Pagine

giovedì 27 agosto 2020

Collaboriamo tutti per l'empowerment femminile!

 di Valeria Frezza


Nel 1946 Simone De Beauvoir scriveva: “Donne non si nasce, si diventa”. In questa frase è riassunto il senso di ciò che si intende per empowerment femminile. Nascere donna significa essere inquadrate in dei presupposti culturali di cui è necessario liberarsi per raggiungere un livello più profondo di consapevolezza, partecipazione, condivisione delle responsabilità. Fino alla tanto agognata uguaglianza di genere, irrealizzabile senza un percorso coraggioso e onesto di liberazione dai ruoli culturali e sociali imposti.
Il rapporto 2018 di UN Women, l’agenzia delle Nazioni Unite dedicata a studiare la condizione femminile, afferma: “Raggiungere l’uguaglianza di genere non è solo un obiettivo importante in sé e per sé, ma anche un catalizzatore per raggiungere un futuro sostenibile per tutti”. Come compiere dunque questo percorso di empowerment femminile? Quali strumenti utilizzare e quali obiettivi porsi? Si può cominciare a rispondere a questa domanda ragionando su due livelli.

1- Self-Empowerment

Per crescere dal punto di vista personale bisogna anzitutto acquistare consapevolezza delle proprie capacità, ma anche dell’importanza di saper comunicare agli altri ciò che facciamo, di argomentare le idee e convincere chi ci circonda (colleghi o familiari) a collaborare. Sono molti i modi per svilupparle o anche solo per imparare a riconoscerle nelle proprie dinamiche personali: dai percorsi di gruppo ai coaching personali, dalla lettura dei libri giusti ai workshop sull’argomento. Molto utile in questo senso è anche lo sport: focalizzarsi su un obiettivo, far parte di un clima di gruppo, anche negli sport individuali, e sperimentare in prima persona l’autoefficacia e sentimenti di competenza e autonomia, sono fattori determinanti per costruire un’esperienza di pensiero positiva, e smuovere quelle dinamiche stagnanti che impediscono il cambiamento.

2- Empowerment professionale

Si tratta fondamentalmente di imparare a utilizzare al meglio le proprie capacità, risorse, potenzialità.
Uno dei fattori più determinanti per trovare la spinta a potenziarsi in questo senso, è incontrare dei role model, ovvero quel tipo di persona che ci porta a immaginare la versione migliore di noi stessi. Questo per le donne è chiaro già da tempo, infatti fioriscono i network dedicati alle professioniste e le campagne volte a rendere protagoniste quelle donne che possono costituire un modello positivo per le nuove generazioni, anche per la loro capacità di attrarre le ragazze verso le discipline STEM.

Secondo i dati Ocse, soltanto il 5% delle ragazze quindicenni in Italia aspira a professioni tecniche o scientifiche. Lo stereotipo culturale secondo cui il femminile sarebbe “più portato” verso professioni di cura, empatiche, di assistenza. ”.
Si tratta insomma di intraprendere un gioco di squadra in cui la condivisione del sapere spinge verso l’empowerment sia chi dà che chi riceve.
La finanza personale: negli Stati Uniti per la prima volta le donne hanno superato gli uomini nella gestione della finanza personale, arrivando a controllare il 51% della ricchezza privata. Nello stesso anno uno studio McKinsey fa emergere che le donne americane costituiscono il 47% della forza lavoro e sono responsabili dell'avvio del 41% di nuove imprese. Sono dati impressionanti, accostati anche al rilevamento che le aziende con i team dirigenziali a più alta gender diversity avrebbero il 21% di probabilità in più di ottenere una redditività superiore alla media.
L’Italia non fa eccezione: secondo i dati di Industry Lead Financial Services Gfk Italia, il numero di donne capofamiglia di età compresa fra 35 e 54 anni è aumentato del 78% dal 2000 al 2014. Non solo: la percentuale di patrimoni superiori a 50mila euro detenuta dalle donne sarebbe in linea con quella maschile, con un 15% di donne capofamiglia con un patrimonio considerato “affluent” contro il 18% degli uomini.
Questi dati raccontano la crescita non solo del potere economico delle donne: è aumentata la capacità delle donne di generare reddito e di conseguenza il loro impatto sul mercato, ma soprattutto la consapevolezza di un ruolo attivo, molto più che in passato, nella realizzazione di un’indipendenza che ha un sapore non solo economico. 
L’empowerment passa anche attraverso l’affermazione della propria capacità decisionale, sia nella quotidianità domestica che in un orizzonte più ampio e professionale ed economico.

Imprenditorialità femminile: Continua a crescere il numero di imprese femminili: nel 2018 erano 6mila in più rispetto all’anno precedente e confrontando il dato con il valore di cinque anni fa sono aumentate del 2,7%. È quanto emerge dai dati dell’Osservatorio Unioncamere, che ha censito in Italia più di un milione e 300mila aziende con a capo una donna, rappresentando circa un quarto del totale.

Uno dei problemi principali riscontrati dalle donne imprenditrici è l’accesso al credito, come emerge in una indagine di Cna: il 56% delle donne intervistate di un campione di popolazione ha sostenuto che a parità di altre condizioni, un uomo è avvantaggiato nelle relazioni con la banca.
L’imprenditorialità è una delle chiavi fondamentali per l’empowerment femminile: più donne protagoniste nell’economia contribuiscono in modo determinante alla consapevolezza della piena parità tra i generi. È un fattore economico ma manche culturale, che passa attraverso i modelli positivi e i casi di successo testimoniati dai numeri sempre crescenti.

Tratto da ilsole24ore

Nessun commento:

Posta un commento