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mercoledì 21 luglio 2021

Patria y Vida

Di Leonardo Gaddini

Domenica 11 luglio a Cuba sono iniziate le proteste contro il governo e contro il Partito Comunista Cubano che per molti analisti sono considerate le più importanti e numerose dagli anni '90. Le manifestazioni sono cominciate nella tarda mattinata a San Antonio de Los Baños e nel giro di poco si sono estese a tutte le principali città cubane. Gridando slogan come “Libertà!” e “Patria e vita!”, che è il titolo di una canzone di protesta (Patria y Vida) che è diventato l'inno dei manifestanti e che prende in giro il famoso slogan castrista “Patria o morte". 

Le proteste sono scaturite a causa della grave crisi economica che da anni affligge l'isola, a causa della quale mancano cibo e generi di prima necessità (tranne che per i privilegiati della nomenclatura de Partito che li pagano in dollari), e contro la cattiva gestione della pandemia da coronavirus, per questo motivo i manifestanti chiedono le dimissioni del governo del presidente Miguel Díaz-Canel. Dunque, è crollato miseramente anche il mito della straordinaria eccellenza del sistema sanitario cubano. Nonostante il malcontento crescente il regime cubano si è sempre rifiutato, non solo di allentare la forte pressione repressiva, ma soprattutto di effettuare serie riforme economiche perché si è affidato per sopravvivere alla bene meglio sulle entrate non disprezzabili del turismo europeo e americano, ma cessati i flussi turistici a causa delle restrizioni imposte dal Covid, l’economia dell’isola è crollata contraendosi dell’11%. L’aspetto più preoccupante della crisi economica a Cuba è la carenza di cibo, che non era così grave dagli anni '90, quando il crollo inglorioso dell’URSS, che sussidiava e sosteneva il regime cubano, provocò un terribile dissesto economico.

A Cuba negli ultimi mesi le file nei negozi di alimentari e nei supermercati approvati dal governo sono lunghissime e possono durare ore, e i prezzi dei generi alimentari nel mercato nero sono diventati proibitivi. Secondo Pavel Vidal Alejandro, un ex economista della banca centrale cubana ora professore di Economia in Colombia, negli ultimi mesi a Cuba l’inflazione è aumentata del 500%. Reperire anche ingredienti basilari come la farina è diventato difficile e costoso, e durante le proteste di questi giorni molti manifestanti hanno denunciato di essere senza cibo, acqua e corrente elettrica nelle case. La carenza di carburante per tenere attive le centrali elettriche, inoltre, sta provocando blackout ormai quotidiani in tutta l’isola, che mettono in gravissima difficoltà l’attività degli ospedali.

Naturalmente, a fronte delle manifestazioni non solo è scattata la solita dura repressione con centinaia di arresti, ma anche l’invito perentorio "a tutti i rivoluzionari e comunisti" di Diaz Canel "a scendere nelle piazze per contrastare i controrivoluzionari pagati dagli Stati Uniti". Un chiaro invito ad aizzare la guerra civile, fingendo che il malcontento popolare sia solo una manovra "dell’imperialismo americano". Questo ha portato alla creazione di bande di paramilitari che da giorni girano armati per le strade delle città per minacciare i cittadini e scoraggiare così altre manifestazioni. Oltre a ciò il regime ha risposto alle proteste con la violenza: ha inviato per la prima volta in decenni la polizia in tenuta antisommossa e ha arrestato centinaia di persone, tra cui molti noti oppositori: negli scontri, almeno una persona è rimasta uccisa. 

Domenica sera inoltre il governo ha bloccato la connessione a internet per diverse ore, per evitare la diffusione delle immagini e dei video delle proteste e per impedire ai manifestanti di organizzarsi online. Nei giorni successivi la connessione è tornata a tratti, ma diversi importanti social network come Facebook, Twitter e il servizio di messaggistica Telegram sono rimasti bloccati. Nonostante ciò la pagina web CiberCuba è riuscita a pubblicare un video in cui la polizia cubana, irrompe nella casa di un manifestante e gli spara immediatamente davanti a sua moglie e ai suoi figli, arrestandolo in seguito. A oggi i manifestanti sono riusciti a ottenere delle concessioni. La Camera di Commercio cubana ha revocato le restrizioni doganali che limitavano le importazioni di prodotti per l'igiene, medicinali e cibo. I viaggiatori potranno portare questi prodotti a Cuba senza essere soggetti a dazi doganali. Inoltre, i direttori delle imprese statali avranno l'autorità di determinare gli stipendi dei loro dipendenti. Il governo ha anche annunciato che starebbe migliorando il sistema elettrico. 

Non è chiaro però se le proteste contro il governo riusciranno a mantenere l’impeto sorprendente dei primi giorni, né quali saranno le conseguenze sul lungo periodo. Anche perchè i gruppi di opposizione politica interna, non hanno una vera e propria leadership. Ciò è dovuto al fatto che storicamente, una delle risposte del regime cubano alle gravi esplosioni di malcontento è stata infatti quella di consentire l’emigrazione di massa verso gli Stati Uniti, come valvola di sfogo del dissenso interno. Per esempio nel 1980, dopo una grave crisi politica, il governo consentì a oltre 125 mila persone di raggiungere le coste della Florida su imbarcazioni spesso d’emergenza e anche negli anni '90 il risultato della crisi economica fu una nuova migrazione di massa. A oggi questi milioni di cubani esuli con cittadinanza statunitense rappresentano i più importanti oppositori al regime che da anni organizzano l'opposizione interna nel paese.

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