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lunedì 29 gennaio 2024

ELEZIONI EUROPEE - Ma le liti e le sfide tra i politici fanno bene alla voglia di partecipare degli elettori?

 di Giulio Colecchia

Ci stiamo avvicinando alle elezioni europee. Dal 6 al 9 giugno (in Italia l’8 ed il 9) milioni di cittadini dei 27 Paesi che la compongono saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. Questa volta, più delle altre, considerando le sfide ed i drammatici problemi (soprattutto guerre !) che le sono di fronte, queste elezioni dovrebbero dare un’indicazione certa sul suo futuro, soprattutto partendo dalla volontà di rafforzare quel processo di coesione interna che dovrebbe farla diventare la Federazione degli Stati Uniti d’Europa. C’è da aspettarsi quindi, che nei singoli Paesi, e per quanto ci riguarda in Italia, il dibattito si concentri su temi (ne cito solo alcuni) quali la sicurezza interna e quella esterna alla UE, le politiche internazionali di alleanze e quelle di cooperazione, le modalità per consolidare democrazia, partecipazione e trasparenza nei singoli Stati in coerenza con i valori costitutivi della UE, l’economia e la diffusione dei processi di sviluppo e della qualità e sicurezza sul lavoro, i livelli minimi di benessere sociale, il bilancio comune ed il finanziamento per incentivare la  produttività nei vari settori.

La discussione, invece, sta lasciando sullo sfondo questi temi e si sta concentrando su aspetti esclusivamente elettorali, di alleanze per superare lo sbarramento del 4% previsto dalla legge elettorale e sulle presenze all’interno delle liste. Soprattutto qui da noi, in Italia, quello che sembra essere l’argomento principale è sapere “chi si candiderà”, tra i leader dei partiti. L’intero dibattito è oggi incentrato sul duello, stile OK CORAL, tra la Presidente del Consiglio ed una delle leader dell’opposizione, mentre, fuori da questa arena, continuano ad abbaiare rabbiosi perché esclusi dallo scontro diretto, altri leader di partiti di opposizione. L’interesse prevalente, ancora una volta, non è quello di spiegare, far capire agli elettori quali scelte i singoli partiti porteranno nell’agone europeo, con quali alleanze tra loro, né come pensano di incidere ed in che direzione orienteranno le politiche dell’Europa che verrà per rafforzare il processo di coesione e per portarla, finalmente ed a tutti i titoli, tra le potenze mondiali come potenza politica.

Questo atteggiamento di basso profilo della nostra classe politica aggraverà ancor più, rilevano accreditati sondaggisti, la già negativa partecipazione dei cittadini al voto, con la minacciosa prospettiva, questa volta, che a votare ci vada un solo elettore su due.

Questo pericoloso accentuarsi dell’allontanamento degli elettori dal voto avrebbe due conseguenze estremamente gravi per il futuro del Paese e per la stessa tenuta della democrazia.

Una rappresentanza del nostro Paese poco significativa, in termini di voti, avrebbe un peso politicamente marginale nei momenti decisivi della vita politica europea.

Pensiamo alla difesa comune dei confini e del territorio dell’Unione, alla integrazione dei sistemi sanitari nazionali e di quelli fiscali, ad una politica energetica sempre più autonoma e sostenibile, a quella industriale che indulga nei modelli partenariali delle reti produttive e nella competizione sulla qualità, alla difesa del patrimonio ambientale ed alla valorizzazione di quello culturale di ogni angolo del continente, alla diffusione ed al governo dei processi di innovazione tecnologica, ad un allineamento del funzionamento della giustizia su standard alti di trasparenza, democrazia e difesa delle libertà ed interessi di cittadini ed imprese. Pensiamo ad un governo del fenomeno migratorio alla luce delle necessità di lavoro da parte dei sistemi produttivi, di quelle della integrazione e dignitosa vivibilità per tutta la popolazione nei tessuti urbani piccoli e grandi, del rispetto della dignità umana, della sicurezza dalla presenza e lotta allei infiltrazioni criminali che usano e lucrano su questo epocale fenomeno.

Il danno che ci verrebbe sarebbe gravissimo nel momento in cui l’Europa dovesse decidere su questi argomenti, di grande impatto sulle vite dei suoi cittadini, facendo prevalere le spinte delle forze politiche più radicali, nazionaliste e populiste, capaci di più sicura mobilitazione, ma più resistenti nel considerare un allentamento dei vincoli sovranisti dei singoli Paesi a favore di una maggiore e generale distribuzione di responsabilità, per rafforzare e completare il processo verso gli Stati Uniti d’Europa.

Ma gli effetti di trascinamento negativi di questa approssimazione e leggerezza con cui le forze politiche si avvicinano all’appuntamento elettorale di giugno si ripercuoteranno ancor più sulla qualità, già oggi ai minimi termini, della politica nostrana.

L’allontanamento degli elettori, soprattutto nei giovani dalla politica, è già un evento conclamato che rischia, con queste elezioni, di aggravarsi ancor di più. La percezione diffusa è che il momento elettorale – tanto quello nazionale per la prevalenza di liste preconfezionate dalle segreterie nazionali e l’esclusione del voto di preferenza, quanto quelli regionali e locali, giocati e vinti prevalentemente da liste dei Presidenti o civiche – sia una questione che interessa ed appartiene solo ad una ristretta schiera di persone, professionisti della politica che ben si guardano dall’aprire le porte della discussione politica ai cittadini. La trasformazione dei partiti, da come furono disegnati nell’art. 49 della Costituzione, in “comitati elettorali” al servizio del leader di turno o del cacicco locale e, quindi, l’abbandono del metodo del confronto con iscritti, simpatizzanti o semplici cittadini, ha accentuato fenomeni di diffuso populismo e disaffezione dal voto.

Le elezioni europee potrebbero essere, quindi, un’occasione per fermare, almeno in questa occasione e considerata l’importanza di questo appuntamento, questa tendenza all’auto dissoluzione della politica partecipata, verso la quale si sta correndo, se le classi dirigenti dei partiti mandassero un messaggio chiaro e semplice al Paese, rinunciando alle liti da cortile ed alla priorità per la corsa alla poltrona a Strasburgo e puntando, invece, a confrontarsi sulle cose che intendono fare per rafforzare quella grande intuizione che fu di Spinelli, De Gasperi ed altri.

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