Pagine

venerdì 20 marzo 2020

#distantimauniti

di Valeria Frezza


Ho raccolto qui di seguito le testimonianze che si riscontrano in Italia in seguito ai provvedimenti di quarantena presi a causa del Coronavirus.
Le famiglie sono chiuse in casa con i bambini e gli animali domestici e non hanno la possibilità di portarli a fare quattro passi all'aperto e spesso vivono in ambienti abbastanza ristretti.
Il  lavoro in smartworking (quando è possibile, con una connessione internet estremamente lenta e apparecchi informatici condivisi da più persone, famiglie che a volte hanno solo il cellulare (niente PC, scanner e stampante)
Didattica a distanza: se i genitori lavorano fuori casa dono costretti a portare i bimbi dai nonni per motivi lavorativi? Difficoltà nell'utilizzo delle tecnologie, condivisione degli strumenti informatici, rete internet inadeguata, uso di tante piattaforme, simultaneità, sovraccarico di compiti da svolgere a casa, la didattica a distanza spesso si riduce ai compiti a casa, soprattutto per i bimbi più piccoli e per la disabilità spesso il metodo non è troppo inclusivo e i bambini rischiano di rimanere indietro.
Indicazioni non sempre chiare e spesso tutto viene lasciato alla buona volontà e alle competenze informatiche di insegnanti, genitori e nonni.
Le aziende e le  piccole imprese sono state costrette a chiudere e si trovano a dover affrontare le spese e le difficoltà familiari quotidiane. Stanziare dei soldi non è sufficiente (e potrebbere essere anche di più) e oltretutto i tempi burocratici sono spesso molto lunghi.
A me risulta che i vouchers baby sitter e l'assistenza domiciliare per i disabili (e gli anziani) siano inutilizzabili perchè c'è da evitare il contagio e quindi le famiglie finiscono per farne a meno ma con molta difficoltà.
Le associazioni di volontariato si trovano spesso con le mani legate nell'aiuto ai più deboli a causa dei divieti e delle chiusure.
Anziani rinchiusi in istituto con l'unica possibilità di avere contatti telefonici e nemmeno sempre e i senzatetto per strada.
Ultimo ma non meno importante, i fedeli cattolici risentono della privazione della loro presenza in Chiesa  che vuol dire comunione e condivisione con gli altri e assenza della comunione eucaristica (mi piacerebbe che qualcuno segnalasse le difficoltà per le altre religioni).
Possibili effetti psicologici: depressione, esaurimento nervoso, burnout,  scoraggiamento, percezione delle persone che i cambiamenti che ci sono stati in questo periodo resteranno tali e/o che niente tornerà come prima, sfiducia, rabbia, accuse reciproche tra persone, divisione, paura, panico, dipendenza dai sistemi informatici.
In che modo potremmo porre all'attenzione dei politici queste problematiche? Perché a giudicare e a dare ordini è sempre molto facile per tutti e stanziare soldi non è sufficiente.
Questo articolo vuole contribuire a rendere la nostra comunità più responsabile, conoscendo i problemi ci si può aiutare vicendevolmente e per non lasciare solo nessuno. Vi invito a partecipare tutti per il fine che ho sopra indicato. Secondo me sarebbe consigliabile sentire le persone telefonicamente e non inviare continuamente siti, video, informazioni di ogni genere (soprattutto sul coronavirus) perché non fa bene alla salute e genera ansia.
Perché secondo me  #distantimauniti vuol dire questo. avere contatti umani con le persone, amicizia e affetto.

2 commenti:

  1. Grazie per le tue parole. Hai fatto un'analisi tanto lucida quanto complessa della situazione. Si, ci siamo trovati chiaramente impreparati nel gestire una emergenza di tal gravità, anche chi deve governare e gestire il paese nell'emergenza non ha gli strumenti adatti o le capacità necessarie. Non esistono soluzioni univoche o semplici: l'unica "arma" che attualmente abbiamo a disposizione è l'unità. Si essere uniti, aiutarci, tar vicini, tra parenti, tra generazioni, tra credenti, tra uomini e donne, tra fratelli e sorelle. L'unità è anche non dimenticarsi di chi incontriamo in strada ed è in difficoltà, o dell'anziano chiuso in casa che non ha nessuno che gli compri il pane o le medicine. Il telefono è l'unico strumento che è rimasto per contattare anziani e malati chiusi in strutture sanitarie. Ci è impedito di visitarli e di aiutarli, chissà che succederà durante il tempo che ci separerà. La solitudine è un demone che si impadronisce delle persone, specie dei più deboli. Dobbiamo cercare di essere uniti e non lasciare solo nessuno.

    RispondiElimina
  2. Grazie Valeria per l'analisi fatta che è molto vera: tutti si ritrovano con la vita stravolta che sembra impossibile continuare a fare, ma credo che occorre guardare da un'altra prospettiva per accettare ciò che stiamo vivendo e superarlo. Il grido d'allarme del sistema sanitario è veramente drammatico e i limiti ai nostri comportamenti sono l'unico modo per contrastare un collasso sanitario che non possiamo permetterci. Purtroppo troppi irresponsabili hanno messo a rischio la salute di molti anziani, di chi ha patologie e non solo e, dato che è difficile fare controlli a tappeto (e, meno male che non siamo preparati come in Cina che è una dittatura) si è deciso di bloccare quel che si può. Certo tutto è un po' pasticciato, ma qui subentra il buonsenso di ognuno di noi. Stare a casa è insopportabile certo, ma se riusciremo a farlo tutti con forte responsabilità nei confronti degli altri che lavorano per il bene comune, riusciremo a sconfiggere prima questo nemico invisibile che si insinua nelle nostre vite e nei nostri animi. La solidarietà comunque continua a lavorare (con le dovute attenzioni) e si cerca di raggiungere tutti con quel che ci è permesso. Certo non ci possiamo toccare, ma si riacquista il piacere della telefonata, della lettera da scrivere che riesce ad avvicinare inaspettatamente chi non possiamo vedere e toccare. Credo che il dramma sia per i tanti che devono continuare a fare il loro lavoro essenziale (medici, infermieri, tutti gli addetti sanitari, ma anche i commessi dei supermercati e tutti coloro che fanno continuare le nostre vite) mettendo a rischio per tante ore la loro salute. Ecco, se mi metto nei loro panni, credo che queste regole le trovo meno insopportabili anche se un po' pasticciate e anche se non siamo preparati ancora nel gestire l'aiuto di Internet. Comunque sia, ci dà una bella mano in questo momento così complicato...pensa se internet non ci fosse stato! Il nostro obiettivo ora non e "salva te stesso" ma è cercare di salvare i più deboli e, ognuno di noi, creativamente, deve fare la sua parte nel rispetto delle regole. Credo che questo tempo potrà migliorarci perché può suscitare un nuovo modo di considerare il nostro tempo apprezzando e rivalutando ciò che prima si viveva in maniera scontata. Abbiamo tanti modi per migliorarci anche rimanendo a casa, ma credo che, mettersi nei panni di chi mette a rischio la propria vita per noi e mettersi nei panni di chi è in terapia intensiva e non sa se ce la farà, serve a noi per sopportare tutto con senso di responsabilità e con la preghiera incessante che tutto dovrà finire presto. Certo non dobbiamo lasciare solo nessuno, ma ognuno può fare la sua parte costruendo reti di dialogo con chi conosceva già prima e non solo. Insomma in futuro dobbiamo raccontarci cosa siamo riusciti a costruire in questo tempo di "guerra" ad un nemico invisibile che voleva dividerci, ma che non ce l'ha fatta!

    RispondiElimina