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giovedì 12 marzo 2020

Laura Montoya: ascesa di una donna che ha cambiato la storia del suo paese

di Valeria Frezza

Nel 12 maggio 2013 Papa Francesco ha voluto la canonizzazione della prima Santa della Colombia: Laura Montoya con il nome di Santa Laura di Santa Caterina da Siena. Laura era una donna, un'insegnante, donna al servizio di Dio che ha profondamente cambiato la concezione di un paese profondamente egoista e sessista.
La sua storia si situa tra 800 e 900, dopo un'infanzia trascorsa nella devozione e nel timor di Dio, Laura si ritrova senza padre, ucciso durante la guerra civile.
Frequenta comunque il collegio e per mantenersi si occupa dei malati del manicomio e ottiene il diploma di maestra.
Laura sente la vocazione per la vita consacrata ma non viene ritenuta idonea. Dopo un viaggio nella foresta dove incontra delle tribù indios, scopre la sua vocazione definitiva: evangelizzare gli indigeni della Colombia, che fino a quel momento avevano conosciuto solo bianchi avidi di conquista.
Contemporaneamente la sua professione di maestra la porta attraverso varie popolazioni di Antioquia. 
Dopo aver superato molti ostacoli, perché la Chiesa considera l'attività missionaria un compito solo per uomini e dalla società del tempo, che vede la donna destinata al matrimonio oppure alla vita di clausura, trova la comprensione di monsignor Crespo, vescovo di Santa Fe de Antioquia e dello stesso Papa.
Accettando i sacrifici, le umiliazioni, le prove, le contraddizioni che sarebbero sopraggiunte parte per Dabeiba il 5 maggio 1914.
E’ arrivata a Dabeiba sulla schiena di un mulo, accompagnata da sua mamma e da altre quattro giovani volontarie, e lì ha fondato la prima casa della congregazione Missionarie di Maria Immacolata e Santa Caterina di Siena (furono poi chiamate Laurite), che oggi è sparsa in 21 paesi, compresi due dell’Africa, e può contare con più di 800 missionarie. Rosalba Dominicò, una indigena di El Pital, nei dintorni di Dabeiba, dove madre Laura ha piantato il primo noviziato, evoca così i racconti di suo padre: “Quando Madre Laura è arrivata, tutti avevano paura, erano molto sospettosi, poi però hanno visto che lei era buona. Gli indios erano nudi e lei li ha vestiti, gli ha dato indumenti e da mangiare, gli ha insegnato a leggere e a coltivare i fagioli, il grano e la yuca. Il mio papà mi ha raccontato che è stata lei a risollevarci tutti”.
Ci furono anche degli indigeni invidiosi che avevano poca fiducia nelle capacità di quella estranea, e meno ancora riguardo alle sue intenzioni evangelizzatrici. Ma la madre li ha conquistati poco a poco. All’inizio, avvalendosi di prodigi soprannaturali che sono diventati leggendari: che poteva debellare la piaga delle cavallette, che curava le malattie, che aveva stretto un patto con gli animali feroci per tenerli alla larga nelle loro incursioni notturne, che aveva il potere di placare le tempeste. Ma le sue virtù terrene hanno ottenuto un effetto ancora maggiore: si è mescolata con le comunità del posto, ha imparato le loro usanze, si è alimentata con il loro stesso cibo e si è conquistata la fiducia a forza di essere come loro. Li faceva venir fuori dalle loro capanne con l’aiuto di un grammofono a manovella, che oggi è un reperto da museo da cui però si possono ottenere ancora melodie arrugginite. 
Oggi non è più necessario fare prodigi e attrarre gli indigeni con la fonola, ma le suore Laurite conservano con zelo religioso gli insegnamenti della loro fondatrice per continuare la sua opera. Ogni settimana, a gruppi di due o tre, come agli inizi, le missionarie visitano gli indigeni nelle loro capanne per assisterli fisicamente e spiritualmente.
Madre Laura, dopo aver rivoluzionato il concetto di missione con nuovi mezzi pedagogici e nuovi metodi di evangelizzazione, trascorre i suoi ultimi nove anni sulla sedia a rotelle, sempre missionaria con il cuore e, comunque, anima della sua congregazione. Muore il 21 ottobre 1949, quando le sue suore sono 500 e le novizie un centinaio, a servizio di 22 popoli indigeni

Fonte Aleteia

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