iniziò a essere violento. Mi prendeva a forza, anche se io mi opponevo; se non facevo ciò che diceva lui erano botte. Fino a quando rimasi incinta. Non potevo abortire, nonostante tutto, era mio figlio, decisi di tenerlo, anche quando lui se ne andò via e io rimasi sola”. 

Michelle Hunziker, i ricatti e le violenze. La famosissima conduttrice svizzera ha voluto raccontare dei ricatti sessuali subiti: “Nella mia vita ho avuto un sacco di situazioni del genere e ho sempre ritenuto più importante ricordarmi che siamo noi le responsabili del nostro destino, consapevole che se avessi ceduto sarebbe stata anche colpa mia“. Michelle è stata anche vittima di una setta, tra violenze psicologiche e minacce, la Hunziker ha però alzato la testa e detto no; inoltre, la showgirl è molto attiva in fatto di violenza contro le donne, tanto da aver fondato nel 2007 l’associazione Doppia Difesa insieme a Giulia Bongiorno.


Heather Parisi e i 7 anni di abusi subiti dall’ex compagno: “Sono stata picchiata per 7 lunghi anni dal mio ex compagno, di cui non farò mai il nome. Ma dalla violenza fisica c’è la possibilità di guarire, quella psicologica è più difficile da superare. Mi rivolgo alle donne a casa: dovete essere forti anche voi”, un messaggio che vuole infondere coraggio a tutte coloro che vivono un’esperienza così e non riescono a trovare una via d’uscita. Heather ha rivelato di essere scappata da casa solo con il borsone da danza, ma di esserci riuscita. L’ex compagno, del quale non ha fatto il nome, la minacciava e la umiliava costantemente, finché un giorno Heather non decise di tornare ad essere una donna libera.


Stefania Sandrelli e le botte prese per aver rifiutato un invito sessuale. “Ho subito una sola violenza. Era il fidanzato di una mia carissima amica. Dopo una giornata al mare con gli amici, a Ostia, mi ritrovai inaspettatamente sola con lui. Capii che voleva fare l’amore con me. Io veramente non ero preparata, ero incredula… dissi di no e presi un sacco di botte”.


Troppo spesso le donne sono offese, maltrattate, violentate, indotte a prostituirsi... Se vogliamo un mondo migliore, che sia casa di pace e non cortile di guerra, dobbiamo tutti fare molto di più per la dignità di ogni donna". Sono parole importanti quelle che Papa Francesco affida ad un tweet sul suo account @Pontifex in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.   

Per cogliere il grado di civiltà di un popolo, di una società o di un uomo basta volgere lo sguardo tra le pareti di una casa, sul ciglio di una strada, tra le immagini di un film o di una pubblicità. “Da come trattiamo il corpo della donna - ha affermato Papa Francesco nella Santa Messa dello scorso primo gennaio - comprendiamo il nostro livello di umanità”. “Le donne sono fonti di vita. Eppure - ha aggiunto il Pontefice durante quella celebrazione, nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio - sono continuamente offese, picchiate, violentate, indotte a prostituirsi e a sopprimere la vita che portano in grembo. Ogni violenza inferta alla donna è una profanazione di Dio, nato da donna”.

"Chi è violento con le parole è già un assassino: le parole sono le prime armi sempre a disposizione per ferire e negare la vita di un altro".
- Enzo Bianchi, monaco cristiano e saggista italiano

 

 

Fonti: Elle, donnaglamour

mercoledì 9 dicembre 2020

Discorso di Luigi Einaudi, Assemblea Costituente, 29 luglio 1947

Chiedo a voi, onorevoli colleghi, venia di parlare dal banco di deputato invece che da quello del governo. Dal banco del governo si pronunciano discorsi politici, e si sostengono battaglie politiche. Queste mie parole vogliono invece essere un'umile appendice di considerazioni storiche al grande discorso col quale Benedetto Croce pronunciò l'altro giorno un giudizio storico solenne sul trattato imposto a noi dalla volontà altrui.

Chiedo altresì il permesso di seguire coll’occhio il manoscritto all'uopo, contrariamente alle mie abitudini, approntato affinché la commozione del dire improvviso non turbi una espressione di pensiero, che oggi deve invece essere attentamente meditata.

Al par di voi, ho ascoltato con commozione ed ho riletto con ammirazione profonda il giudizio storico che Benedetto Croce ha pronunciato in quest’aula intorno alla ratifica del trattato di pace; giudizio che se l'autore intendesse dare un seguito alla sua storia d'Italia assai degnamente chiuderebbe questa grande opera sua. Il giudizio pronunciato in quel discorso chiude anche un'epoca nella storia d’Italia. Vorrei tentare qui a guisa, come dissi, di appendice una ideale prosecuzione di esso, guardando non più al passato; ma all’avvenire. Invece di una magnifica pagina di storia conclusa, il mio sarà un informe tentativo di indovinare le logiche conseguenze odierne di quelli che furono i connotati essenziali delle due grandi guerre combattute in Europa nel secolo presente. Già quei connotati erano visibili nella prima guerra; ma parve allora ai più che soltanto si fosse riprodotto ancora una volta il tentativo egemonico di Filippo II, di Luigi XIV e di Napoleone I, contrastato ogni volta, a salvaguardia della libertà d'Europa, dalla potenza navale britannica; e furono alte le proteste fra gli storici tedeschi contro l'eterna seminatrice di discordia, contro la perfida Albione, la quale, applicando il romano detto divide et impera, si sforzava di mantenere discordi tra loro i popoli europei e di impedire avesse alfine nascimento quell'Europa una, che era stata, in varia maniera, l'ideale di poeti e pensatori, da Dante Alighieri ad Emanuele Kant ed a Giuseppe Mazzini. Sicché, vinta la Germania, distrutta la monarchia austro-ungarica e chiusasi la Russia in se stessa, parve rivivesse nel 1918 l'antica convivenza europea di stati indipendenti; ed anzi una nuova Santa alleanza, sotto le sembianze di Società delle nazioni, si costituì a garantire invano la indipendenza delle minori nazioni contro la egemonia della più potente e prepotente delle nazioni maggiori. Invano, ché la Società delle nazioni nasceva colpita a morte irrimediabilmente dallo stesso vizio capitale che aveva tolto valore alla Lega anfizionica greca, al Sacro romano impero ed alla Santa alleanza. Il vizio era chiaro: la Società delle nazioni era una lega di stati indipendenti ognuno dei quali serbava intatti un esercito proprio, un regime doganale autonomo ed una rappresentanza sovrana sia presso gli altri stati sia presso la lega medesima. Era facile prevedere, come a me accadde di prevedere nel 1917, quando la Società delle nazioni era un mero proposito di Wilson, e quando in Italia il più rumoroso promotore della sua fondazione era colui che, divenuto poscia dittatore, tanto operò per distruggere la costituita società; era facile, dico, prevedere che essa era nata morta. L'esperienza storica tante volte ripetuta dimostra che le mere società di nazioni, le federazioni di stati sovrani sono impotenti ad impedire, anzi per lo più sono fomentatrici di guerre tra gli stessi stati sovrani federati; e presto diventano consessi vaniloquenti, alla cui ombra si tramano e si preparano guerre e si compiono le manovre necessarie ad addormentare il nemico ed a meglio opprimerlo. Sinché nella Svizzera non sorse un potere sovrano, signore unico dell'esercito e delle dogane, non fu possibile evitare le guerre civili, che erano guerre fra cantoni sovrani; e nel tempo volto dal 1776 al 1786 il pericolo di guerre fratricide fra le 13 antiche colonie nord-americane divenute stati sovrani fu sempre imminente; e solo il genio di Washington, confortato dal pensiero di Jay, di Jefferson e di Hamilton, trovò il rimedio quando sostituì alla vana ombra della federazione di stati sovrani l'idea feconda della confederazione, unica signora delle forze armate, delle dogane e della rappresentanza verso l'estero, fornita di un parlamento unico; rappresentante, in un ramo, degli stati confederati, ma nell'altro del popolo intero di tutta la confederazione.

La prima guerra mondiale fu dunque combattuta invano, perché non risolse il problema europeo. Ed un problema europeo esisteva. Scrivevo nel 1917 e ripeto ora a trenta anni di distanza: gli stati europei sono divenuti un anacronismo storico. Così come nel secolo XVI le libere città e repubbliche ed i piccoli principati erano in Italia divenuti un anacronismo, perché l'Europa stava allora subendo un travaglio di ricostituzione territoriale e sorgevano le grandi monarchie spagnola e francese e si affacciava al nord la unificata nazione britannica, e l'indipendenza del consorzio dei piccoli principati tenuti in equilibrio dalla saggezza di Lorenzo il Magnifico, rovinò dinanzi all'urto contrastante di Spagna e di Francia, di Carlo V e di Francesco I, così sin dall'inizio del secolo presente, era divenuta anacronistica la permanenza dei tanti stati sovrani europei. A mano a mano che si perfezionavano le comunicazioni ferroviarie e la navigazione, a vapore ed a motore, prendeva il posto di quella a vela; ed i popoli erano avvicinati dal telefono, dal telegrafo con e senza fili e dalla navigazione aerea, questa nostra piccola aiuola europea apertamente palesava la sua inettitudine a sopportare tante sovranità diverse. Invano gli stati sovrani elevavano attorno a sé alte barriere doganali per mantenere la propria autosufficienza economica. Le barriere giovavano soltanto ad impoverire i popoli, ad inferocirli gli uni contro gli altri, a far parlare ad ognuno di essi uno strano incomprensibile linguaggio di spazio vitale, di necessità geopolitiche, ed a fare ad ognuno di essi pronunciare esclusive e scomuniche contro gli immigranti stranieri, quasi essi fossero lebbrosi e quasi il restringersi feroce di ogni popolo in se stesso potesse, invece di miseria e malcontento, creare ricchezza e potenza.

La prima guerra mondiale fu la manifestazione cruenta dell'aspirazione istintiva dell'Europa verso la sua unificazione; ma, poiché l'unità europea non si poteva ottenere attraverso una impotente Società delle nazioni, il problema si ripropose subito.

Esso non può essere risoluto se non in una di due maniere; o con la spada di Satana o con quella di Dio.

Questa volta Satana si chiamò Hitler, l'Attila moderno. Non val la pena di parlare del nostro dittatore di cartapesta, il quale non comprese mai la grandezza del problema. L'Attila moderno, il pazzo viennese, aveva invece, nelle sue escogitazioni frenetiche e sconnesse, visto il problema e la sua grandezza, ed aveva tentato di risolverlo. Il modo tenuto da lui e dal suo popolo fu quello della forza e del sangue. Il modo era riuscito ai romani, i quali colla forza avevano vinto uno dopo l'altro i cartaginesi, i greci e gli stati alessandrini, tutti più colti dei romani; ma questi si erano fatti perdonare poi il brutto cominciamento instaurando nel mondo mediterraneo l'impero del diritto. All'Attila redivivo il metodo della forza non riuscì; ché gli europei erano troppo amanti di libertà per non tentare ogni via per resistere al brutale dominio della forza; e troppi popoli al mondo discendono dagli europei e serbano il medesimo ideale cristiano del libero perfezionamento individuale e dell'elevazione autonoma di ogni uomo verso Dio per non sentire nell'animo profondo l'orrore verso chi alzava il grido inumano dell'ossequio verso ideali bestiali di razza, di sangue, di dominazione degli uomini eletti venuti dalla terra generatrice di esseri autoctoni e dalla foresta primitiva.

Non è vero che le due grandi guerre mondiali siano state determinate da cause economiche. Nessuno che sappia compiere un ragionamento economico corretto può credere mai che dalla guerra alcun popolo, anche vincitore, possa trarre un qualsiasi risultato se non di impoverimento, di miseria, di spirito di odio e di vendetta, generatori alla loro volta di miseria e di abiezione.

Vero è invece che le due grandi guerre recenti furono guerre civili, anzi guerre di religione e così sarà la terza, se, per nostra sventura, noi opereremo in guisa da provocare l'opera sua finale di distruzione. Le due guerre parvero guerre fra stati e fra popoli; ma la loro caratteristica fondamentale, quella che le distingue dalla più parte, non da tutte, le guerre passate, quella che le assimila alle più implacabili tra le guerre del passato, e queste furono le guerre di religione – ricordiamo la scomparsa della civiltà cristiana dall'Egitto a Gibilterra, la ferocia della guerra contro gli Albigesi e la distruzione operata dalla guerra dei trent'anni in Germania – sta in ciò: che quelle due grandi guerre furono combattute dentro di noi. Satana e Dio si combatterono nell'animo nostro, dentro le nostre famiglie e le nostre città. Dovunque divampò la lotta fra i devoti alla libertà e la gente pronta a servire. Se in tanta parte dell'Europa conquistata dai tedeschi, si ripeté l'esperienza che Tacito aveva scolpito con le parole solenni: Senatus, equites, populusque romanus ruere in servitium, ciò fu perché negli uomini lo spirito non è sempre pronto a vincere la materia. Non recriminiamo contro coloro che operarono male; perché la resistenza al male è sempre un miracolo, che umilmente dobbiamo riconoscere avrebbe potuto non aver luogo. Ma diciamo alto che noi riusciremo a salvarci dalla terza guerra mondiale solo se noi impugneremo per la salvezza e l'unificazione dell'Europa, invece della spada di Satana, la spada di Dio; e cioè, invece della idea della dominazione colla forza bruta, l'idea eterna dalla volontaria cooperazione per il bene comune.

Al par di ognuno di voi, il dolore per le amputazioni ai confini orientali ed occidentali è profondo nel mio cuore; e per quel che riguarda i confini occidentali, più che il dolore, è viva in me l'indignazione e l'ira per la cecità con la quale uomini così fini ragionatori, cervelli così limpidi come sono i francesi si siano lasciati trascinare a ripetere i frusti argomenti che noi, cultori di storia piemontese, avevamo letto nelle istruzioni ai diplomatici ed ai generali di Luigi XIV per contrastare ai piemontesi la conquista del confine supremo delle Alpi, raggiunto finalmente, dopo secoli di lotte, nel 1713, e consacrato nel definitivo trattato dei confini del 1761.

Se ciechi furono i vincitori, non perciò dobbiamo noi essere ciechi e sperare di vedere ricostituita l'unità della patria a mezzo di nuove guerre o di nuove carneficine. Nella nuova era atomica, guerra vuol dire distruzione non forse della razza umana – ché nelle riarse pianure ridivenute paludi e foreste vergini, e nei monti selvaggi una razza che dell'uomo civile non avrà nulla, potrà salvarsi e lentamente, attraverso i secoli, risorgere a civiltà – ma certamente di quell'umanesimo per cui soltanto agli uomini è consentito di essere al mondo. Ma noi non ci salveremo dall'imbarbarimento scientifico, peggiore di gran lunga della barbarie primeva, col gareggiare con gli altri popoli nel preparare armi più micidiali di quelle da essi possedute. La sola speranza di salvare noi e gli altri sta nel farci, noi prima degli altri ed ove faccia d'uopo, noi soli, portatori di un'idea più alta di quella altrui. Solo facendoci portatori nel mondo della necessità di sostituire alla spada di Satana la spada di Dio, noi potremo riconquistare il perduto primato. Non il primato economico; che questo viene sempre dietro, umile ancella, al primato spirituale. Dico quel primato, che, nell'epoca feconda del Risorgimento, si attuava nella difesa delle idee di fratellanza, di cooperazione, di libertà, che diffuse dalla predicazione incessante di Giuseppe Mazzini e rese operanti, nei limiti delle possibilità politiche, da Camillo di Cavour, avevano conquistato alla nuova Italia la simpatia, il rispetto e l'aiuto dell'Europa.

Non giova rinunciare a questa nostra tradizione del Risorgimento, pensando di poter trarre pro dalle discordie altrui. La politica dei giri di valzer, del "parecchio da guadagnare", del "sacro egoismo", che alla nostra generazione parve machiavellicamente utile, diede, quando fu recata dal dittatore alla logica conseguenza dell'autarchia economica, volta a cercar grandezza nel torbido delle sconvolte acque europee, amari frutti di tosco.

Rifacciamoci, dal Machiavelli, meditante solitario nel confino del suo rustico villaggio toscano sui teoremi della scienza politica pura, al Machiavelli uomo, al Machiavelli cittadino in Firenze, il quale non aveva, no, timore di rivolgersi al popolo, da lui reputato «capace della verità», capace cioè di apprendere il vero e di allontanarsi dai falsi profeti quando «surga qualche uomo da bene che orando dimostri loro come ei s'ingannino». Sì. Fa d'uopo che oggi nuovamente surgano gli uomini da bene, auspicati da Niccolò Machiavelli, a dimostrare ai popoli europei la via della salvezza e li persuadano ad infrangere gli idoli vani dell'onnipotenza di stati impotenti, del totalitarismo, alleato al nazionalismo e nemico acerrimo della libertà e della indipendenza delle nazioni. 

Se noi non sapremo farci portatori di un ideale umano e moderno nell'Europa d'oggi, smarrita ed incerta sulla via da percorrere, noi siamo perduti e con noi è perduta l'Europa. Esiste, in questo nostro vecchio continente, un vuoto ideale spaventoso. Quella bomba atomica, di cui tanto paventiamo, vive purtroppo in ognuno di noi. Non della bomba atomica dobbiamo sovratutto aver timore, ma delle forze malvagie le quali ne scatenarono l'uso. A questo scatenamento noi dobbiamo opporci; e la sola via d'azione che si apre dinnanzi è la predicazione della buona novella. Quale sia questa buona novella sappiamo: è l'idea di libertà contro l'intolleranza, della cooperazione contro la forza bruta. L'Europa che l'Italia auspica, per la cui attuazione essa deve lottare, non è un'Europa chiusa contro nessuno, è una Europa aperta a tutti, un'Europa nella quale gli uomini possano liberamente far valere i loro contrastanti ideali e nella quale le maggioranze rispettino le minoranze e ne promuovano esse medesime i fini, sino all'estremo limite in cui essi sono compatibili con la persistenza dell'intera comunità. Alla creazione di quest'Europa, l'Italia deve essere pronta a fare sacrificio di una parte della sua sovranità.

Scrivevo trent'anni fa e seguitai a ripetere invano e ripeto oggi, spero, dopo le terribili esperienze sofferte, non più invano, che il nemico numero uno della civiltà, della prosperità, ed oggi si deve aggiungere della vita medesima dei popoli, è il mito della sovranità assoluta degli stati. Questo mito funesto è il vero generatore delle guerre; desso arma gli stati per la conquista dallo spazio vitale; desso pronuncia la scomunica contro gli emigranti dei paesi poveri; desso crea le barriere doganali e, impoverendo i popoli, li spinge ad immaginare che, ritornando all'economia predatoria dei selvaggi, essi possano conquistare ricchezza e potenza. In un'Europa in cui ogni dove si osservano rabbiosi ritorni a pestiferi miti nazionalistici, in cui improvvisamente si scoprono passionali correnti patriottiche in chi sino a ieri professava idee internazionalistiche, in quest'Europa nella quale ad ogni piè sospinto si veggono con raccapriccio riformarsi tendenze bellicistiche, urge compiere un'opera di unificazione. Opera, dico, e non predicazione. Vano è predicare pace e concordia, quando alle porte urge Annibale, quando negli animi di troppi Europei tornano a fiammeggiare le passioni nazionalistiche. Non basta predicare gli Stati Uniti di Europa ed indire congressi di parlamentari. Quel che importa è che i parlamenti di questi minuscoli stati i quali compongono la divisa Europa, rinuncino ad una parte della loro sovranità a pro di un Parlamento nel quale siano rappresentati, in una camera elettiva, direttamente i popoli europei nella loro unità, senza distinzione fra stato e stato ed in proporzione al numero degli abitanti e nella camera degli stati siano rappresentati, a parità di numero, i singoli stati. Questo è l'unico ideale per cui valga la pena di lavorare; l'unico ideale capace a salvare la vera indipendenza dei popoli, la quale non consiste nelle armi, nelle barriere doganali, nella limitazione dei sistemi ferroviari, fluviali, portuali, elettrici e simili al territorio nazionale, bensì nella scuola, nelle arti, nei costumi, nelle istituzioni culturali, in tutto ciò che dà vita allo spirito e fa sì che ogni popolo sappia contribuire qualcosa alla vita spirituale degli altri popoli. Ma alla conquista di una ricca varietà di vite nazionali liberamente operanti nel quadro della unificata vita europea, noi non arriveremo mai se qualcuno dei popoli europei non se ne faccia banditore.

Auguro che questo popolo sia l'italiano. A conseguire il fine non giungerà tuttavia mai se non ci decidiamo subito, sinché siamo in tempo, ed il tempo urge, ad entrare nei consessi internazionali oggi esistenti. Essi sono per fermo imperfetti come quelli della vecchia Società delle nazioni; ma giova farne parte per potere dentro essi bandire e spiegare la buona novella. Perciò io voterò, pur col cuore sanguinante per le Alpi violate, a favore della ratifica del trattato, come mezzo necessario per entrare a fronte alta nei consessi delle nazioni col proposito di dare opera immediata, tenace, continua, alla creazione di un nuovo mondo europeo.

Utopia la nascita di un'Europa aperta a tutti i popoli decisi ad informare la propria condotta all'ideale della libertà? Forse è utopia. Ma ormai la scelta è soltanto fra l'utopia e la morte, fra l'utopia e la legge della giungla.

Che importa se noi entreremo nei consessi internazionali dopo essere stati vinti ed in condizioni di inferiorità economica! Se vogliamo mettere una pietra tombale sul passato; se vorremo non più essere costretti a chiedere aiuti ad altri, ma invece essere invitati a partecipare da paro a paro al godimento di quei beni del mondo alla cui creazione noi pure avremo contributo, dobbiamo non aver timore di difendere le idee le quali soltanto potranno salvare l'Europa. La forza delle idee è ancora oggi – ché l'Europa non è per fortuna del tutto imbarbarita e non è ancora adoratrice supina delle cose materiali – la forza delle idee è ancora oggi la forza che alla lunga guida il mondo. Non è nel momento in cui quattrocento milioni di indiani riconquistano, col consenso e con l'aiuto unanime del popolo britannico, la piena indipendenza, che noi vorremo negare la supremazia incoercibile dell'idea. Un uomo solo, il Mahatma Gandhi, ha dato al suo paese la libertà predicando il vangelo non della forza, ma della resistenza passiva, inerme al male.

Perché non dovremmo anche noi far trionfare in Europa gli ideali immortali, i quali hanno fatto l'Italia unita e si chiamano libertà spirituale degli uomini, elevazione di ogni uomo verso il divino, cooperazione tra i popoli, rinuncia alle pompe inutili, tra cui massima la pompa nefasta del mito della sovranità assoluta?

Difendendo i nostri ideali a viso aperto, rientrando, col proposito di difenderli a viso aperto, nella consociazione dei popoli liberi, e prendendo con quell'intendimento parte ai dibattiti fra i potenti della terra, noi avremo assolto il nostro dovere. Se, ciononostante, l'Europa vorrà rinselvatichire, non noi potremo essere rimproverati dalle generazioni venture degli italiani di non avere adempiuto sino all'ultimo al dovere di salvare quel che di divino e di umano esiste ancora nella travagliata società presente. 

Fonte: Camera dei Deputati, atti assemblea costituente.


venerdì 4 dicembre 2020

#Camaldoli2021 per un centro partecipato


Nei giorni scorsi è emersa una proposta interessante per la nostra area culturale e politica di centro: una "Camaldoli 2021" per riunire i popolari italiani.

La proposta è stata fatta da Ettore Bonalberti, sul sito alefpopolaritaliani.eu,  ripresa dall'on. Giorgio Merlo, sul ildomaniditalia.eu.
Noi di "Forum al Centro", siamo da molti mesi impegnati nella rinascita culturale e (pre) politica del centro riformista, popolare, liberale e moderato e pertanto, vorremmo dare il nostro umile contributo all'idea denominata "Camaldoli 2021", cioè di uno spazio di confronto costruttivo, partecipato e condiviso. Un evento nel quale si elabori un nuovo pensiero forte, ma con radici solide, nuove idee condivise, nuove politiche di centro concrete e realizzabili.
Vorremmo solo aggiungere due proposte, per la migliore riuscita dell'evento:
- dovremmo coinvolgere tutti i "centristi" italiani, chi non si riconosce nel bi-populismo, chi non vuole più scegliere il meno peggio tra destra e sinistra;
- dovremmo ideare un evento digitale, per permettere a tutti di partecipare, la convention centrista e il successivo percorso, saranno efficaci se partono dalla massima partecipazione e non solo dalla semplice addizione di classe dirigente.
Noi ci siamo, con passione, determinazione e umiltà.

Vi ringraziamo per l'attenzione.

#ForumAlCentro

martedì 1 dicembre 2020

Italia: Siamo o no da “RECOVERY”?

di Erminia Mazzoni

Ursula Von der Leyen, nel suo intervento alla Bocconi di Milano, ha cercato di sminuire la preoccupazione in merito alle osservazioni inviate all’Italia sul Recovery Plan. La Presidente dopo un affettuoso incipit - “Per noi l’Italia è importante” - ha annunciato che la lettera partita da Bruxelles all’indirizzo di Palazzo Chigi contiene SOLO l’invito al Governo a fare le riforme chieste (#PA #GIUSTIZIA #FISCO #LAVORO #PENSIONI) e a finalizzare a una strategia di crescita la spesa. E ora come la mettiamo?!

Queste sono da sempre le note dolenti del nostro paese.

Le Riforme strutturali sono una precondizione per accedere alle risorse Ue nella politica di coesione. Non a caso l’Italia ha da anni sul tavolo questi pilastri e, ciclicamente e con intervalli sempre più brevi, vara riforme. Con questo, peraltro, aumentando lo stato di incertezza e conseguente instabilità del paese! È un escamotage che ci consente di guadagnare il tempo dell’entrata a regime e, nel frattempo, ottenere da Bruxelles il via libera a spendere. Quando, poi, il monitoraggio Ue si conclude, con la consueta bocciatura per volume e qualità della spesa, si ritorna, come nel gioco dell’oca, al punto di partenza. L’Italia negozia un termine per approvare nuove riforme e la giostra riparte. Tutto questo accade perché in realtà l’UE ha bisogno di noi e, quindi, fa la faccia cattiva ma poi tratta. Secondo i più questo è il punto di forza dell’Italia, per me è il punto di maggior caduta. Viviamo in una dimensione di alterità l’Unione, quasi come il cittadino che parla dello Stato come altro da se. Invece di impegnarci per migliorare condizione di partenza e prospettive, utilizziamo risorse ed energie per sottrarci agli obblighi che noi stessi abbiamo contribuito a definire. Le coordinate costrittive (almeno così vengono avvertite in molti casi) dell’Unione sono state pensate per creare un’area geopolitica di stabilità socio-economica e per rafforzare quest’area nel mercato mondiale. E invece la cattiva abitudine dei giorni nostri che predilige l’inconsistenza dell’annuncio alla sostanza della proposta ci ha portato a dimenticare perché abbiamo fondato l’UE e perché abbiamo lavorato di diplomazia perché altri 21 paesi lo facessero e ad usare l’Unione come capro espiatorio delle nostre responsabilità. Se qualcosa non va è colpa di Bruxelles. Dai racconti popolari sembra che nell’Ue ci siamo finiti per caso e che ci rimaniamo per debolezza, facendo, con tale semplicismo, piazza pulita di tutte le ragioni storiche, politiche, sociali ed economiche sottese a uno sforzo di condivisione di alcuni asset strategici in una dimensione sovranazionale.

Ora l’occasione di una maggiore disponibilità di risorse e di un temporaneo allentamento dei parametri di stabilità e concorrenza interna rischia di andare sprecata a causa di questo nostro pessimo modo di interpretare l’appartenenza alla Unione.

Siamo a Dicembre e siamo senza un piano che risponda ai requisiti. È stato apposto un vincolo di segretezza ai lavori in corso, come ha detto il ministro delle Politiche Europee, per non turbare gli equilibri. Questo a dispetto di quella obbligatoria concertazione dal basso che dovrebbe animare la redazione del piano. Il Governo, in più, annuncia di voler costituire una task force di esperti o una cabina di regia per trasformare in meno di un mese l’elenco della spesa prodotto a settembre, e bocciato dalla Ue, in un piano strategico di ricostruzione e crescita.

Forse dovremo ringraziare Polonia e Ungheria che con le loro battaglie sui valori comuni stanno rallentando il processo accordandoci un secondo tempo per recuperare il ritardo accumulato. Perché noi intanto sui quei 209 miliardi contiamo, perché oltre al debito, che aumenta, non abbiamo espresso capacità diverse per coprire i maggiori bisogni del sistema nel dopo-COVID.

http://www.askanews.it/video/2020/11/28/ursula-von-der-leyen-con-le-riforme-giuste-litalia-ripartirà-20201128_video_16125446/