Pagine

martedì 17 agosto 2021

Afghanistan: la morte della Repubblica

Di Leonardo Gaddini

Domenica i Talebani, con la conquista di Kabul, hanno definitivamente riconquistato l’Afghanistan dopo 20 anni di governo democratico e filo Occidente. Fin da subito hanno iniziato a sostituirsi alle forze di sicurezza afghane, operando già di fatto come nuovi governanti del paese. Nel loro primo giorno al potere, mentre migliaia di afghani e cittadini stranieri cercavano di raggiungere l’aeroporto per lasciare il paese, i talebani hanno messo in piedi checkpoint in tutta Kabul e imposto un coprifuoco alle 21. Hanno riempito le strade della città, in alcuni casi percorrendole a bordo di veicoli militari statunitensi e afghani conquistati durante la loro avanzata, sventolando il loro stendardo: la bandiera bianca.

Rispetto a quanto successo nelle altre grandi città conquistate in precedenza, dove c’erano state esecuzioni sommarie dei soldati dell’esercito governativo, matrimoni forzati tra donne e combattenti talebani, e attacchi ingiustificati nei confronti dei civili, lunedì è stata una giornata di calma apparente a Kabul. Per ora non è stata imposta ufficialmente la Sharia, la legge islamica, ma la popolazione si sta comportando come se le nuove rigide regole di condotta fossero già in vigore. Per tutto il giorno la città è rimasta quasi deserta, tranne la zona dell’aeroporto dove migliaia di persone hanno cercato di prendere un aereo per lasciare il paese, per la disperazione alcuni si sono aggrappati alle ruote di aerei in partenza (5 persone sono morte cadendo da aerei in volo). 

Per le strade, invece, si sono visti perlopiù solo i miliziani: la maggior pare dei negozi è rimasta chiusa, nonostante i talebani avessero chiesto agli abitanti di Kabul di continuare a lavorare regolarmente, e solo alcuni panifici e ristoranti sono rimasti aperti. In realtà i talebani già lunedì hanno iniziato a perquisire le case, gli uffici degli ex funzionari governativi e le sedi degli organi di stampa, e hanno effettuato controlli sui telefoni cellulari dei civili alla ricerca di prove di contatti con il governo o materiale compromettente che potesse essere contrario alla rigida interpretazione della legge islamica adottata dal gruppo.

La situazione è stata particolarmente drammatica per le donne afghane, che negli scorsi anni avevano potuto vivere senza dover indossare il burqa e lavorare e studiare liberamente, tutte cose che con i Talebani al potere finiranno. Diverse donne hanno raccontato che già lunedì ci sono state le prime avvisaglie di quanto potrebbe accadere in futuro. Molte di loro, infatti, sono rimaste chiuse in casa, per la paura di essere picchiate. Il Wall Street Journal ha raccontato il caso di una donna che lavorava come impiegata del governo e che lunedì ha bruciato ogni documento che la legava al suo impiego, nel timore che i talebani potessero fare irruzione nella sua casa. 

Un’altra donna ha raccontato sul Guardian che domenica si trovava all’università e che dopo l’arrivo dei talebani non era riuscita a usare i mezzi pubblici perché gli autisti non volevano assumersi la responsabilità del trasporto di una donna. Ha raccontato anche che per strada alcuni uomini avevano cominciato a urlare alle donne frasi come "andate a mettervi il burqa!", "sono i vostri ultimi giorni per girare liberamente per strada" e "sposerò 4 di voi un giorno". La donna ha detto che ora dovrà abbandonare tutto quello a cui aveva lavorato in questi anni e ripensare il futuro che si era prospettata studiando all’università. 

Questo disastro umanitario e militare è dovuto non solo al ritiro improvviso delle truppe NATO che da 20 anni difendevano il paese dagli estremisti islamici, ma anche dalla ritirata dell'esercito afghano. Molti soldati infatti hanno preferito scappare in Iran, abbandonando mezzi e armamenti in balia dei Talebani. Nonostante 20 anni di sostegno (circa 82 miliardi di dollari spesi) e addestramento degli Stati Uniti era impreparato, male armato e demoralizzato. L’esercito afghano, benché equipaggiato dagli americani, era anche male armato, soprattutto nelle zone più periferiche, dove nei giorni dell’avanzata dei talebani scarseggiavano sia le armi sia le munizioni. 

Le condizioni di vita dei soldati poi erano spesso misere. Negli ultimi mesi in alcune zone del paese il governo aveva sospeso i pagamenti e aveva smesso di inviare non soltanto le munizioni, ma perfino razioni di cibo sufficienti al sostentamento. Trovatisi ad affrontare un esercito male equipaggiato, demoralizzato, impoverito e spesso affamato i Talebani sono stati abili nell’approfittare della situazione. A partire dall’anno scorso hanno cominciato a fare accordi con le forze governative, offrendo soldi e amnistia in cambio della resa e della consegna delle armi. Molti comandanti hanno accettato le offerte dei Talebani per soldi, ma altri l’hanno fatto perché convinti che, dopo il ritiro americano, la vittoria dei Talebani fosse inevitabile. 

Mentre il mondo lasciava solo il governo afghano, i Talebani invece hanno potuto contare sull'appoggio di diversi paesi, come la Cina, che è stato uno dei primi paesi a riconoscere l'Emirato, la Russia, che ha definito i Talebani il "male minore", l'Uzbekistan e il Turkmenistan che hanno già stipulato accordi con i Talebani per evitare futuri attacchi, ma soprattutto il Pakistan. Giorni fa durante una conferenza l'ex presidente afgano Ashraf Gani (scappato dal paese, oggi si trova in Oman) ha accusato il presidente pakistano, Imran Khan di aver lasciato entrare in Afghanistan più di 1.000 combattenti jihadisti. La ragione del sostegno esplicito e determinante del Pakistan (dove addirittura si trovano campi di addestramento per i terroristi) ai Talebani, elemento decisivo del fallimento dell’intervento occidentale, è semplice: la dottrina strategica pluridecennale dei vertici militari di Islamabad considera l’Afghanistan "retroterra strategico indispensabile" della prossima, inevitabile ed ennesima guerra (la quinta) con l’India.

Nonostante la situazione tragica molti afghani hanno deciso di non arrendersi. Nella regione del Panjshir, ultima zona del paese non ancora controllata dai Talebani, Ahmad Massoud, figlio dell'eroe afghano Ahmad Shad Massoud che combattè contro i sovietici e i Talebani (morto in un attentato terroristico nel 2001)  e Amrullah Saleh ex vice presidente afghano, stanno cercando di costruire la resistenza armata contro gli estremisti e hanno invitato tutti gli afghani ad armarsi e a lottare per la libertà e hanno chiesto aiuto all'Occidente, che non sembra però intenzionato a fare alcun che. Infatti nel suo discorso Joe Biden ha difeso ciecamente la sua ritirata, Macron ha detto che l'UE non potrà accogliere tutti gli afghani che scappano dal totalitarismo e il nostro Ministro degli Esteri, Di Maio si trova beatamente in vacanza in Puglia. Solo la Cancelliera Merkel ha definito la ritirata "un errore" e ha detto che la Germania accoglierà 10.000 afghani che hanno collaborato con l'esercito tedesco.

Nessun commento:

Posta un commento