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domenica 30 agosto 2020

Perchè NO!

Di Leonardo Gaddini 

Il prossimo 20 e 21 Settembre si voterà, oltre che per le elezioni: regionali, amministrative e suppletive, anche per il referendum costituzionale sul "taglio dei parlamentari". Se la riforma dovesse passare i membri della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica passeranno dagli attuali 630 e 315 a 400 e 200 (più i Senatori a vita). La legge di riforma costituzionale fu approvata dalle camere a grandissima maggioranza, ma nonostante ciò la riforma è tutt'altro che perfetta. 

Se i "sì" dovessero vincere, infatti, intere aree del Paese si troverebbero prive di rappresentanza in Parlamento. Addirittura intere province con poca popolazione, anche se di grandi dimensioni, potrebbero non riuscire ad eleggere un senatore (è il caso di Rieti per esempio). Il taglio riduce la rappresentanza nel senso che si allargheranno a dismisura i collegi elettorali e, giocoforza, ci saranno piccole regioni in cui molti partiti non saranno rappresentati, si ridurrà il pluralismo e, a causa dei territori più vasti, aumenteranno i costi delle campagne elettorali e soltanto chi potrà sostenerli sarà più facilmente eletto. Tra le regioni più colpite ci sono: la Basilicata, che perderebbe il 46,15% dei seggi, il Friuli Venezia Giulia con -40,00% e l'Abruzzo con -38,10%, inoltre la Liguria, con cinque seggi, avrebbe una rappresentanza al Senato, in sostanza, della sola area genovese. Viceversa il Trentino Alto Adige sarebbe sovra rappresentato, perchè con la riforma le provincie autonome di Trento e Bolzano sarebbero accumunate a due regioni, ottenendo così il doppio dei parlamentari rispetto a oggi. I problemi poi ci sarebbero anche per i nostri connazionali all'estero, specialmente nel collegio "Europa" dove ci sarebbe una perdita del 42,86% dei rappresentanti. 

La riforma svilisce il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentatività, senza offrire vantaggi apprezzabili né sul piano dell’efficienza delle istituzioni democratiche, essa, infatti, non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto. Infatti, con un Senato composto da 200 componenti e che continuerà a svolgere le stesse funzioni di prima, sarà molto più difficile reggere il confronto con la Camera. Si allungheranno i tempi e diventerà più tortuoso l’iter parlamentare dei testi di legge. Ciò aumenterà inevitabilmente l’iniziativa del Governo (già oggi molto pesante) con decreti di varia natura e il ruolo del Parlamento sarà ulteriormente mortificato. Senza contare che su platee così ridotte di parlamentari crescerà il peso delle lobby di interessi privati e di categorie particolari, che potranno condizionare il contenuto della legislazione utilizzando l’accresciuto potere di interdizione di ogni singolo parlamentare. 

Né, tantomeno, su quello del risparmio della spesa pubblica. I fautori della riforma adducono, a sostegno del "sì" al referendum, la riduzione di spesa che la modifica della composizione delle Camere determinerebbe. Si tratta, però, di un argomento inaccettabile non soltanto per l’entità irrisoria dei tagli di cui si parla, pari solo allo 0,007% della spesa pubblica (praticamente un caffè all'anno), ma anche perché gli strumenti democratici basilari (come appunto l’istituzione parlamentare) non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio. Spesso si fa riferimento agli esempi di altri Stati ma non può correttamente compararsi il numero dei componenti delle camere italiane con quello di altre assemblee parlamentari in termini astratti, senza tenere conto del numero degli elettori, che è molto alto vista la popolosità del nostro Paese (e, dunque, il rapporto eletti/elettori deve essere anch'esso elevato). Si trascura, inoltre, che in molti degli ordinamenti assunti come termini di paragone si riscontrano forme di governo e tipi di Stato molto diversi dai nostri. 

La riforma, oltre che inutile, appare ispirata da una logica “punitiva” nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualità dei rappresentanti con il ruolo stesso dell’istituzione rappresentativa. I parlamentari sono visti come esponenti di una “casta” parassitaria da combattere con ogni mezzo ed è il segno di una diffusa confusione del problema della qualità dei rappresentanti con il ruolo dell’organo parlamentare. Non è dato riscontrare, tuttavia, un rapporto inversamente proporzionale tra il numero dei parlamentari e il livello qualitativo degli stessi. Una simile riduzione dei componenti delle camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e il pluralismo politico e potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacità di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle camere. In più con il passaggio di questa legge diventerebbe fondamentale l'apporto alla maggioranza dei Senatori a vita, quindi la stabilità dei prossimi Governi potrebbe dipendere in modo considerevole da persone che non sono state elette dal popolo.

Non può trascurarsi, inoltre, lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, con essa coerente, tale da assicurare, nei limiti del possibile, la rappresentatività delle Camere e, allo stesso tempo, agevolare la formazione di una maggioranza (sia pur relativamente) stabile di governo. Bisogna poi precisare, però, che mentre le leggi elettorali possono essere modificate facilmente e frequentemente, ciò non accade per le riforme costituzionali. È illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l’evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non è meglio di nessuna riforma. Semmai è vero il contrario, respingendo questa riforma perché monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale, al contrario sarebbe più difficile mettere in discussione una riforma appena avallata dal corpo elettorale.

Per tutti questi motivi io vi invito a votare NO! 

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