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lunedì 20 luglio 2020

#AffariEsteri - La mappa del jihadismo in Africa

di Valeria Frezza

L'Africa è sempre stata una base importante per il jihadismo internazionale.

Esistono più tipi di jihadismo nel Continente africano. Nella parte che va dal Corno d'Africa all'Africa occidentale è attivo Al Shabaab (che fa riferimento ad Al Qaeda), nel Maghreb ci sono i gruppi di Al Qaeda, le formazioni che hanno giurato fedeltà all'Isis e le componenti locali spesso formati da criminalità e jihad. 

La primavera araba del 2011 ha sconvolto la struttura politica del Nord Africa e ha aperto le porte anche ai gruppi terroristici, per lo più affiliati al sedicente Stato Islamico guidato da Al Baghdadi e sia in Egitto che in Libia c'è stato il tentativo di ricreare un ramo dell'Isis. Questi gruppi in Egitto si erano concentrati nel deserto del Sinai e in Libia  nell'area centrale di Fezzan. Ben radicata è la loro presenza nel Sahel, in Mali, in Burkina Faso e Niger.

In Nigeria è presente Boko Haram, nella Repubblica democratica del Congo è attivo il gruppo dello Stato Islamico dell'Africa centrale e in Mozambico i soldati del Califfato.

Quasi tutti i gruppi per finanziarsi fanno affidamento al rapimento degli occidentali, non sempre lo scambio è in denaro, a volte è uno scambio di prigionieri o altre forme.

I gruppi terroristici partecipano a vari traffici, per esempio Boko Haram mantiene stretti contatti con le tratte della cocaina e Al Shabaab con la pirateria. Anche il petrolio, il tabacco, le opere d'arte, i migranti sono traffici illeciti in cui il terrorismo jihadista opera.

Il Burkina Faso è divenuto un terreno di scontro tra gruppi jihadisti in competizione e la recrudescenza delle azioni terroristiche ha causato 1800 vittime nel 2019.

Un altro bersaglio delle forze jihadiste è nella provincia settentrionale di Cabo Delgado in Mozambico. La presenza jihadista nell'area è aumentata negli ultimi anni contestualmente anche agli interessi internazionali nella regione ricca di giacimenti di gas naturale che ha attirato le attenzioni soprattutto della Russia.




Il dispiegarsi delle attività terroristiche jihadiste si sta intersecando con gli effetti della pandemia globale sul continente africano e c'è il rischio che le risorse destinate alla lotta contro il terrorismo passino all'emergenza sanitaria che potrebbe anche rappresentare per il welfare jihadista (distribuzione gratuita di farmaci e dispositivi medici) una ulteriore leva di consenso oppure la strumentalizzazione dell'emergenza sanitaria come una punizione divina.

Il terrorismo non va soltanto colpito con l'intervento militare. Bisogna sottolineare che la principale risorsa che favorisce il terrorismo internazionale è la risonanza mediatica.


La propaganda che fomenta il terrore si serve delle innovazioni tecnologiche per fare arrivare messaggi di inneggiamento all'odio e istigazione a commettere attentati terroristici. Il ruolo di internet, fattori di radicalizzazione su soggetti fragili possono divenire elementi determinanti a commettere azioni violente.

La propaganda e l'ideologia, il finanziamento, il fornimento di armi, il supporto politico, ideologico e mediatico favoriscono il terrorismo, infatti il terrorista non è solo colui che porta le armi, ma anche colui che lo forma, lo sovvenziona e gli offre copertura politica e finanziaria. Ogni misura intrapresa  che abbia come fine il contrasto al terrorismo non deve intaccare i pilastri su cui poggia il diritto internazionale umanitario e ogni Stato che agisce nella vita delle relazioni internazionali deve rafforzare e diversificare le soluzioni per dare una risposta forte alla propaganda terroristica.



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