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venerdì 11 settembre 2020

Voto NO per ricostruire

 di Armando Dicone

Per comprendere le ragioni profonde del mio NO, al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre, ho dedicato un po' del mio tempo libero a cercare vecchie letture con le quali sono cresciuto e grazie alle quali ho amato la politica, sin da ragazzino.

Quando ho iniziato a sentir parlare del "taglio delle poltrone", ho subito avvertito un senso di nausea davvero insopportabile. Vista la mia reazione istintiva, nei giorni scorsi mi sono soffermato sulle ragioni, ho subito capito che si trattava della mia formazione, di quello che avevo letto e imparato dai giganti che tanto ammiravo. Leggendo i loro discorsi, articoli e libri immaginavo di essere lì con loro, di far parte di una grande famiglia culturale e politica.

Dopo tale reazione e andando nel merito del "taglio", non ho avuto nessun dubbio sul mio NO al referendum e ho già avuto modo di spiegarlo su questo blog, ma quello che volevo condividere oggi con voi è l'idea che per ricostruire la politica non si può partire dall'antipolitica, la buona politica ha bisogno di idee forti.

Ho ritrovato 3 discorsi che vorrei condividere con voi e mi auguro possa farvi piacere.

Riporto tre brevi passaggi di grande attualità di Sturzo, Moro e Dossetti.


Luigi Sturzo, Senato, 27/06/1957


La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà.


Aldo Moro, articolo per Il Giorno, 1977.


Abbiamo salutato l'emergere, estremamente vivo e significativo, di una società civile che mette in evidenza valori prima compressi, esalta l'uomo, rivendica diritti e pone esigenze rigorose alla società politica, contestandone l'esclusivismo e la cristallizzazione. Ma c'è modo e modo di vivere questa esperienza e di secondare le spinte di progresso. Infatti vi sono ancora equilibri da rispettare, assetti istituzionali da salvaguardare, esigenze di sintesi e di ordine da non disattendere. Altrimenti un movimento vitale, segno importante di tempi nuovi, rischia di essere distorto, fino a divenire, invece che una ragione di composta e utile novità, un principio di confusione, uno strumento di disgregazione, un pericolo di instabilità e di indominabilità della società italiana.


Giuseppe Dossetti, Milano, 21/01/1995.


La sovranità popolare diventa sempre più una sovranità mitica: a cui in pubblico e nei discorsi seduttori si rende culto e la si sopraesalta, ma di fatto in sostanza la si viola: delegittimando le sue rappresentanze elettive (il Parlamento), tentando sempre più di comprimere l’indipendenza dell’ordine giudiziario, moltiplicando estrose e indebite pressioni sulla Corte Costituzionale, e finalmente cercando con ostinazione sistematica di ridurre sempre di più la libertà della suprema Magistratura della Repubblica. Pressapoco come Mussolini aveva ridotto la libertà del Re, e Hitler aveva ridotto la grandezza mummificata di Hindemburg.

A una sovranità popolare così mitizzata che cosa potrà ancora restare? Un’ultima illusione: l’illusione di una democrazia diretta! Cioè di essere chiamata ad esercitarsi attraverso referendum, resi sempre più frequenti ed agevoli. Ma anche questa è un’illusione. Invece di una democrazia rappresentativa (parlamentare), con le sue procedure dialogiche e le inevitabili mediazioni di ragioni contrapposte a confronto, si avrebbe una democrazia populista, inevitabilmente influenzata da grandi campagne mediatiche, senza razionalità e appellantisi soprattutto a mozioni istintive e a impulsi emotivi, che trasformeranno i referendum in plebisciti e praticamente ridurranno il consenso del popolo sovrano a un mero applauso al Sovrano del popolo.



Possiamo e dobbiamo ricostruire la politica, partendo però dalle idee e non dallo studio del "sentiment".


Vi ringrazio per l'attenzione.

#IOvotoNO

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