di Armando Dicone
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lunedì 22 marzo 2021
Partecipazione webattiva. Nuove forme di partecipazione attiva.
lunedì 15 marzo 2021
Il femminicidio e il potere diseguale tra uomo e donna #DonnealCentro #ForumalCentro
di Valeria Frezza
Il termine femminicidio rappresenta la violenza perpetrata dagli uomini ai danni delle donne in quanto appartenenti al genere femminile.
Le donne vittime di omicidio volontario nell’anno 2019 in Italia sono state 111, lo 0,36 per 100.000 donne. Nel 2018 erano state 133.
Per l’anno 2020 il numero degli omicidi volontari evidenzia un calo generale rispetto all’analogo periodo del 2019, quando si sono registrati 161 omicidi, a fronte dei 131 del 2020. Il numero delle vittime di sesso femminile tuttavia aumenta passando da 56 a 59, effetto soprattutto dovuto all’aumento degli omicidi delle donne del mese di gennaio 2020.
La serie storica degli omicidi per genere mostra come siano soprattutto gli omicidi di uomini a essere diminuiti in 25 anni (da 4,0 per 100.000 maschi nel 1992 a 0,8 nel 2017), mentre le vittime donne di omicidio sono rimaste complessivamente stabili (da 0,6 a 0,4 per 100.000 femmine).
Nella maggior parte dei casi gli autori di questi delitti sono mariti, ex fidanzati e comunque persone appartenenti alla cerchia affettiva delle mura domestiche.
Queste donne non hanno rispettato ruolo ideale di donna imposto dalla tradizione: la donna obbediente o la donna sessualmente disponibile. E’ importante sottolineare che il femminicidio coinvolge tutte le forme di discriminazione e violenza di genere, che annullano la donna nella sua identità e libertà non soltanto fisica, ma anche psicologica e partecipativa alla vita pubblica. Oltre alla violenza fisica e sessuale, esiste una violenza psicologica.
Questo tipo di violenza nasce con l'intenzione di controllare la vita dell'altra persona attraverso l'isolamento, per esempio dagli amici, impedendo di parlare anche con i propri familiari, umiliando la donna, facendola sentire incapace, inadeguata attraverso parole, giudizi e azioni.
Possono subire ostracismo ed esclusione sociale sul posto di lavoro o nelle relazioni interpersonali. L’ostracismo è una forma di punizione sociale, spesso generato da una forte disuguaglianza, acuite da mancanza di opportunità e cambiamento che portano a sentimenti di frustrazione e di impotenza.
Si esplicita attraverso i pregiudizi, le discriminazioni, le credenze o i valori personali.
Qualsiasi rifiuto, provato in una di queste situazioni, può avere gravi conseguenze per chi lo subisce.
Il termine ostracismo deriva dal greco ostrakon, una pratica che, tramite un voto, condannava all’esilio quei cittadini che rappresentavano una minaccia per la comunità. Oggi si tratta di un fenomeno che si verifica a seguito di un tacito consenso e che può essere mostrato in maniera velata o in modo aperto ed esplicito.
Tutti i comportamenti che ledono la dignità della donna rientrano nella violenza fatta per ridurla psicologicamente dipendente. A volte non è facile da individuare e spesso serve del tempo per capire che, per esempio, la gelosia del proprio partner può diventare violenza psicologica nel momento in cui impedisce il normale svolgimento della vita della vittima.
il confine tra un tipo di violenza e un'altra non esiste e a una violenza fisica, spesso si accompagna anche a una violenza psicologica ed economica.
Per la donna vittima di violenza le conseguenze sono tante e su piani diversi. Una violenza fisica comporta dolore fisico e muscolare, lividi, lesioni ed è possibile sviluppare altre patologie come disturbi gastrointestinali o sindrome da colon irritabile. Nella violenza fisica e sessuale possono esserci lacerazioni, abrasioni, ma anche malattie sessualmente trasmissibili. A livello psicologico, la violenza sulle donne provoca disturbi psicosomatici, disturbi del sonno e/o alimentari, scarsa autostima, vergogna, depressione, ansia, attacchi di panico, disturbo da stress-post traumatico.
La violenza non riguarda solo un certo tipo di donna perché non esistono categorie più soggette, chiunque può esserne vittima. Per uscirne è importante chiedere aiuto. Esistono tante associazioni che lavorano sia a livello nazione che locale, il 1522 è il numero messo a disposizione dal Dipartimento delle Pari Opportunità 24 ore su 24, raccoglie segnalazioni di vittime di violenza e stalking; telefono rosa è una delle più note associazioni che si occupano di dare aiuto alle donne vittime di violenza, di stalking e di abuso diversi come il mobbing.
Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha bocciato nuovamente l’Italia, responsabile di ostacolare l’accesso alla giustizia alle donne vittime di violenza. Per questo resterà sotto vigilanza rafforzata e dovrà fornire, entro il 31 marzo del 2021, le informazioni sulle misure adottate per garantire un’adeguata ed efficace valutazione del rischio che corrono le donne che denunciano violenza e dimostrare la concreta applicazione delle leggi. L’Italia è stata anche sollecitata a fare di più per la prevenzione della violenza e per garantire la presenza dei Centri antiviolenza e delle risorse a loro disposizione; anche per quanto riguarda le pari opportunità l’Italia va a marcia indietro perché gli uomini che in genere detengono il potere non hanno alcun interesse a favorire l’emancipazione delle donne. Nella graduatoria 2019 sul 'Gender Gap' stilata dal World Economic Forum, la Penisola perde 6 posizioni e arretra al 76esimo posto sui 153 Paesi presi in esame.
Fonti:
Istat
Direcontrolaviolenza
Cosmopolitan
domenica 14 marzo 2021
Uiguri: storia di un genocidio
Di Leonardo Gaddini.
"Dobbiamo essere duri come loro e non mostrare pietà" Xi Jinping
Il 16 novembre 2019, il New York Times ha pubblicato circa 400 pagine di documenti, provenienti da un anonimo, membro del Governo cinese, riguardanti la situazione degli uiguri e i "centri di istruzione e formazione professionale" presenti nella regione dello Xinjiang istituiti dal Governo, nella speranza che il Segretario Generale del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping fosse ritenuto responsabile delle sue azioni. Nei documenti si affermava che le autorità locali tengono rinchiusi in questi campi centinaia di migliaia di uiguri e musulmani appartenenti ad altre minoranze etniche, contro la loro volontà, dove vengono torturati e costretti a lavorare in condizioni disumane.
Questi centri furono istituiti dal Governo nel 2014 come risposta a una serie di attentati avvenuti nella regione negli anni precedenti, orchestrati dal Partito Islamico del Turkistan, un'organizzazione terroristica affiliata all'ISIS. L'attività di questi campi ha registrato un'intensificazione senza precedenti dal 2016, quando divenne Segretario della sezione regionale del PCC e Governatore della regione, Chen Quanguo che ha portato avanti una linea dura, infatti nel 2017 la regione rappresentava il 21% di tutti gli arresti in Cina nonostante comprenda meno del 2% della popolazione nazionale, otto volte maggiore rispetto all'anno precedente. Gli uffici giudiziari e di altro governo di molte città e contee hanno iniziato a rilasciare una serie di offerte di appalto e costruzione per i campi e le strutture pianificate. Sempre più centri di detenzione di massa sono stati costruiti in tutta la regione e vengono utilizzati per contenere centinaia di migliaia di persone prese di mira per le loro pratiche religiose ed etnia.
Nelle aree urbane, la maggior parte dei campi viene convertita in scuole di formazione del PCC, mentre nelle aree suburbane o
rurali la maggior parte dei campi è stata appositamente costruita ai
fini della "rieducazione". Questi campi sono sorvegliati da forze armate o polizia speciale e
dotati di cancelli a forma di prigione, muri circostanti, recinzioni di
sicurezza, sistemi di sorveglianza, torri di guardia, stanze di guardia e strutture per la polizia armata. Nel 2018, la rivista Bitter Winter ha pubblicato tre video che erano stati girati all'interno di due campi nell'area di Yining.
I video mostrano caratteristiche simili a quelle di una prigione dimostrato che i campi sono strutture di
detenzione piuttosto che "scuole". Secondo il Movimento di Risveglio Nazionale del Turkistan Orientale nella regione ci sarebbero circa 50 campi. La
detenzione di massa di uiguri e di altre minoranze etniche (Radio Free Asia ha stimato a gennaio
2018 che 120.000 uiguri sono attualmente detenuti in campi di
rieducazione politica nella sola prefettura di Kashgar e quasi 12.000 detenuti nella contea di Qira) ha fatto sì che molti
bambini siano rimasti senza i loro genitori. Il Governo cinese, allora ha rinchiuso questi
bambini in una varietà di istituzioni e scuole colloquialmente
conosciute come "collegi", di fatto degli orfanotrofi. A settembre 2018, l'Associated Press
ha riferito che erano in costruzione migliaia di collegi. Per
diminuirli hanno iniziato a praticare una vera e propria propaganda
della sterilizzazione forzata. Un controllo delle nascite che risulta essere, a tutti gli effetti, un genocidio demografico. Le donne uigure
diventano sterili per volere dello Stato cinese, il quale gestisce il
sistema di contraccezione obbligando le donne alla somministrazione di
pillole e spirali (in molti casi anche aborti chirurgici.).
Diverse persone che sono riuscite a uscire dai campi hanno dichiarato di aver affrontato infiniti lavaggi del cervello (costretti a studiare propaganda Comunista per molte ore ogni giorno), umiliazioni e a recitare slogan per ringraziare e augurare una lunga vita a Xi Jinping. Hanno poi riferito che i campi di rieducazione funzionano anche come campi di lavoro forzato dove gli uiguri sono costretti a lavorare in condizioni disumane, con orari lunghissimi. In questi campi gli uiguri producono vari prodotti per l'esportazione, in particolare quelli realizzati con il cotone, ma anche: calzolaio, assemblaggio di telefoni cellulari e imballaggi di tè. In cambio il Governo da una retribuzione mensile di ¥1.500 (circa 190 euro). Secondo molti la crescita esponenziale delle produzioni ed esportazioni avvenute negli ultimi anni per le aziende della regione è dovuto allo sfruttamento degli uiguri che
Dopo la pubblicazione degli "Xinjiang papers"
molti Stati e organizzazioni internazionali hanno subito condannato la
dittatura cinese, 22 Paesi hanno firmato una dichiarazione all'Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani in cui hanno
chiesto di porre fine alle detenzioni di massa in Cina (che dovrebbero ammontare a circa 800.000 persone) e hanno espresso
preoccupazione per la diffusa sorveglianza e repressione e 23 Paesi hanno firmato una lettera congiunta al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite e al Terzo Comitato dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, sollecitando la Cina a chiudere i campi nello Xinjiang. Nonostante le atrocità perpetrate a migliaia di persone innocenti, l'Italia non ha ancora detto nulla, il Ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio infatti
non ha preso una posizione in merito e il nostro Paese continua ad
avere buoni rapporti con la Cina, ciò non ci sorprende visto che quando Nathan Law (uno dei leader del movimento pro-Democrazia a Hong Kong)
chiese di incontrare Di Maio per parlarli della drammatica situazione
del suo Paese, lui rifiutò di riceverlo. Sorprendentemente però c'è
anche chi ha fatto di peggio, 54 Paesi hanno infatti lodato le politiche
di Xi dicendo che ciò è essenziale per combattere il terrorismo
islamico. Tra questi, oltre alle solite dittature che da sempre
spalleggiano la Cina, come Russia, Cuba, ecc... ci sono sorprendentemente, anche Paesi mussulmani, come Iran, Egitto e Arabia Saudita. Stati che non hanno alcun problema a criticare l'Europa e gli USA ogni volta che avviene un fenomeno di intolleranza o di razzismo, adesso appoggiano un genocidio perpetrato sistematicamente contro la minoranza mussulmana in Cina.
Viste le condizioni scioccanti in cui migliaia di persone sono costrette a vivere, quello che tutto il mondo Occidentale
dovrebbe fare è dire apertamente che la Cina sta perpetrando un
genocidio contro gli uiguri e applicare sanzioni contro esponenti del
Governo cinese, come hanno fatto finora USA e Canada. Ciò avrebbe
come conseguenza l’inimicarsi la seconda potenza
economica del mondo e porterebbe a gravi ripercussioni economiche, ma se
ciò riuscirà a ridare una vita dignitosa e libera da soprusi e
sfruttamenti a milioni di persone che vengono giornalmente torturati,
indottrinati, separati dalle loro famiglie e uccisi solo perchè hanno la
"colpa" di appartenere a una minoranza etnica e credere in una fede
diversa da quella del Partito Comunista (negli ultimi anni molte Moschee
sono state distrutte), ne sarà valsa la pena. Cosa decideranno di fare i
Governi non lo sappiamo, ma quello che è certo è che nonostante la dura
e folle repressione a cui sono sottoposti, gli uiguri non smetteranno
mai di cercare la libertà e di portare avanti le loro antichissime
tradizioni.
lunedì 8 marzo 2021
Riflessioni sull'8 Marzo. #DonnealCentro #ForumalCentro
di Erminia Mazzoni
“Questo #8Marzo non può essere trattato come tutti gli altri con mimose gialle e promesse “rosa”.
Con la Pandemia la donna è stata vittima più di altri e più di sempre L#UE lo sa e ha per questo affidato #Resilienza e #Ripresa a #Donne e #Giovani. L’Italia non ancora il #Pnrr non investe risorse in azioni mirate, sceglie invece un pio auspicio di trasversalità. Cambiamolo!”
“La sfida della Ripresa e della Resilienza è Donna.
Gli articoli 2 e 8 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea -TFUE - dispongono che “nelle sue azioni l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne.”. L'integrazione della dimensione di genere, ivi compreso il bilancio di genere, dovrebbe pertanto essere attuata in tutte le politiche e normative dell'Unione.
E così al punto 5 ter della relazione sulla proposta di regolamento che istituisce il Meccanismo Europeo per la Resilienza e la ripresa, approvata dal Parlamento Europeo, l’11 febbraio scorso, leggiamo: “Le donne sono state in prima linea nella crisi della COVID-19, rappresentando la maggior parte degli operatori sanitari in tutta l'Unione, e hanno conciliato il lavoro di assistenza non retribuito con le loro responsabilità lavorative. La situazione è sempre più difficile per i genitori soli, l'85 % dei quali è costituito da donne. Gli investimenti in una solida infrastruttura di assistenza sono essenziali anche per garantire la parità di genere e l'emancipazione economica delle donne, costruire società resilienti, combattere il precariato in un settore a prevalenza femminile, stimolare la creazione di posti di lavoro nonché prevenire la povertà e l'esclusione sociale, e hanno un effetto positivo sul prodotto interno lordo in quanto consentono a un maggior numero di donne di svolgere un lavoro retribuito.”.
Questa la traccia sulla quale gli Stati dovrebbero costruire la dimensione di genere all’interno dei singoli PNRR. L’Italia nella bozza approvata dal Governo Conte2, ancora purtroppo l’unica in circolazione, riguardo alle misure volte a promuovere le pari opportunità e le politiche in materia di equilibrio tra vita professionale e vita privata, così come l'offerta a costi accessibili di servizi di educazione e cura della prima infanzia e servizi di assistenza a lungo termine, si presenta con una proposta modesta e scarsamente integrata.
La linea adottata è quella dell’approccio trasversale al piano per Donne, Giovani e Sud, sacrificando azioni mirate per la promozione della Parità di genere.
“In quest’ottica, - reca la bozza - il più forte effetto sull’equità di genere si fonda sul rafforzamento dell’occupazione femminile, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, perseguita prioritariamente attraverso le politiche attive del lavoro e il rafforzamento delle infrastrutture sociali, come il potenziamento dei servizi di asili nido e per la prima infanzia, delle scuole per l’infanzia e del tempo scuola. Gli investimenti nelle infrastrutture sociali creano opportunità di lavoro femminile di qualità, e contribuiscono a liberare il potenziale delle donne, rendendo il lavoro di cura una questione di rilevanza pubblica mentre oggi nel nostro Paese è lasciato sulle spalle delle famiglie e distribuito in modo diseguale fra i generi. A questo obiettivo, mirano anche le misure a favore dell’imprenditoria femminile, della libera scelta della maternità, e, nel campo dell’istruzione, le politiche che favoriscono in particolare l’accesso da parte delle donne all’acquisizione di competenze STEM. L’integrazione del Piano con interventi finanziati attraverso fondi di bilancio nazionale, a partire dall’assegno unico, rafforza ed esplicita la strategia complessiva del Paese definita nel Family Act e favorisce una interazione virtuosa con i livelli istituzionali interessati e il Terzo settore.”.
Il Piano evidenzia, altresì, l’impatto positivo delle misure di digitalizzazione della P.A. e della sistematizzazione dello smart-working, (Missione 1 “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”), che possono contribuire alla migliore conciliazione dei tempi di vita e lavoro, favorendo, in ultima istanza, la parità di genere; nell’ambito della componente “Innovazione della P.A.”, è posto l’impegno di dedicare maggiore attenzione al reclutamento di personale dirigenziale femminile.
Tra gli obiettivi programmatici del PNRR vi è inoltre il contrasto alla violenza di genere, e benché lo stesso appaia tra i target della sfida “parità di genere”, non risultano allo stato definiti progetti legati al tema, che potrebbero invece trovare collocazione nella componente “Servizi socio-assistenziali, disabilità e marginalità” della Missione 5, per la quale è previsto uno stanziamento pari a 2,6 miliardi grazie al contributo del ReactEu.
Ma, come è facile intuire, si sostituiscono alle azioni le pie intenzioni.
Per creare un reale gender mainstreaming è necessario il coraggio di politiche dirette fatte di azioni con tempi, risorse e obiettivi chiari.”.